'This is the start of something beautiful,
this is the start of something to new.'
This, Ed Sheeran.
I wanna dance with somebody
Un paio di braccia s'intrecciarono intorno al mio corpo, portando un po' di luce da quel nero che in pochi minuti m'aveva circondata.
Sembrava una situazione irreale, una di quelle che accadono solamente nei film.
Eravamo giunti agli atti finali, dove tutto precipitava, poi, magicamente, compariva l'eroe della situazione.
L'unico punto nella mia vita, a non corrispondere a un perfetto film fantasy, era il fatto che non c'era nessun eroe, o rappacificamento.
Tutto stava crollando nel buio.
Io, mia nonna, Zayn, Met.
E l'eroe, se così possiamo chiamarlo, era Kyle.
Le braccia di Louis m'avvolsero, sollevandomi da terra e avvicinandomi al suo petto caldo.
Mi c'accucciai come una bambina, piangendo silenziosamente.
«E' solo arrabbiato.» mi sussurrò all'orecchio, portandomi in casa.
Non vedevo dove stava andando, ma sentivo attraverso il mio naso, il dolce profumo di carne e immaginai fossimo davanti alla cucina.
Il mio amico si bloccò, e lo sentii scuotere il capo. A quanto pare qualcuno s'era avvicinato per chiedere cos'avessi, ma Louis lo respinse.
Volevo rimanere sola, non volevo nemmeno Louis.
Era uno di quei momenti della tua vita in cui t'accorgi di vivere per gli altri, e cerchi di convincerti che per te non sono nulla. Che fino a quell'istante hai vissuto solo ed esclusivamente per te, senza donare amore, senza vivere.
Ma era una convinzione davvero cretina, visto che stavo male e sentivo un dolore nel profondo del mio petto.
Anche i suoni erano ovattati, nessun canto d'uccellino al crepuscolo, nessun ticchettio delle posate, nessun respiro.
Solo quel: 'Ma adesso, nonostante ti ami, sono rotto.'
Solo quello, ripetuto centinaia, migliaia di volte nella mia mente.
Anche le vista era come scomparsa, al suo posto vi era Harry che si batteva una mano sul petto, dicendomi che mi amava.
Era come se un disco si fosse bloccato, e continuava a ripetere la stessa scena, lo stesso suono, mentre intorno a quel disco la vita continuava.
Però, se sei tu quel disco, e non c'è nessun modo per metterlo a posto, è come se tu fossi morto.
Il mio corpo venne posato su una consistenza morbida, molto probabilmente il mio letto, accolsi quella morbidezza con una leggera approvazione, almeno c'era qualcosa di morbido in tutta quella durezza che provavo.
Un paio di mani, calde e rincuoranti, toccarono le mie guance e alzarono il mio volto.
Ghiaccio, vedevo solo ghiaccio. Ghiaccio, smosso, forse.
Ci misi un attimo a comprendere che quell'azzurro erano le iridi di Louis, e riemersi per un minuto alla realtà.
«Cam, è solo arrabbiato.» sussurrò.
Scossi la testa, sentivo le guance tirare, le lacrime s'erano seccate.
«Sì, ha scoperto una cosa che non gli avevi detto.»
«Gli ho mentito.» sussurrai e ritornai nel nero.
I suoni s'ovattarono, la vista s'offuscò, il disco riprese a girare quella scena.
'Ma adesso, nonostante ti ami, sono rotto.'
Mi ama, ma è rotto. Equivale al fatto che non m'ama più, e come biasimarlo? Per lui ero l'unica speranza d'amore su questo fottuto pianeta, e gli avevo mentito.
A 'fanculo tutte le storie sull'amore vero.
L'amore vero non esiste, in ogni amore non c'è mai nulla di vero, non esiste un amore puro, e mai esisterà.
«Sì, l'hai fatto, Cam. – Ancora quella voce, ancora Louis, – Ma, credimi, è solo arrabbiato.»
Uno spiraglio s'insidiò nella mia testa, riportando alla luce il diario in cui Harry aveva nascosto la sua storia. Non l'avevo mai detta a nessun, non che avessi la necessità di farlo, ma quando raccontai i due mesi a Louis, quella era una cosa che gli avevo taciuto, per rispetto di Harry.
Per il mio amore verso lui.
«L'ho rotto, dentro.» e m'indicai impercettibilmente il petto, nella parte sinistra.
«Tutte le cose rotte si possono riaggiustare.»
«Non un cuore spezzato più e più volte.» mormorai più a me stessa che al mio amico.
«Basta ricevere amore.» sussurrò.
Basta saper rialzarsi. Biascicò la mia coscienza.
Il disco riprese a girare vorticosamente, come a riavvolgere il tempo perso.
Louis mi cullò sino a tarda sera, accarezzandomi i capelli e cercando di farmi ridere invano.
I miei occhi avevano ripreso a vedere, ma la mia testa era ancora in stand-by.
Solo verso le quattro del mattino, udii gli uccellini cantare, passi soffusi sul pavimento, molto probabilmente qualcuno che andava in bagno, e un respiro pesante, calmo, alla mia destra.
Louis s'era addormentato intorno alle tre, o così i miei occhi avevano visto.
Io ero rimasta lì sul letto, senza pensare, svuotata di ogni minimo pensiero o memoria, caduta in quella visione, in quelle parole.
Le lacrime erano seccate sulle mie guance, forse incapace di versarne delle altre.
Lo stomaco era perfino chiuso, le cena ancora lì al suo posto, come a riempirlo perennemente.
Il corpo rigido, e duro, similmente a un sasso.
Appoggiai la testa al muro, e costrinsi il mio ego a dormire un po'.
Quando mi svegliai erano le due del pomeriggio, e stranamente mi sentivo meglio, si fa per dire, è naturale.
Riuscivo ancora a sopravvivere, niente più disco interrotto, solo qualche volta.
M'alzai dal letto e mi diressi in cucina, Louis m'accolse tra le sue braccia e sussurrò: «Come stai, tesoro?»
Non risposi, non esisteva una parola per dire il mio stato d'animo in quel momento.
Entrò Met tutto saltellante in cucina, fortunatamente non mi degnò d'uno sguardo, prese una mela e se ne ritornò in soggiorno.
Oggi era il giorno della resa dei conti, qualcosa gli sarebbe accaduto.
Altro male al mio corpo, al mio cuore, alla mia mente.
Infondo, non era poi tanto brutto vivere nel male, avevi sempre quell'aurea di non so che la quale ti portava a sopravvivere.
Forse, solo perché non avevi il coraggio di farla finita, una volta per tutte.
Oppure, forse perché continuavi a ripeterti che tutto sarebbe passato, prima o poi.
Ed è proprio il 'prima o poi' che ti fotteva, perché non sapevi quando, in quale momento della tua vita sarebbe successo. Poteva succedere adesso, oppure tra cinquant'anni. E molte volta la pazienza di una persona non resiste così a lungo.
Ieri notte era piovuto, non me ne accorsi nemmeno, lo dedussi dalla veranda leggermente bagnata e umida, e dall'arcobaleno che c'era sopra casa mia.
'Hai mai visto il sole spegnersi dopo un temporale?'
'Dopo la tempesta arriva sempre l'arcobaleno.'
Due frasi fatte e miliardi di volte ripetute a chi stava male, fino a che non eri tu a stare una merda e comprendevi che quelle frasi erano davvero idiote.
C'era sempre una fottuta tempesta o temporale o uragano, dovevi sempre stare male, in qualche modo.
Molte volte però, anche il sole rimaneva dietro le nuvole, anche l'arcobaleno non compariva.
Anche loro ci mettevano un po' a riprendersi.
«Cam, la nonna è in camera da letto.» Met entrò in camera mia pimpante, reggeva tra le mani un foglio con degli spruzzi di colore.
«Come mai?» domandai abbassando lo stereo, erano quasi tre ore che ascoltavo ripetutamente 'November Rain', forse per darmi un po' di sollievo, o per deprimermi di più.
Sapevo solo che in quel momento, non avevo la minima voglia, e forza, di reagire al mondo.
«Non lo so, Cam. – E s'avvicinò al letto, – Ma ha detto che ti vuole parlare.»
Rimasi impassibile, molto probabilmente se sarebbe successo un paio di giorni prima, mi sarei agitata per le sue condizioni, ma ora per niente.
M'alzai dal letto, e Met mi strattonò per un braccio: «Guarda, dai!»
Presi il foglio, era un arcobaleno e sotto c'erano sei persone che si tenevano per mano.
Una aveva i capelli lunghi lisci, un corpo magro. Era Page.
Riconobbi mia nonna, Louis, Met stesso, me.
Poi, un'altra sagoma, alta, riccia, mora e due palle verdi al posto degli occhi.
Harry.
«Sono le persone a cui voglio bene.» rispose semplicemente Met.
«E' bellissimo.» sussurrai con voce strozzata.
«Te lo regalo, se vuoi.»
Scossi la testa e risposi: «Appendilo in camera tua, è più bello.»
Quando Met uscì da camera mia, permisi a un'unica e indecifrabile lacrima di colare dal mio occhio, poi uscii e mi diressi in camera di mia nonna.
Anche se mio nonno era morto da parecchio oramai, mia nonna non volle cambiare il suo letto matrimoniale, e sotto le coperte, sembrava un piccolo insetto che cercava di scappare dalla scarpa umana.
Spuntava fuori solo la testa, i capelli ingrigiti negli anni erano raccolti in un leggero chignon, e spuntavano pure le braccia, ricoperte da macchie viola, ben evidenti.
Compresi subito di ciò che voleva parlare, e trassi un respiro profondo.
Invidiavo mia nonna per la forza che aveva d'andare avanti, per la forza e l'amore che metteva in ogni singola cosa che faceva.
Amava ancora mio nonno, nonostante gli anni passati senza di lui. E il suo amore, era puro, lo capivi quando parlava di lui. D'un botto diveniva come quelle adolescenti che narrano la prima cotta. Il cuore che batte più forte, gli occhi che brillano, e un sorriso ebete sul volto.
«Ciao, cara.» salutò.
«Nonna.» dissi senza sentimento.
«Ti va di parlare?»
Non risposi, semplicemente mi misi sotto le coperte con lei, e mi sentii protetta, come se niente potesse accadermi.
In quei dieci secondi mi sentii viva, e non una sopravvissuta.
«Ho visto Harry ieri sera.»
«Non mi va di parlarne.» risposi brusca.
«Lui ti ama, Cameron. – Continuò come se non avessi parlato, – E non dovresti lasciartelo sfuggire.»
«L'ho rotto, ormai è andato.»
«Non l'hai rotto. – Sussurrò, - Ricorda che ogni cosa viene senza il nostro avviso, ogni cosa, mia cara.»
Tacqui.
«Harry t'ha detto che ti ama perché è la verità, devi solo avere pazienza.»
«Sono stanca d'aspettare, nonna.» biascicai.
«La pazienza è una cosa che in pochi possiedono, l'attesa è una delle cose che tutti sono costretti ad avere. – Disse tranquilla, – Sei tu a decidere cosa volere davvero, se la pazienza o l'attesa.»
«Sto aspettando.» sussurrai.
E non aspettavo solo Harry, aspettavo anche quello che sarebbe successo a Met, tra poco, quello stesso giorno.
«La musica è un modo lecito d'aspettare, fa passare il tempo.»
«Già.» sussurrai non capendo dove volesse arrivare.
«Vorrei ascoltare un'ultima volta una canzone che mi piaceva tanto, quando stavo con tuo nonno.»
«Ultima volta?»
Era giunto il momento, e continuavo a essere impassibile.
«Tesoro mio, sono certa che hai notato le macchie sulla mia pelle.» disse.
Annuii franca e gliele sfiorai, un brivido mi passò per la schiena. Quelle cose me l'avrebbero portata via, per sempre.
«Non sono andata da una mia amica, un mesetto fa, ma so che tu lo sapevi, solo che te ne sei stata zitta. – Sussurrò, – E ora, è giunto il momento che ti debba delle spiegazioni, sono malata, Cameron. E' una malattia con un nome talmente lungo e irricordabile che non voglio nemmeno saperlo, basta sentirlo una volta che capisci che ti resta poco da vivere. – M'accarezzò una guancia, mi beai di quel piacere come non avevo mai fatto, era forse l'ultima volta che riusciva a toccarmi, – Ho viaggiato per cercare una cura, e tutte richiedevano un intervento, Cameron, ti prego di comprendere, che io non voglio farlo, perché non servirebbe a niente. – M'accarezzò i capelli, - Sarebbe solo tempo perso, e di tempo non ne voglio perdere e credimi se ti dico, che quest'ultimo periodo è stato bellissimo.»
Ascoltavo, le parole m'entravano dentro come coltelli, pungendomi in ogni parte della mia pelle, come piccole lame.
«Met è così intelligente, Page così libera e tu, tu sei così cresciuta, tesoro mio.»
Mi resi conto impercettibilmente che mia nonna aveva ragione, era un discorso egoista il suo, certo. Anch'io, però, l'avrei fatto.
Trascorrere i miei ultimi giorni in compagnia delle persone che amo, se solo ne avessi avuta la possibilità.
«Tua madre lo sa già tempo, ormai. – Disse, – Ma l'ho pregata di non dirvi nulla, non avreste vissuto e vedervi vivere era ciò che più volevo in questo mondo.» sorrise, un sorriso sincero, puro.
Un sorriso come quelli se ne vedono pochi al mondo.
Pieno di vita, anche se ne rimaneva poca nel suo corpo.
Pieno d'amore, di gioia, felicità.
Pieno di un non so che, che ti dava forza, determinazione.
«E vorrei concludere questo viaggio al meglio.»
Mi riscossi, «Cosa vuoi che faccia?»
Mia nonna sembrò sollevata nel vedermi positiva, infondo la sua morte era una cosa che avrei dovuto accettare prima o poi, e quello, mi pareva il momento migliore.
«Tuo nonno era innamorato di Whitney Houston, la sua canzone preferita era 'I Wanna Dance With Somebody'. – Mi accarezzò nuovamente la guancia, – Andresti a comprarmi il CD di quella canzone?»
Scattai in piedi, avrei fatto qualsiasi cosa per mia nonna, gli avrei dato tutto ciò che avrei potuto fino a quando non fosse accaduto.
Aprii la porta gialla e m'immersi nel negozio, era uno di quei posti che t'affascinavo e istintivamente volevi comprare tutto, superando di gran lunga il tuo budget.
Gli scaffali erano rosso con appoggiati miriadi di album e CD, perfino libri di artisti del passato.
Andai direttamente alla musica degli anni '80 e iniziai a cercare il singolo di Whitney, quando l'ebbi trovato, sorrisi impercettibilmente.
Un sorriso schietto, dopo quasi un giorno di buio.
Andai alla cassa tenendo gli occhi bassi sulla copertina e costatando che la Houston era veramente una bella donna, mio nonno aveva buoni gusti.
Posai sul bancone il CD e presi il portafoglio dalle borsa, ma qualcosa mi bloccò.
La mano del cassiere mi era sin troppo famigliare, appariva morbida e setosa, le ossa che uscivano dalla pelle a 'mo di scheletro, avevano un qualcosa di famigliare.
Come potevo scodare le mani della persona che m'aveva toccata e baciata solo cinque sere prima?
Come potevo dimenticare la persona che avevo rotto?
Non m'ero minimamente ricordata che Harry lavorava in un negozio di CD, non mi era passato neanche per l'anticamera del cervello che potesse avere un turno a quell'ora di pomeriggio.
Il cuore iniziò a battermi a mille, per la paura che potesse dire qualcosa, la sua voce m'avrebbe fatto cedere.
Un suono così roco, ma dolce e incredibilmente bello.
Il suo respiro già mi stava facendo scoppiare, figuriamoci se faceva qualcosa di concreto.
Come parlare, agitare i ricci.
Mise il CD in un sacchetto, e l'idea di toccare un qualcosa che lui aveva appena sfiorato mi faceva stare male.
Respiravo male, quasi non respiravo.
Lessi il conto sul ricevitore di cassa e prima che potesse emettere qualche suono, posai sul bancone la banconota.
Non disse una parola, aprì la cassa, vi infilò i soldi e prese il resto.
Allungai esitante la mano, come se la stessi mettendo sul fuoco, e fuoco fu.
Fu una cosa istantanea, senza ritegno, durò poco più di due secondi.
La mia pianta si scontrò contro le sue dita, fui percorsa da un brivido e istintivamente alzai il capo.
Un viso di porcellana ebbi davanti.
Senza espressione, gli occhi verdi, smeraldi, brillanti quasi, erano due pozzi profondi contenenti miriadi d'emozioni che in quell'istante non seppi interpretare. La mascella era tesa, come se potesse mettersi a urlare da un momento all'altro, e le labbra, screpolate, erano una linea retta sulla sua faccia.
Abbassai il capo e feci un gesto di cortesia con la testa, poi sgusciai fuori.
L'avevo perso, non era più l'Harry di cui m'ero innamorata.
Era come se fossi stata catalizzata in una nuova galassia e lui si fosse rincarnato nella parte peggiore di sé, perché sapevo nel mio profondo, che la faccia di porcellana che avevo visto racchiudeva l'Harry che lui stesso cercava di nascondere al mondo.
Arrivai a casa e misi subito il CD nello stereo, non pensando ad Harry.
Whitney iniziò subito a cantare.
Mia nonna a fatica s'alzò dal letto e si mosse impercettibilmente, danzando a ritmo della canzone.
L'accompagnai afferrandola per la mani e iniziando un leggero valzer.
La feci girare al ritornello.
'Ooooooh! I wanna dance with somebody,
I wanna feel heat with somebody,
Yeeeeeah, I wanna dance with somebody,
With somebody who loves meee!'
Risi istericamente e sarcasticamente, mandando a 'fanculo in quella frazione di secondo, tutto.
Harry.
Kyle.
Met.
Il mondo intero.
Lasciai perdere tutto e feci sì che la musica mi facesse sua, come in un abbraccio d'amore.
Mia nonna m'abbracciò forte e sussurrò: «Ti voglio bene, Cameron.»
«Anche io, nonna. – La strinsi forte, – Ovunque tu andrai.»
«Sarò sempre qui.» e s'indicò il cuore.
Sorrisi e una piccola lacrima sgorgò dai miei occhi verdi.
Andai in camera mia e notai che il telefono s'illuminava, lo presi e vidi un messaggio.
'Kimberlee è scomparsa.'
Il mittente era Zayn.
«MET!» urlai a squarciagola.
Dopo un minuto e mezzo nessuno rispose.
Il mondo mi crollò di nuovo addosso come uno tsunami.
*****
"Buongiorno, buon pomeriggio o buonasera!" I capitoli che annunciano la fine della storia, ovvero questi, sono per me, e spero anche per voi, i più belli in assoluto. Continuate a seguire la storia, ditemi se vi sta prendendo, cosa ne pensate e cosa vi aspettate succederà? A presto, Sara.
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ONSET II h.s.
Fiksi Penggemar-Capitolo otto. La sua bocca scorreva sul mio collo, fino alla clavicola e ritornava su, lasciando scie di saliva, finché non iniziò ad usare i denti. Morsicava ogni singola parte del mio collo, lasciando segni rossi. Quando cercai di divincolarmi...