42.And if are we 'nothing', Harry?

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'This is the start of something beautiful,

this is the start of something to new.'

This, Ed Sheeran.

And if are we 'nothing', Harry?


Compilai diverse carte. Non avrei mai creduto che per esser dimessa da un ospedale, avrei dovuto compilare così tanta roba, in un certo senso, però, era meglio. Sarebbe venuta a prendermi mia madre, e benché fossi convinta di parlare con lei a fondo, non ne avevo nessuna voglia.
Negli ultimi anni, mia madre era diventata ansiosa come non mai, e l'idea di dirle che mio padre aveva stuprato me e Page, mi faceva salire un brivido per la schiena. Avevo paura che non credesse nemmeno alla lettera di mia nonna, e continuasse ad amare un mostro.
In quel caso, io me ne sarei andata di casa, anche se comprometteva il fatto di non vedere mai più Page e Met, ma sapevo che al giorno d'oggi al mondo vi era così tante tecnologia e telecomunicazione che in un modo e nell'altro, qualcosa avremmo risolto.
Abbraccia fortissimo Carmen e la ringrazia altrettanto, non sapevo se si comportava nello stesso modo con gli altri pazienti, ma con me era stata davvero dolce e mi aveva donato una forza immensa. Era come se in quella settimana che ero stata in ospedale, avevo trovato una sottospecie di nuova mamma.
Un po' mi dispiaceva abbandonarlo, quell'odore di disinfettante ovunque, il sapone del bagno che non profumava, i corridoio sempre lustri, le coperte sempre bianche e il cibo orribile della mensa, era tutta una sensazione strana. Mi chiesi se come lavoro avrei potuto fare qualcosa riguardante gli ospedali, magari l'infermiera.
Uscii dall'ospedale portando a tracolla la borsa con i vari vestiti che mia sorella aveva scelto accuratamente e sfregandomi le mani nella felpa di Harry, che praticamente non avevo tolto da quando avevo ripreso conoscenza.
Feci scorrere l'occhio sul parcheggio sino a che non focalizzai la macchina di mia nonna, sulla portiera era appoggiata mia madre, intenta a messaggiare con il telefono. Tirai un sospiro profondo e m'incamminai. I piedi calpestavano i sassolini del selciato provocandone un suono acuto, la cosa assurda è che andavano alle stessa velocità del mio cuore, ossia palpitavano. Ero un'ansia unica, la sola cosa positiva era che mia madre non si accorgeva della mia presenza imminente, tanto era concentrata a scrivere.
«Ciao, ma'.» sussurrai, deglutendo.
Alzò d'istinto la testa e mi perforò con lo sguardo, vi era pietà. Provai un moto di disgusto per quella donna, detestavo le persone che provano pena o pietà nei confronti di altre, a parer mio, era sempre meglio il disprezzo.
«Tesoro, come stai?»
Tentai di sorridere: «Bene.» sussurrai.
«Andiamo a casa?» chiese esitante.
Annuii e goffamente, poggiai la borsa sul sedile posteriore e mi misi al mio posto, avevo un'immensa voglia di guidare, ma sapevo che mia madre non me l'avrebbe permesso.
Scese un silenzio tombale per più di cinque minuti, vedevo la strada scorrere veloce sotto i miei occhi abituati al bianco e all'azzurro dell'ospedale, quei colori sgargianti dell'estate mi stavano accecando.
«Vuoi parlarne, Cam?» domandò dopo un po'.
Sussultai, quella particella pronominale a fine parola mi fece rabbrividire, lei sapeva. Tutto. Quindi, forse, credeva alla lettera della nonna, inizia a sperare qualcosa di positivo.
«Non lo so.» sussurrai, ricordare era l'ultima cosa che volevo.
«Quand'è stata la prima volta?» chiese tranquilla.
«Avevo sei anni.» risposi di getto.
«E' un mostro. – Biascicò, – Non volevo nemmeno che venisse qui per il funerale, ma oramai era troppo tardi.»
Trattenni il respiro, non ci credevo. Il mio incubo era finito, non solo non l'avrei mai più rivisto, ma Page non avrebbe più subito quel torto, Met non avrebbe sofferto per causa di mio padre e mia madre, mia madre era serena, forse anche a lei le aveva fatto qualcosa?
«E' in casa, ora?» domandai, temendo il peggio.
«Assolutamente no, è in hotel. Non permetterei per nessuna ragione al mondo che lo vediate, nemmeno se stesse per morire.»
Abbassai il capo, sentendo gli occhi pizzicare. Avevo un immenso bisogno di piangere, ma non potevo davanti a mia madre, nonostante lei cercasse di dimostrarsi serena e felice, sapevo che soffriva e ci stava male, infondo era pur sempre suo marito, l'uomo che aveva amato, e forse amava ancora.
Dovevo dimostrarmi forte, come se gli incubi che avevano dominato la mia mente sino a quel momento, non fossero mai esistiti.
«Divorzierai?» chiesi a bassa voce.
«Sì, verremo a vivere qui a Sydney.»
Incassai il colpo ed esaltai dalla gioia.
Sydney.
Harry.
Avevo un immenso bisogno del riccio, in quel momento. Delle sue braccia calde che avvolgevano il mio corpo, e mi baciavano, dolci.
«Scusa, mamma.»
«Non ce n'è bisogno, anche se mi avessi detto quello che ti faceva, non ci avrei creduto comunque. Sono io che devo chiederti scusa.»
Annuii e m'avvicinai piano alla sua spalla, appoggiandovi la guancia e tirando su con il naso.
Il palmo della sua mano scorreva sulla mia guancia come solo la dolcezza di una madre sapeva dare, curandomi e riscaldandomi. A un semaforo si voltò e mi prese il capo tra le mani, fissandomi negli occhi. L'unica cosa che avevo ereditato da lei, il verde profondo, si mischiarono insieme, in un contatto che solo madre e figlia potevano avere.
Ricordi, sorrisi e dolore tutto insieme, il nostro rapporto così tortuoso, ma così vero, così bello, sotto un certo aspetto.
Dopo diciotto anni, avevo finalmente ritrovato mia madre.
Mi depositò un bacio in fronte e poi, senza dire una parola, riprese la corsa.
In quel momento, però, non c'erano nemmeno bisogno di parole, bastava il silenzio denso.

Non appena arrivammo a casa, un'altra andata di nostalgia mi pervase. Era la casa di mia nonna, il luogo in cui potevo stare serena per tre mesi l'anno e finalmente avrei potuto viverci, senza il pensiero di uno sgabuzzino chiuso e una lampada dalla luce fioca, senza il pensiero di mani venose e orribili a toccarmi, solamente con la serenità di aver una casa bella e sicura.
Non sapevo cos'avrebbe fatto mia madre con la casa al sud, se l'avrebbe tenuta oppure messa in vendita, speravo solo di non poterci tornare.
«Cam!» urlò mio fratello non appena misi piede in casa, sorrisi, la mia gioia.
Mi chinai e passai una mano nei capelli ricci, sorridendo serena, «Met, ti sono mancata?»
«Certo! Guarda, dai! Guarda!» e mi porse un disegno.
Era un tramonto sul mare, non sapevo cosa volesse dirmi con quel disegno o cosa sapesse riguardo mio papà, sapevo solo che significava la fine di una brutta storia.
Come quando il sole tramonta e sprofonda nella notte, per poi dar vita a un nuovo giorno.
«Met, tesoro, mi aiuteresti a preparare il pranzo? Sono sicura che tua sorella ha fame.»
Met esultò e mentre lui e mia madre andavano in cucina, io salii in camera mia.
Louis, come sospettavo, era seduto sul letto.
«Ehi.» salutai poggiando la borsa accanto alla porta.
«In questa settimana sono come minimo morto quattro volte, ho avuto tremila infarti e ho rischiato d'ammazzare il tuo carissimo fidanzato Harry un paio di volte. – Sbraitò alzando leggermente la voce, – Ma sono, sono fottutamente fiero di te.» e diede vita a un sorriso meraviglioso, creando agli angoli degli occhi quelle rughe che tanto adoravo.
Sentirsi dire un complimento da Louis era una cosa assurda, non li faceva mai. Gli saltai letteralmente addosso, non dando molto peso alla fitta di dolore che ebbi al fianco, e lo strinsi fortissimo.
«Ahi, e levati, dai.» disse risoluto.
«Mi dispiace, Lou.» sussurrai.
«È tutto okay, ma non farlo mai, mai, mai più.»
«Te lo prometto.» sorrisi.
«Cogliona che non sei altro.»
«Hai picchiato Harry?» domandai ricordando l'alone giallognolo sull'occhio del ragazzo.
Annuì: «Quando gli spiegai la situazione, andò di matto. – Disse, – Non ragionava più, aveva davvero paura che Kyle ti potesse fare qualcosa di molto peggio e così gli tirai un centrone. – Ammiccò, – Ha fatto effetto, perché ha ripreso a ragionare. – Mi sorrise, – Cam, Harry conosce meglio di chiunque altro Kyle, sa cosa poteva farti, per questo era intrattabile.»
«Lo so.» soffiai, sapevo che se non fossero arrivati, Kyle avrebbe potuto anche uccidermi con quel coltello. E l'idea che Harry si fosse così preoccupato per me, mi faceva sorridere di gioia, il mio piccolo angelo custode.
«Harry ti viene a prendere alle cinque.» intervenne dopo un po'.
«Cosa?» chiesi sorpresa.
Scoppiò a ridere: «Stasera c'è una piccola festicciola in un posto non molto lontano da Sydney, Laila mi ha detto che ci vuole circa un'oretta per arrivarci. – Mi fissò con occhi adoranti, – E inizia alle nove, quindi, Harry ti viene a prendere alle cinque, ti porterà a scopare in qualche posto e poi verrete alla festa.» concluse malizioso.
«Louis!» esclamai.
«Che c'è? È vero!»

«Cos'è questa festa fuori da Sydney?» domandai fissando il riccio alla mia destra.
«E' una festa di paese. – Rispose sorridendomi, – Si mangia e si balla insieme, i miei genitori vengono da quel paesino e ogni anno ci ritornano per festeggiare.»
Mi stava mandando in confusione, avrei dovuto ballare? E poi, avrei conosciuto i suoi genitori?
«Harry.»
«Cosa c'è?» domandò.
«Io non ballo.»
«Oh, invece, sì.»
«Sognatelo.»
Scoppiò a ridere e scosse i ricci svoltando in una curva, riconobbi la strada per andare al ritrovo.
Altre domande si affollarono nella mia testa, perché mi aveva portato lì?
Parcheggiò l'auto e scese senza nemmeno dirmi una parola, fui costretta a fare ciò che lui faceva, lo guardavo con un sopraciglio alzato e le labbra socchiuse, cercando di capire cose gli passava per la testa.
Entrò e camminò tra i tavolini, mentre l'odore di birra e la sensazione di casa mi entrava nel naso e nel cuore, quanto mi era mancato quel posto. I tavolini in legno, le tende rosso scuro, il bancone degli alcolici, e lo sgabuzzino.
Il mio stomaco si ruotò al ricordo di quei quattro minuti insieme al riccio e sentii le mie guance andare a fuoco, cancellando quello spruzzo di efelidi.
Harry aprì una porta e iniziò a salire delle scale, lo fissai incuriosita. Non mi ero mai resa conto di quella porta e non sapevo nemmeno che ci fosse un secondo piano, o meglio, non pensavo fosse agibile.
«Da quando si può andare di sopra?» chiesi poggiando le mani sul muro freddo e umido.
«Zayn ci ha abitato per un po' quando i suoi non gli prestavano attenzioni riguardo suo fratello, l'ho aiutato a renderlo abitabile. – Si voltò e m'illuminò con il suo sguardo, – Era tutto un macello di bottiglie di birra, tende, giornali. Penso sia stato il ripostiglio di questo bar.» e riprese a salire le scale.
Annuii e continuai a salire finché il riccio non si fermò e mi fece passare davanti, «Dolcezza.» disse con voce profonda, iniziai a sudare freddo mentre le mie farfalle svolazzavano tranquille nel mio stomaco.
Aprii la porta ed entrai, sorrisi. C'erano tantissime foto appese alle pareti ed erano di Laila, Zayn, Harry, Niall, Liam, Rachel e Kimberlee, rimasi stupita quando vidi perfino una mia foto, non ricordai nemmeno quando me la fecero, però sorridevo come non mai.
Quelle pareti erano gli ultimi anni dei ragazzi, si poteva notare il cambiamento, i capelli più corti di Harry, la barba di Zayn nelle ultime foto, le guance meno rosse di Niall. C'era perfino una foto di Kimberlee con i capelli castani, costatai che stava decisamente meglio rossa.
Sul pavimento era disposto un tappeto nero con dei ghirigori bianchi e delle frange ai lati più corti, poi v'era un divano letto rosso con una coperta a quadri di lana e infine, in un angolo, un tavolo con appoggiato un mazzo di fiori.
«E' bellissimo.» sussurrai e solo ora mi accorsi che Harry mi aveva circondato i fianchi con le mani.
«Lo sei di più tu.»
Deglutii forte, «Non credo proprio.»
Sbuffò e iniziò a baciarmi il collo con schiocchi leggeri e dolci, m'abbandonai sul suo petto godendomi il piacere. Iniziò a succhiare in un punto sensibile, costringendomi a lanciare la testa all'indietro e respirare forte.
Le sue mani strisciarono sulla mia pancia sino a raggiungere l'orlo della maglietta e iniziare ad arrotolarmela lentamente, alzai le braccia e me la sfilai. Mi girai e affondai nella sua bocca, tirando leggermente il labbro inferiore e procurandogli un piccolo gemito, sorrisi trionfante.
Gli tolsi la maglietta e la lasciai cadere sul pavimento, baciandogli la clavicola e il collo, ove gli procurai un succhiotto dietro l'orecchio, vicino all'attaccatura dei capelli, nel mentre m'afferrò i fianchi, premendomi il pollice sul fianco, sulla cicatrice.
Gemetti di dolore e mi staccai, calmando il respiro.
Lo fissai e notai una tristezza esorbitante nel suo sguardo, «Non voglio farti male.»
«So che non me lo farai, Harry.»
«Ma l'ho appena fatto.» sussurro scontroso.
«So anche che starai attento.» e feci per avvicinarmi, ma fece un passo indietro, mi prese un colpo al cuore.
Continuò a scuotere la testa, deglutii e gli presi il viso tra le mani, fissandolo negli occhi e trasmettendogli tutta la mia sicurezza, «Godiamoci questo momento.» sussurrai a un fior dalle sue labbra rosee e lo baciai su tutto il viso, sugli occhi, sulla bocca e sul naso, lo baciai e lo trascinai sul letto, dove iniziò a sfilarmi i calzoni.
«Non voglio toccarti, oggi.» sussurrò sfiorandomi una guancia.
«Okay.» e capovolsi la situazione, mi misi a cavalcioni su di lui e lo guardai maliziosa, sentendo la sua erezione premere contro di me, togliendomi il fiato.
Se non voleva toccarmi, avrei fatto il lavoro di entrambi. Mi chinai e lo baciai a stampo sulla bocca, mentre le sue mani scorrevano sulla mia schiena, togliendomi il reggiseno.
Proseguii lungo il collo per poi giungere alle due rondini, le baciai entrambe e succhiai leggermente i capezzoli. Harry gemette piano e fu scosso da un brivido leggero, sorrisi e lasciai scie di saliva lungo la sua pancia, sino a giungere alla striscia di peli che finiva nei calzoni.
La baciai lentamente gustandomi l'agonia del ragazzo che si dimenava e respirava forte sotto il mio tocco, dandomi moltissima adrenalina.
Slacciai il bottone e tirai giù la cerniera dei jeans, Harry mosse le gambe, togliendoseli velocemente.
Era una cosa eccitante vedere il suo desiderio trasparire da ogni poro della sua pelle, per questo decisi di farlo patire ancora un po'. Baciai l'interno coscia lasciando baci umidi e succhiando leggermente, per poi depositare un bacio lungo sul tessuto, sentendo crescer di più la sua erezione.
Sorrisi e afferrai tra i denti i boxer, tirandoli leggermente per far entrare un po' di aria. Gemette inarcando il bacino e sussurrando: «Cameron.»
Sorrisi e gli tolsi i boxer, sospirò di piacere quando il suo membro fu fuori. Mi concessi un paio di secondi per guardarlo e imprimermi nella mente quell'immagine così bella e assurda, sembrava un dio greco, lì sul letto, completamente nudo, con gli occhi rivolti al soffitto, i capelli sulla fronte e sul letto, le guance arrossate e il petto scolpito che si alzava e abbassava a un ritmo irregolare.
Quant'era bello, cazzo.
Mi chinai e ribaciai la striscia di peli, prendendo tra le mani il suo membro e iniziandolo a pompare leggermente, sospirò compiaciuto.
Gli baciai la punta e schiusi le labbra, succhiando piano e sentendolo gemere forte. Le sue mani affondarono nei miei capelli aiutandomi con il ritmo da prendere, lo accontentai, aumentando piano piano e godendomi il suo respiro affannoso, i suoi gemiti trattenuti dalle labbra chiuse.
Inarcò il bacino di punto in bianco e iniziai a succhiare più forte, tenendo a bada i denti.
Gemette forte e disse: «Fermati.» era quasi una supplica.
Con dispiacere ripercorsi la sua lunghezza a ritroso e gli baciai la punta, su cui s'era depositata un gocciolina bianca.
«Cazzo.» sussurrò, passandosi una mano sulla fronte. Mentre gli davo del tempo per riprendersi, mi tolsi le mutande, costatando la mia eccitazione, poi mi misi a cavalcioni e gli baciai la bocca secca, sentendo il suo sapore.
Mi aspettai che capovolgesse la situazione, invece sussurrò: «Stai qui.»
Andai in panico, le mani iniziarono a tremarmi: «Harry, io...»
«Shh, non è difficile.»
Per lui non era difficile, «Se stai sopra, c'è meno probabilità che ti faccia del male.»
Mi prese un colpo al cuore e decisi d'accontentarlo, «Dammi la mano.» sussurrò sorridendomi.
Mi posizionai al meglio, allargando le gambe e presi la sua mano, era calda, forte, sicura.
L'altra l'appoggiai al suo petto, mentre Harry s'afferrava il suo membro e lo depositava delicatamente vicino a me, lo fece passare un paio di volte sulla mia intimità, mi inarcai trattenendo un gemito.
Entrò piano dentro di me, togliendo la mano e afferrando quella che avevo lasciato libera, affondai dentro di lui, piano, senza fretta, sentendo ogni suo centimetro e riempiendomi totalmente.
Quella pienezza mi fece capire quanto lo amavo e quanto avevo bisogno di lui, in tutti i sensi.
Quanto fosse importante per me quel ragazzo.
Respirai forte, rendendomi conto solo ora che avevo trattenuto il fiato, stessa cosa fece il riccio sotto di me.
«Tutto okay?» chiese respirando forte.
Abbassai il capo e annuii sentendo la fronte imperlarsi di sudore, aprii gli occhi e lo fissai negli smeraldi, luccicavano come non mai.
«Tienimi le mani e inizia a muoverti, sarai bravissima.» sussurrò dolce, sorridendomi.
Deglutii forte e stringendo maggiormente le sue mani, feci pressione e mi alzai, strabuzzai gli occhi dal piacere e gemetti piano, sentii visibilmente Harry rilassarsi sotto di me.
Mi abbassai e sorrisi nervosa, mi sorrise rassicurante e sospirò forte, rifeci lo stesso movimento, velocizzandolo leggermente, dando vita a un ritmo calmo e sicuro, guardando sotto di me l'espressione del ragazzo che pian piano andava in una specie di estasi.
Gli lasciai le mani e le appoggiai sul suo petto sudato, per poi chinarmi e lasciargli un bacio sulla bocca, nel farlo compii un movimento che mi fece sussultare, e una volta recuperata la posizione, al posto di muovermi su e giù, iniziai a muovermi avanti e indietro, sentendolo muovere dentro di me, toccandomi un punto che nemmeno sapevo esistesse.
Aprii la bocca e boccheggiai alla ricerca d'aria, gemendo rumorosamente.
Harry strabuzzò gli occhi e inarcò il bacino, aiutandomi, cambiai ritmo velocizzandolo e trasformando il respiro affannoso in gemiti di piacere.
M'afferrò i fianchi con le mani e con un movimento fulmineo si alzò e mi circondò con le sue braccia, m'appoggiai ai suoi bicipiti gemendo sempre più forte.
La vista mi si appannò come l'ultima volta, capendo cosa stava pure succedere, Harry mi faceva muovere a un ritmo veloce e dolce al tempo stesso, riempiendomi e facendomi sentire viva.
Strinsi forte i suoi capelli e mi abbandonai sulla sua spalla, gemendo sempre più forte e incapace di contenermi ancora per molto.
Affondai nuovamente in lui e mentre sussurrava: «Cam.» venni, insieme a lui.
Mi lasciai cadere a peso morto sul suo petto, respirando forte e lasciandomi travolgere delle ultime convulsioni.
«Non hai idea. – Respirò forte, – Di cosa mi fai. – Ispirò aria, – Provare.»
Sorrisi e gli baciai la guancia, appoggiandomi sulla sua spalla, Harry si distese sul materasso trascinandomi con lui e togliendosi il preservativo.
Lo fissai a bocca aperta, non mi ero nemmeno accorta che se lo fosse messo, tanto ero presa da lui, tirai un sospiro profondo cacciando l'idea delle conseguenze se non l'avesse messo.
La visione di due bambini con gli occhi verdi e i ricci marroni irruppe nella mia testa facendomi provare un senso di freddo e paura, non mi era mai passata per la testa l'idea di aver dei figli, oppure mettere su famiglia, ma ora, qui accanto ad Harry, mi sembrava una cosa così bella e da sperimentare.
Harry papà, mi ricordai come si comportava con Met e fui sicura che sarebbe stato un buon padre, per me invece, non sapevo niente. Non ero capace di cucinare, cambiare pannolini o altro, e nemmeno di fare la madre, ma si può sempre imparare.
«Cameron, che farai finita l'estate?» domandò passandosi una mano tra i ricci.
Sorrisi e lo fissai, «Mia mamma divorzierà e ci trasferiremo qui.»
Si alzò di scatto e mi guardò con un sorriso da un orecchio all'altro, «Dici sul serio?»
Annuii di rimando, si chinò e mi baciò con trasporto, «Oddio, che figata! Ti avrò qui con me, sempre.»
«Sempre?» soffiai.
«Ora ti amo, e quando una persona dice 'ti amo', si spera che sia sempre.»
Sorrisi, «Non credi 'nel per sempre'?»
Abbassò il capo e scosse la testa: «Niente è per sempre.»
«E se noi fossimo 'niente', Harry?»
«Beh, buon per noi. – E mi sorrise, – Ora come ora, l'ultima cosa che voglio è lasciarti, quindi potremmo prendere in considerazione l'idea di 'sempre', non dirmi che tu credi a quelle cazzate sul 'per sempre', Cameron.»
Scoppiai a ridere, «Figurati, il niente non esiste.»

«Cam!»
Mi voltai e sorrisi, «Laila!» e l'abbracciai fortissimo, mi era mancata tanto, lei e la sua spensieratezza.
«Come stai, bellissima?» chiese sorridendomi e sfiorandomi i capelli mossi con le mani.
«Benissimo, tu?» e lanciai un'occhiata complice ad Harry.
«Ah, capisco, capisco. – Sorrise maliziosa, – Io bene, Louis è un grande.»
Mi riscossi e mi resi conto che il castano non mi aveva aggiornato riguardo gli ultimi sviluppi, «State insieme?» chiesi curiosa.
«Ci sto lavorando.» e mi fece l'occhiolino, poi si allontanò.
Sentii una ventata di fumo provenire da dietro di me, mi voltai velocemente e sorrisi a Zayn e Kimberlee.
«Me ne offri una?» domandai, rendendomi conto solo ora che era più di una settimana che non toccavo una sigaretta e sinceramente, mi mancavano.
L'accessi e domandai: «Come sta?» il soggetto era palese che fosse Crew.
Zayn sorrise flebile e disse: «Bene.»
Con quella parola capii che era ritornato quel ragazzo ombroso e taciturno di sempre, che difficilmente mostrava il suo amore verso gli altri. Quello che era successo con Crew, Natan e Kyle apparteneva al passato e in un certo senso andava bene, non ne avrei dovuto più parlare con nessuno, bisognava lasciarsi il passato alle spalle e Zayn lo stava facendo, vivendo nel presente.
Kimberlee era gioiosa e serena, così come Liam e Rachel.
«Non so come descrivere ciò che hai fatto a tuo fratello e Kim.» mormorò Liam sorridendomi tranquillo.
«Cazzo, è vero.» concordò Rachel sorridendomi.
Mi strinsi nelle spalle incapace di proferire parola, non volevo i complimenti di nessuno, se avevo fatto quel gesto era perché tenevo più a mio fratello che a me stessa.
«Eroinaa!»
Mi voltai e saltai in braccio a Niall, il biondo mi strinse forte e mi diede un buffetto sulla guancia, anche lui m'era mancato tantissimo come gli altri. Niall era una delle persone con cui avevo legato di più in quei tre mesi, ed era da lui che era partito tutto, non potevo far altro se non ringraziarlo.
«Mi spiace di non esser venuto all'ospedale.»
Scossi la testa, «Non preoccuparti.»
«Anche perché dovevo sostituirti alla biblioteca.»
Mi diedi una sberla sulla fronte, me ne ero totalmente dimenticata!
«Cazzo, Benjamin mi licenzierà, cazzo, cazzo.»
Mi fece l'occhiolino: «Tranquilla, abbiamo bisogno di te.»
«Fantastico.» tirai un sospiro di sollievo.
«Dolcezza?» mi chiamò Harry, mi voltai e presi la birra che il ragazzo mi porse.
La sorseggiai piano, parlando con Louis. Sarebbe tornato presto al sud e reagì abbastanza male alla notizia del nostro imminente trasferimento, aveva paura che l'avrei lasciato.
«Lou, non potrei mai lasciarti. – Sussurrai, – Mi hai salvato un miliardo di volte, non sarà la distanza a farmi allontanare da te.»
«Ti voglio bene, cogliona.»
«Io pure, stronzo.»
Quella sera i genitori di Harry non erano presenti, fortunatamente. Non mi andava di presentarmi con un succhiotto sul collo e lo sguardo da post-sesso, preferivo di gran lunga una presentazione migliore, per questo decidemmo di presentarli insieme. Una sera saremmo usciti, io avrei portato mia madre e lui avrebbe portato i suoi e sua sorella, tutto in una volta insomma.
«Balli?» chiese appoggiando la birra a terra e muovendosi a ritmo della canzone popolare, era davvero un paesello piccolo, perché non era musica da discoteca o altro, era musica rustica, una di quelle che si canta mentre si cucina in gruppo.
Sbuffai e gli diedi la mano, era come minimo la decima volta che mi chiedeva di ballare, dovevo pur accontentarlo.
Sorrise smagliante e mi trascinò al centro della pista, che era solamente un appezzamento di terra con intorno dei tavoli di legno dove altre persone mangiavano piatti tipici.
Iniziai a muovere i piedi come il riccio e risi, sentendo scorrermi nelle vene la sensazione di appartenenza a una certa cosa e la felicità di vivere spensierata.
Lanciai un'occhiata a Laila e Louis che confabulavano in un angolo, Niall che ballava insieme a Zayn e Kimberlee facendo un valzer che conoscevano solo loro e a Liam e Rachel che ballavano troppo vicini, poi, poi guardai il mio sorriso quotidiano.
Le sue iridi verdi mi sorrisero insieme alle sue labbra, donandomi vita.
Non sapevo se Harry fosse l'uomo della mia vita, non ne avevo proprio idea, forse era così, oppure no, il futuro ci avrebbe dato la risposta.
Sapevo solo che ne avevo passate davvero tante con lui, così tante che forse sarebbero bastate per una vita intera, ma l'unica cosa di cui ero certa in quel momento, e che non me ne sarei mai pentita, era che l'amavo più di ogni altra cosa e se mi si sarebbe presentata l'occasione di passare altre avventure, le avrei affrontate con lui.
Volteggiai tra le sue braccia, e mentre poggiavo delicatamente le labbra sulle sue, una stella, lassù nel cielo, brillò più di tutte le altre.



*****

"Buongiorno, buon pomeriggio o buonasera!" Miei cari lettori sono onorata di annunciarvi che questo è l'ultimo capitolo della storia, il penultimo in realtà, dato che ci sarà anche l'epigolo, che posterò tra pochi giorni e in cui ci saranno anche delle parole dell'autrice di Onset per voi. Rimando anche le mie di parole al prossimo e ultimo aggiornamento. A presto, Sara.




ONSET II h.s.Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora