Ivan chiuse la porta del bagno con violenza. Una doccia, tutto ciò di cui aveva bisogno era una doccia. Iniziò a spogliarsi, scaricando tutta la rabbia accumulata nelle ore precedenti: che giornata orribile.
Sua madre si era dimenticata di attivare la sveglia la sera prima, così era arrivato parecchio in ritardo a scuola, ed era stato ammesso in classe dopo una ramanzina di un quarto d'ora abbondante; l'ultima ora, il professore di latino aveva deciso di interrogarlo, benché possedesse 3 voti orali. Ivan non aveva aperto libro il giorno precedente, sicuro che quei tre voti lo avrebbero salvato nell'ipotetico caso di un'interrogazione; così, era tornato a casa con un 4 in più sul registro scolastico ed una brutta notizia per sua madre. Giunto a casa, aveva litigato violentemente con lei, ottenendo come risultato il sequestro del motorino e l'impossibilità di uscire con la sua compagnia per oltre una settimana. Infuriato, si era chiuso in camera e, tra uno scherzo e l'altro dei suoi due fratelli pestiferi, aveva oziato fino alle 4, momento nel quale aveva deciso di farsi una doccia.
L'acqua calda scorreva limpida sul corpo del ragazzo. Se solo ci fosse stato suo padre... non avrebbe permesso tutto questo. Invece sotto quel tetto vivevano solo lui, sua madre ed i suoi due fratelli. Chiuse gli occhi e respirò profondamente, come per calmarsi: il liquido ormai bollente spruzzato dal soffione della doccia trascinò con sé tutto il suo furore e la sua rabbia. Rimase immobile in quella posizione a lungo, ad ascoltare il rumore dell'acqua che, dopo essere scivolata dolcemente sul suo corpo, ricadeva sul pavimento della doccia, provocando un ritmico ticchettio.
Un fragoroso tuono lo distolse dai suoi pensieri. Sobbalzò, e quasi cadde; sbatté violentemente contro la vetrata della doccia, ma rimase in piedi. Quel fulmine doveva essere caduto proprio vicino, diamine, aveva provocato un fracasso devastante. Così, alzò gli occhi verso l'alto: nell'angolo destro del soffitto, con suo grande sgomento, vide un ragno non più grosso di una gomma da cancellare. Ivan soffriva di aracnofobia; in preda al panico, indietreggiò fino a quando le sue spalle incontrarono il vetro della doccia. Un altro tuono scosse l'abitazione; Il ragazzo si fece coraggio, e puntò il soffione verso l'alto: l'acqua investì in pieno il povero aracnide, trascinandolo nelle tubature idrauliche. Ivan rimase immobile, leggermente scosso: "Dannati ragni", pensò.
Un terzo tuono fece tremare i vetri della casa. Ivan chiuse i rubinetti dell'acqua; "Sta per arrivare un gigantesco acquazzone" borbottò. Uscì dalla doccia. Come al solito, doveva aver esagerato con l'acqua calda: il vapore acqueo aveva provocato una fitta foschia che riduceva drasticamente il campo visivo. Ivan odiava il bagno situato al piano terra; era così piccolo che, ogni volta che si faceva la doccia, doveva dosare diligentemente l'acqua calda e l'acqua fredda per non rischiare di ritrovarsi sommerso dal vapore. Raccolse i vestiti sporchi, e li gettò nell'apposito cesto; successivamente, decise di aprire la finestra, per permettere la fuoriuscita di tutta quella nebbia.
Ciò che vide lo lasciò paralizzato dal terrore: era una splendida giornata ed il sole brillava alto nel cielo.
I tre corpi senza vita dei suoi familiari riposavano tra l'erba del suo cortile.