Essere Speciale

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Il confine tra sogno e realtà è molto sottile. L'avrei imparato più tardi.

Ero un ragazzo strano, dicevano.

Avevo 15 anni, età spensierata e felice. Ero un ragazzo come molti altri, tranne per quello che succedeva nella mia testa, specialmente quando dormivo e sognavo. Certo, molti di quelli che mi conoscono da vicino potrebbero dire che sono un po' strano per via del divorzio dei miei genitori e perchè mio padre è scappato da casa mia; non ascoltateli, sbagliano.

Ero un ragazzo strano, dicevano.

Facevo sogni brutti, spesso mi svegliavo di soprassalto nel cuore della notte, madido di sudore e spaventato. Durante il mio sonno, il mostro nella mia testa usciva allo scoperto, molte volte mi bastava intravederlo nei miei incubi per farmi svegliare terrorizzato. Era una creatura arcigna, rachitica e bianchissima di carnagione. Indossava sempre un mantello nero e compariva nei posti più disparati, circolava liberamente nelle mie notti buie. Non capitava mai che mi parlasse direttamente, a dirla tutta quell'essere non ha mai parlato, si limitava ad osservarmi, certe volte a fissarmi senza fare nulla. Altre volte invece si muoveva, girava per casa mia, compariva e scompariva e provava ad uccidermi. Mi svegliavo sempre giusto un momento prima della mia morte, come accade sempre.

Ero un ragazzo strano, dicevano.

Ricordo ancora quella notte quando, durante uno dei miei incubi ricorrenti, la creatura mi parlò. La sua voce non faceva paura, per niente. Era come una melodia soave, mi faceva vibrare, potrei quasi dire che quella sua voce mi toccò davvero. Le sue parole suonavano chiare nella mia mente, avevo chiaro il suo messaggio. Il dialogo si svolse in una stanza illuminata al neon, totalmente priva di ogni arredamento. Eravamo solo io e la creatura. Il sogno proseguì con io che mi trovavo in camera mia, accanto al letto matrimoniale dove usavamo dormire io e mia madre. Ero come posseduto. Potevo sentire la creatura toccarmi e scomparire, le sue unghie mi sfioravano la carne e mi facevano trasalire. Era come una danza nella quale io dovevo stare fermo. L'essere continuava a girarmi intorno e a cantare, mi toccava sempre e certe volte sorrideva. Fu un attimo. In un secondo infatti la creatura scomparve, lasciandomi da solo in piedi di fianco a mia madre che dormiva. Ero posseduto, lo giuro. Non controllavo più il mio corpo. Mi ritrovai in cucina, con un grosso coltello il mano. Senza camminare ricomparvi in camera mia e di mia madre. Lei dormiva.

Un colpo, due colpi, tre colpi, quattro.

Ero completamente ricoperto del sangue di mia madre, il pavimento attorno al letto erano piene di macchie rosse. Piansi.

Ero un ragazzo strano, dicevano.

Mi svegliai spaventatissimo e anche molto stanco e provato. Silenzio. Ancora assonnato misi un piede giù dal letto. Bagnato, rosso.

Ero un ragazzo strano. Ecco quello che dissero dopo che uccisi mia madre.

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