Negli anni '40, nel pieno della guerra, alcuni soldati tedeschi fecero irruzione in un monastero toscano. Dopo averlo razziato, disprezzando le suore (dato che erano dediti a culti oscuri) scelsero la più bella e la stuprarono.
La violenza durò tutta la notte e furono quasi in 10 a commetterla; tanta fu l'efferatezza che la donna rimase per sempre segnata dall'accaduto. Ma oltre alle ferite, quei soldati le lasciarono qualcos'altro: un bambino.
Quando nacque, sembrò portarsi dietro tutto il dolore del suo concepimento: la suora morì nel parto, e il bambino venne alla luce sfigurato e deforme.
Nonostante il carico di sofferenza che si portava dietro, le suore del monastero decisero di crescerlo e dargli un'educazione: non vi riuscirono mai.
Il bambino cresceva selvaggio, restio a eseguire qualsiasi compito e indossare vestiti, girava nudo per il monastero, e amava il gusto della carne già da prima di saper parlare.
Crescendo, cresceva anche la sua forza, che divenne presto superiore a quella che le suore potevano contenere. Diventava sempre più violento, e cominciava a scappare frequentemente.
La gente del paese cominciò a lamentarsi, perché durante le sue scorribande notturne il bambino si introduceva nelle stalle e negli ovili, facendo razzia di galline e cani. I contadini li trovavano morti, spolpati e dissanguati, e lo strano verso di quel bambino (simile al pianto lamentoso di una bestia) li svegliava la notte sempre più spesso. Fu quel pianto a dare il nome della leggenda, appunto, "bambino triste".
Le suore provarono a rinchiuderlo, ma non passò molto tempo che riuscì a fuggire.
Secondo la leggenda si nasconde ancora tra i boschi maremmani, e sono attribuiti a lui numerosi avvistamenti negli ultimi 40 anni.
In questo lasso di tempo, la sua rabbia e la sua violenza sono cresciute, come dimostrano le diverse nature dei suoi atti documentati: dai furti ai contadini nei primi anni dopo la sua fuga, al tentativo di avvicinare donne intorno agli anni '80, fino al più recente, il caso di una ragazza che si appartò su un colle con il suo fidanzato e, rimasta da sola in macchina per permettere a lui di orinare, sentì dei violenti colpi sopra al tettuccio, accompagnati dal classico lamento da bambino (o bestia) che piange: era il Triste che batteva violentemente la testa decapitata del fidanzato, ucciso in un impeto di gelosia.