-ੈ✩‧₊˚Capitolo 8

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ANDRÈJ

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ANDRÈJ.
"Le cose si rompono, a volte si aggiustano, e ci rendiamo conto che, per quanti danni possiamo subire, la vita ci ricompensa quasi sempre, spesso in modo meraviglioso."
Hanya Yanagihara, Una vita come tante.



Lo psicoanalista Sigmund Freud dichiara che lo svolgersi dei nostri sogni ha come obbiettivo quello di comunicarci i nostri desideri inconsci, fungendo da ponte di collegamento fra due mondi paralleli.
Realisticamente parlando, mi è difficile credere che i miei sentimenti si manifestano attraverso una sequenza di sogni ridicoli, specialmente se la conseguenza di essi è una confusione mentale intensificata.

Da bambino, ad esempio, sognavo spesso le fiamme che avvolgevano il mio corpo e guizzavano ferocemente per le stanze della mia dimora, incendiando i libri e le mantovane. Era una ripetizione di quello che accadde veramente, il giorno in cui le fiamme strapparono mio papà da questa Terra.
Sicuramente non covavo alcun desiderio che l'incendio avvenisse nuovamente, e la consequenzialità di questo incubo mi portava a starmene silenzioso tutto il giorno seguente, ripensando alla brutta notte trascorsa.

Mio papà possedeva due libri relativi a Freud: uno ne narrava le vicende storiche e biografiche, l'altro era un manuale di interpretazione dei sogni che raramente veniva spostato dalla sua pozione sugli scaffali lucidi della sua libreria. Mia mamma odiava Freud, per cui mio papà si rifiutava di leggere il contenuto dei suoi scritti—sembrerà patetico, questo gesto condizionato unicamente dell'opinione di una persona amata, ma papà si fidava ciecamente delle ideologie di sua moglie e la ascoltava volentieri polemizzare su un caleidoscopio preciso di autori.

A me non fa alcuna differenza, tutto ciò. Gli unici libri relativi alla psicoanalisi che ho mai letto in vita mia sono entrambi due volumi di Italo Svevo, e mi sono bastati per capire che quel sotto genere non mi appartiene o entusiasma parecchio.
Preferisco sognare senza dover intercettare nessun trauma psicologico all'interno del mio inconscio, soprattutto perché sono consapevole che avrei paura di scoprire a pieno questi dilemmi irrisolti.

Un sogno che mi è particolarmente rimasto impresso nel corpo come una ferita da arma da fuoco ripulita solo marginalmente è quello di un'avventura tra i mondi. Le scene si susseguivano rapidamente in una climax sensazionale di bellicosità e forti emozioni, per la quale mi ritrovavo a ripararmi dai gelidi venti artici in un istante e a scavare presso il territorio marziano in quello dopo. Ho serie difficoltà a concepire come questo sogno fantascientifico in particolare debba rappresentare un enigma interiore.
Forse serve unicamente allo scopo di farmi sperimentare la visione eroica dei classici, a compararmi con il pius Enea o la strabiliante maga Circe costretta all'ostracismo totale sulla rocciosa isola di Eea.

Eppure il concetto di eroismo non è mai stato un tema presso cui mi dimesticavo caparbiamente.
Non comprendo la maggior parte degli sport nonostante spesso provi a captare le informazioni necessarie attraverso documentazioni visive e scritte; la boxe mi è oramai penetrata nel midollo ed è l'unica eccezione alla regola. In classe preferisco non proferire parola—avrei una sfilza di cose da dire, ma le mie discussioni volerebbero al vento come rondini infastidite dagli schiamazzi umani. Ho pochi amici, la schiettezza non è il mio campo di riferimento e troppo spesso mi mordo la lingua per evitare che qualcuno possa essere sensibile alle mie parole.

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