-⋆.ೃ࿔*:・Capitolo 25

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MANUEL

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MANUEL.
"There's things I wanna say to you,
but I'll just let you live.
Like if you hold me without hurting me,
you'll be the first who ever did."
Lana Del Rey, Cinnamon Girl.


Sono passati cinque giorni da quando Noah è finito in ospedale, e ultimamente stiamo parlando al telefono più spesso. Ha molto di cui lamentarsi: dal fatto che suo fratello Juan continua a rifilargli minestre composte da più brodo che pasta, alle battute sardoniche su come Theo gli scrive ogni mattina con una scusa diversa, pur di distogliere l'attenzione dal fatto che si sta preoccupando per la salute di Noah: sia mentale che fisica.

Penso sia una situazione attuale e non si espanderà oltre i due mesi di fisioterapia che Noah deve attraversare, ma Theo gli starà accanto come una spina nel fianco. Non lo ammetterà mai, ma si è preoccupato che qualcosa di terribile potesse succedere.

Theo è sempre incline alla tragedia, al negativismo che dipinge i muri di grigio, e ho la netta sensazione che quella sera si fosse auto convinto che Noah sarebbe morto. L'ho visto nei suoi occhi, nella sua reazione. Da quanto non gli prendeva un attacco di panico in pubblico? Almeno un anno.

Le vacanze di natale sono iniziate in maniera decisamente spaventosa, e stavano proseguendo seguendo una linearità tranquilla. Ma ovviamente la monotonia viene spezzata sempre da qualcosa, e nel mio caso avrei preferito non trovarla sotto forma di tre biglietti aerei sul tavolo della cucina.

Li impugno stringendo la carta, sicuro che questa sia solo una delle tante copie stampate, e mi avvicino a mia mamma, impegnata a sistemare delle scartoffie burocratiche. «Che cosa sono questi?» glieli sventolo davanti al viso, offeso.

Lei lancia un'occhiata rapida verso i biglietti. «Fai la valigia, partiamo domani mattina.»
«Questo lo vedo,» digrigno i denti. Tra il non considerarmi durante l'infanzia e trattarmi come un'idiota adesso, non so quale delle due sorti preferisco. «Ma nessuno mi ha avvisato.»
«Partiamo ogni natale, Manuel,» mia mamma cerca di liquidarmi. «Togliti l'espressione da ebete e sistema i vestiti nelle valige.»

Courmayeur.
Un'ennesima meta scelta solo con l'interesse di incontrare gente d'affari e professare la loro notorietà, perché anche in vacanza ogni azione ricade sul ruolo che l'azienda riveste nella nostra famiglia. Ci siamo stati tre volte; l'ho odiato. La verità è che non sono una persona che riesce a sopportare il freddo, specialmente quando mi viene imposto di scivolare giù da una collina innevata con la consapevolezza che finirò con la faccia nel ghiaccio.

Per di più, sarò 791,9 chilometri lontano da Andrèj.
È una cazzo di tortura, non mi piace per niente.

Sforzandomi di calmarmi, cerco di avere una conversazione civile con mia mamma. È più facile con lei, per qualche motivo certe volte sembra anche disposta ad ascoltare al posto di impartire ordini indiscutibili. Mio papà considera solo le proprie ideologie, non si lascia abbindolare da nessuno.
Al contrario, mia mamma attende prima di declinare una proposta, e anche se spesso finge di ascoltarmi, avendo già un'idea concretizzata, almeno mi illude benevolmente.

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