I passi procedevano cauti, come in un lento e sinuoso ballo.
L'aria pesante trottolava nel vento e stringeva la gola in una presa ferrea, facendole mancare il fiato. Il cielo, buio e tempestoso, calava sulla nuca di tutti come un'ombra minacciosa. Il silenzio era assordante, gli occhi fissi sulla bara, sorretta dai funzionari incaricati del trasporto verso la tomba.
Selene non versò una lacrima. I suoi occhi erano spenti, inghiottiti da un odio puro e rabbioso, che teneva prigioniero il suo dispiacere. Non gli avrebbe permesso di vedere il suo dolore, nemmeno dopo la sua morte. Non lo meritava.
Se solo avesse voluto, avrebbe potuto essere l'uomo più buono e gentile tra tutti. Invece, si era lasciato trascinare da un'oscurità perversa che lo aveva trasformato in un mostro, un essere spietato e privo di cuore.
Quando trovarono il corpo, mangiato e sgozzato nella foresta accanto al fiume, non batté ciglio, non mosse un dito, non prese fiato. Non le provocò alcuna reazione, tranne che per i sensi di colpa. Selene provò un certo sollievo quando dissero che era morto. Le cicatrici che portava sarebbero rimaste solo un ricordo lontano, e le parole agghiaccianti e crudeli sarebbero rimaste confinate in un angolo buio della sua mente.
Continuò a seguire i funzionari, avanzando lentamente. La sua attenzione, nonostante il suo caldo desiderio di scappare, era rivolta al legno dorato della bara, che lo rinchiudeva. Il suo abito, di un bianco latte e con i ricami dorati, strisciava sulla neve umida, insinuandosi e facendo rabbrividire la pelle.
I diamanti di ghiaccio, che presero il posto dei suoi occhi, caddero sulla madre, Semyona, che silenziosamente le rivolse un'occhiata fugace, tirando su col naso. Sua madre era più brava nel fingere di provare dolore, o, forse, erano solo delle lacrime di gioia che vedeva macchiare la sua pelle pallida.
Semyona le prese la mano, stringendo le dita sottili nelle sue, cercando di darle conforto, ma Selene non ne aveva bisogno. Non lo voleva.
Le parole e i gesti erano superflui eppure era lei che voleva trovare un modo per rasserenare sua madre, per dirle che il mondo senza di lui sarebbe diventato un posto migliore, ma ogni parola che avrebbe permesso di uscire dalla sua bocca sarebbe stata inutile.
Tuttavia, si ostinò a stringerle solo la mano. Si scambiarono un flebile ma forte sorriso.
Poco dopo, giunsero al cimitero, dove ogni defunto aveva il proprio piccolo tempio e dove avrebbe trovato riposo murato al suo interno. La bara venne collocata nel luogo designato, e tutti si prepararono per ascoltare il Predicatore mentre iniziava la Preghiera.
Con voce calda e pacata, l'anziano parlò: «Gli Dei, con la loro grazia e saggezza, hanno benedetto Brice Diorshwa con un profondo sonno, un sonno che ci porta ad abbracciare l'eternità con il cuore carico di speranza e riflessione.»
Selene si sforzò di non storcere il naso. La voce del Predicatore sembrava una beffa, poiché sapeva che le "benedizioni" di suo padre erano state tutto fuorché un sonno tranquillo.
Le virtù, i valori e le gesta di Brice Diorshwa vennero annunciate dall'anziano come un testo imparato a memoria. E non c'era nulla di più falso in tali parole.
Brice non aveva nessuna di quelle qualità elencate, ma solo violenza. Era capace di spezzare i cuori di chi gli era vicino, senza un briciolo di rimorso.
Selene si sentiva prigioniera di quella verità maledetta, un segreto che doveva essere custodito gelosamente per proteggere l'immagine di suo padre agli occhi degli altri. Ma quella maschera di gentilezza e affetto che indossava in pubblico si sgretolava per lasciar spazio all'orrore della sua vera natura una volta entrato in casa.
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La Guerra degli Dei - La Prescelta
FantasyQuando la madre di Selene si ammalò, ella si dedicò con anima e corpo a prendersene cura, determinata a non permettere alla malattia di portarla via. Dopo la perdita del padre, Selene e sua madre si ritrovarono a vivere nella miseria, lottando per p...