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L'abito era finalmente finito.

Selene occupò tutte le ore del giorno e della notte a cucire e ricucire, dando gli ultimi ritocchi. L'argento nelle sue mani scintillava, in netto contrasto con le decorazioni dorate che era solita ricamare. Ma non si lamentò e non si soffermò su quell'aspetto.

Non le importava.

La mattina seguente, con tanta stanchezza ma anche un pizzico di soddisfazione, Selene si recò dal postino del villaggio. Non lo aveva mai visto prima, poiché era Fiona che si occupava delle spedizioni, ma ora che era sola doveva sbrigarsela da sola.

Egli aveva il suo studio affianco alla bottega signora Fiona, il quale era ancora chiuso. Ignorò la ragione e si avvicinò, guardando dallo spioncino per vedere se fosse dentro. Non poté vedere l'intera stanza, ma intravide la scrivania esattamente come l'aveva lasciata, con i soliti tessuti sparsi di qua e di là, le carte stropicciate e scarabocchiate disposte in modo disordinato e le pile di abiti appesi incompleti o completi.

La signora Fiona non aveva famiglia o amici, ma solo il suo lavoro, e a Selene sembrò strano che non fosse nemmeno lì.
Forse era malata.

Sospirò rumorosamente, allontanandosi dalla porta e continuando il suo cammino. Si strinse il mantello e soffiò sulle mani congelate. I suoi guanti si erano rotti e l'aria gelida passava attraverso i buchi. Adesso sapeva cosa provassero i senza tetto del villaggio, con solo una coperta a coprirli dal freddo pungente.

Arrivata davanti all'ufficio del postino del villaggio, si appoggiò sul bancone. Non poteva entrare all'interno, ma poteva parlare con lui solo tramite la finestra che usava per dare la merce o spedirla.

«Buongiorno?» alzò il tono di voce, allungando il collo per vedere se all'interno ci fosse qualcuno.

Udì i rumori di oggetti che cadevano e di passi affrettati prima di vedere sbucare fuori l'uomo anziano.

L'incredulità la fece allargare gli occhi stanchi. Era lo stesso uomo che le aveva portato i soldi di Damyan. L'anticipo che le aveva dato.

«Siete voi», mormorò senza voce.

La fronte dell'anziano si aggrottò. «Come, prego?» chiese, chiaramente confuso.

«Siete l'uomo che ha bussato alla mia porta un po' di tempo fa, e avete portato il denaro del signor Damyan Drancurthen».

L'anziano scosse la testa. «Mi dispiace, signorina, ma non so di cosa state parlando. Non conosco nessuno con quel nome e non sono io che faccio le consegne a domicilio, ma mio figlio, che ora non c'è più».

Cosa? Aveva ancora il biglietto di Damyan datole dall'uomo che aveva difronte, lo stesso che era venuto a bussare alla sua porta. Non era pazza, sapeva che ciò che i suoi occhi avevano visto era reale.

«Ma voi... eravate lì. Me lo ricordo», cercò di recuperare ogni dettaglio dell'incontro che sembrava svanire a poco a poco.

Egli si affacciò di più alla finestra. «Signorina, sinceramente non ricordo neppure il vostro viso, figuratevi se posso ricordarmi di un uomo che non esiste neanche sulle carte e di cui nessuno sa nulla» affermò, le rughe sulla sua fronte si evidenziarono. «Dovete avermi scambiato per qualcun altro».

«Com'è impossibile?» protestò. «Non posso aver frainteso tutto, ho le prove, ho la lettera, ho-».

«Le prove possono essere manipolate e i ricordi possono ingannare. Non ho tempo per ascoltare le vostre fantasie».

La risposta la colpì duramente. Sentì una lacrima scivolare lungo la sua guancia, ma la asciugò rapidamente.

«Mi dispiace», sussurrò. «Perdonatemi per avervi recato turbamento», si abbassò per prendere la borsa di stoffa. «Buona giornata».

La Guerra degli Dei - La Prescelta Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora