31

27 2 0
                                    

La voce rabbiosa di Damyan vibrò nell'aria mentre sentiva uno scossone che la fece ansimare agitata. Stringevano le sue braccia con fermezza. I suoi occhi erano colmi d'ira, e ogni tanto brillavano di una luce argentata.

«Cosa pensavi che stessi facendo? Te l'ho detto che non potevo ignorare la sua sofferenza».

Selene digrignò i denti quando i polpastrelli di Damyan affondare nella sua pelle.

«Sei solo una stupida. Quelli non scherzano. L'umana sapeva a cosa andava incontro venendo qui e doveva pagare per i suoi errori. Se scoprono che sei stata tu a liberarla, verranno a cercarti».

Alzò il palmo della mano, mostrandogli il marchio che le aveva segnato. «Tu mi proteggerai».
Damyan sospirò profondamente.

Un brivido gelido le attraversò. «Hai detto che hai dato loro degli ordini. Sei il loro Dio, Damyan».

«Non quando c'è di mezzo la rabbia. Sono creature istintive che non pensano prima di agire».

«Non importa, ormai la donna è stata liberata», sussurrò tra i denti.

«Non è stata la sola cazzata che hai fatto» ringhiò.

Capì immediatamente a cosa si riferisse: il suo tentativo di fuga.

Ingoiò un groppo in gola e lo guardò con aria di sfida, cercando miseramente di nascondere la paura che danzava nei suoi occhi.

«Avevo un'occasione e l'ho colta. Non puoi biasimarmi».

Damyan fece un suono roco e basso che la fece treamare, ma la sua presa sulla sua pelle si fece più leggera.

«No, in effetti non posso», mormorò. «Ma ora tu non puoi biasimare me se adesso non ti lascerò fare un singolo passo senza che ci sia qualcuno a sorvegliarti» disse con uno sguardo truce. 

«Dopo quello che hai fatto oggi, Max e Tender ti staranno alle calcagna».

«Non puoi farlo! Sono già sorvegliata ventiquattr'ore su ventiquattro», sbottò.

Il Dio sollevò un sopracciglio. «No, non lo eri. Te ne stavi solo rinchiusa nella tua camera, quindi non c'era bisogno. Però ora, non penso sia sicuro lasciarti sola neanche in quella stanza. Chissà cosa quella tua piccola testolina possa mai frullare per fuggire dalle mie grinfie», le accarezzò la cute, ma Selene si scostò.

Un bruciore la incendiò lo stomaco al suono delle sue parole e odiava le sue mani addosso. Si dimenò ferocemente e lo guardò in cagnesco.

«Mollami», abbaiò furiosa.

Era la milionesima volta che in quella giornata non la lasciava andare. Ma, stranamente, non dovette chiederlo un'altra volta, poiché le sue mani presto furono lontane e arretrò d'un passo.

«Cammina», disse, facendole segno di proseguire.

Anche se non andò per la direzione che le aveva indicato. Selene si mosse per andare verso la strada che aveva fatto la donna, provando un ultimo tentativo.

Quando fece un passo in avanti, Damyan si frappose tra lei e la via di fuga, guardandola con gli occhi assottigliati e, senza parlare ma con un semplice capo della testa, le indicò di tornare indietro.

Con uno sbuffo fece come le disse e gli lanciò un'occhiata furiosa prima di voltargli le spalle e proseguire sulla neve rossa, lasciando alle spalle l'ultima speranza, o almeno era quello che pensava.

Da lontano udirono ancora le urla dei due Demoni, Max e Tender, che man mano si stavano facendo più chiare. Si stavano avvicinando. Per fortuna non li incrociarono, poiché Damyan fece percorrere loro un'altra strada.

La Guerra degli Dei - La Prescelta Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora