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Le grandi querce, dai tronchi neri come il carbone, si alzavano al di sopra di un tappeto di neve rossa. Gli alberi sembravano piegati dalla sofferenza, con rami contorti e spogli. Da essi pendevano grumi di muschio nero come il carbone, formando strane appendici che sembravano occhi spalancati e maledetti. Il terreno era disseminato di resti di creature, ossa sbiancate e carcasse abbandonate che erano diventate parte integrante della foresta.

Era quello ciò che vedeva ritratto in uno dei tanti quadri appesi sui muri.

Quella notte, le ore passavano senza che riuscisse a dormire profondamente. Continuava a svegliarsi più e più volte, tormentata dal ricordo di quegli occhi verdi.

Così, il nero colorava ancora il cielo, decise di girovagare per il Palazzo, con un'unica intenzione: trovare una via di fuga.
Nella profondità dei bui corridoi lei camminava, ma di tanto in tanto, restava purtroppo affascinata e inchiodata ai meravigliosi quadri che il suo rapitore aveva dipinto.

Ma mentre osservava uno dei quadri, sentì una voce familiare nell'aria. «Finalmente, sei qui».

Si voltò e vide Damyan alla fine del corridoio.

Il suo cuore ebbe un sussulto e per un attimo credette che il suo sguardo ammiccante fosse puntato su di lei, ma dovette correggersi quando vide spuntare da dietro l'angolo una sinuosa cascata dorata.

Katrien.

«Mio dolce desiderio, non sai che più l'attesa è lunga, più l'eccitazione aumenta?» si avvicinò a lui sensualmente, posando una mano sul suo petto.

«Quando ti convoco devi farti trovare pronta per me sul mio letto», un ringhio roco uscì dalle sue labbra carnose. «E non intendo ripeterlo un'altra volta», una sua mano si conficcò sul suo braccio, strattonandola verso di sé.

A Katrien non sembrò dispiacere il gesto, poiché quel sorriso malizioso non fece altro che crescere. «Come siamo impazienti stanotte», commentò languidamente, disegnando cerci invisibili sul suo petto coperto dalla solita camicia.

Damyan, dal suo canto, non la rispose, ma continuò a guardarla inferocito. Il suo respiro era accelerato e le sue dita si conficcarono nella pelle di lei.

Selene si chiese come facesse a non provare dolore.

«E anche arrabbiato. Furioso direi», disse guardandolo attentamente. «Sei inquieto per via dell'umana. Di come l'ho trattata», asserì, non domandò.

I suoi occhi si spalancarono improvvisamente mentre era aggrappata all'angolo del muro, cercando rifugio nell'oscurità.

Damyan, invece, mantenne un silenzio rigido, senza pronunciare una sola parola, e Katrien interpretò il suo silenzio come un'accettazione.

«Ecco perché sei colmo d'ira», si allontanò.

«Puoi biasimarmi? La tua lingua lunga stava rischiando di essere tagliata», le liberò il braccio.

Katrien emise una risata amara. «Non è solo per questo, Damyan» scosse la testa. «È perché ho cercato l'imperfezione nella perfezione?» si prese gioco di lui.

Damyan inclinò leggermente il capo, congiungendo le mani dietro la schiena.

«Ti consiglio vivamente di concludere qui il discorso, prima che dica qualcosa che non dovrei dire», aggiunse, con un sorriso malizioso. «Anche se devo ammettere che mi diverte vedere quanto ti senta minacciata da lei».

«Credi davvero che mi senta minacciata da un insignificante mortale?» sputò con rabbia e disgusto.

«Non mi sorprenderebbe, considerando la tua disperata ricerca di attenzioni», concluse Damyan con una punta di sarcasmo. Katrien lo fulminò con lo sguardo. «Io non chiedo niente a nessuno, Damyan. Sono gli uomini che vengono da me», disse, aprendo le braccia. «E per quanto riguarda la tua amata umana, anche nel bene risiede l'oscurità, e nella maggior parte dei casi è ancora più oscura».

La Guerra degli Dei - La Prescelta Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora