La luce fioca dell'alba filtrava attraverso la nebbia, colorando Alacanthe con sfumature tenue di grigio e bianco.
Con passi veloci, Selene si incamminò verso la bottega della signora Fiona, desiderosa di abbandonare il freddo pungente all'esterno.
Varcò la soglia e si rese conto che era sola.
Non c'era traccia della signora Fiona né dei suoi consueti lavori da nessuna parte. Si sentì un po' smarrita, abituata com'era a trovarla lì, nella sua solita postazione e immersa nella creazione di capolavori tessili. Forse era impegnata altrove o aveva qualche commissione.Con un sospiro, decise di andare nella sua stanza.
Accese le candele, posò la valigetta sul tavolo e la aprì. Davanti a lei giacevano i tessuti neri e argentati, un tesoro delicato che racchiudeva le memorie di quell'incontro che ancora occupava i suoi pensieri e che non le avevano permesso di dormire correttamente quella notte.
Prese in mano ago e filo, e iniziò a lavorare.Mentre le sue dita seguivano il ritmo familiare delle cuciture, la sua mente si allontanò dalla realtà presente. Tornò a quel momento con Damyan, al calore dei suoi occhi. La sua presenza sembrava ancora avvolgerla.
Il tempo passava lentamente e, finalmente, udì il suono dei passi avvicinarsi. La porta della stanza si aprì e la signora Fiona entrò con passo deciso, il suo sguardo cadde su di lei senza troppo interesse.
«Ah, sei qui», disse con tono indifferente, come se la presenza di Selene fosse qualcosa di ovvio.
Ma c'era qualcosa nei suoi occhi, qualcosa di diverso... come un turbamento. Qualcosa difficile da capire senza che fosse lei stessa a spiegarmelo. Anche se non lo avrebbe mai fatto. Perciò, Selene ignorò le sue occhiaie e si alzò dalla sedia.
«Buongiorno, signora Fiona» mormorò, incrociando le mani dietro la schiena.
La signora Fiona ignorò il suo saluto e si avvicinò ai materiali, come se lei fosse poco più di un'ombra. La sua fronte si aggrottò e i suoi occhi si sbarrarono quando vide ciò che ricopriva il tavolo.
«Argento!» esclamò sbigottita. La sua schiena si raddrizzò e il suo volto incredulo si rivolse a Selene. «Perché hai dell'argento nella mia bottega?»
Selene ingoiò a fatica, sentendo il terrore ricoprire ogni centimetro del suo corpo.
«È-È il te-tessuto che mi ha da-dato il signor D-Druncarthen», rispose con una voce più bassa del solito. «Vuole che usi questo per il suo abito».Fiona sembrò ancora più irritata, se possibile. Le sue mani si posarono sui suoi fianchi mentre scrutandola indignata.
«Argento? Non hai considerato che anche solo toccarlo è un oltraggio agli Dei?»
Selene si morse il labbro.
«M-Mi dispiace, signora Fiona. M-Ma il signor Druncarthen-» fu interrotta.
«Sei sempre così ingenua, Selene. Questo è la mia bottega e qui si lavora seguendo le mie regole e tradizioni ben precise. Non c'è spazio per le tue stravaganze o per quelle del signor Druncarthen» scosse la testa con un cenno deciso. «Se gli abitanti, o peggio, i Guardiani venissero a sapere che lavoriamo dell'argento, ci impiccherebbero per aver violato l'onore agli Dei del Maleila».
Selene abbassò lo sguardo sui tessuti che aveva tra le mani. Era difficile confrontarsi con la sua intransigenza e sentirsi costantemente schiacciata dalla sua autorità.
La signora Fiona si fermò e si alzò in piedi, guardando Selene con occhi severi. «Basta così», disse bruscamente. «Esci dalla mia bottega!»
Selene alzò lo sguardo sorpresa, chiedendosi cosa avesse fatto di sbagliato. «Cosa? N-Non è colpa mia se il signor Deuncarthen mi ha dato dell'argento!» balbettò, cercando di difendersi.
STAI LEGGENDO
La Guerra degli Dei - La Prescelta
FantasyQuando la madre di Selene si ammalò, ella si dedicò con anima e corpo a prendersene cura, determinata a non permettere alla malattia di portarla via. Dopo la perdita del padre, Selene e sua madre si ritrovarono a vivere nella miseria, lottando per p...