Acquazzone.
I capelli scuri, lunghi e mossi, sono legati disordinatamente con un elastico bianco, contrastante con quel color pece evidente della sua chioma. Due ciuffi, più corti, fuoriescono dall'acconciatura, cadendo sul viso magro e rilassato di quel lontano giorno d'estate, mentre gli occhi verdi scrutano il quaderno appoggiato alle gambe fasciate dai jeans lunghi e larghi. La mano si muove leggera sul foglio, scarabocchiando su di esso uno schizzo del panorama che si trova davanti alle sue iridi. Tiene il labbro inferiore stretto tra i denti, isolandosi da tutto ciò che la circonda, e si lascia trasportare dalla musica riprodotta dalle sue amate e immancabili cuffie. Compagne di vita e di viaggi.
Una leggera brezza soffia sul suo volto, costringendola a socchiudere gli occhi per potersi beare di quel tocco leggero e dolce che smuove dei ricordi nella sua mente. Qualche raggio di sole illumina il suo corpo, appoggiato ad una delle poche panchine vuote di quel parco. Per lei, però, non si tratta di una panchina qualsiasi, la prima che ha trovato libera e su cui distrattamente si è seduta. Quelle assi di legno significano tanto per la corvina, custodiscono ricordi indelebili. Quando chiude gli occhi e respira quell'aria piena di risate e grida dei bambini riesce a vedersi: lei che corre fuori da scuola, con quel sorrisone enorme sul viso e lo zaino più grande del suo corpicino minuto sulle spalle, alla ricerca del suo amato nonno. E lui che puntualmente l'aspettava nel solito posto, al primo gradino e con le braccia nascoste dietro la schiena. Ridacchia al pensiero di come si aggrappava al suo corpo e si addolcisce quando percepisce ancora le sue braccia forzute attorno a sé, con quella barba fastidiosa che le solleticava le guance e che puntualmente criticava. Le portava sempre un fiore, che lei non vedeva l'ora di aggiungere a quel vaso, che all'epoca le sembrava gigantesco, sul tavolo della sala, ma prima di tornare a casa dalla nonna Cristina dovevano correre a comprare un bel gelato fresco e poi dritti al parco giochi. Lei raggiungeva i suoi amichetti, che già la aspettavano sullo scivolo, e lui si sedeva proprio sulla panchina in cui la corvina sta disegnando per poterla osservare al meglio.
Come spesso accade, però, le emozioni prendono il sopravvento sulla sua parte razionale. Un nodo si stringe rapidamente in gola, come se avesse indossato una cravatta troppo stretta e non riuscisse a slegarla, e quegli occhi verdi diventano due pozze d'acqua profonde, pronte a straripare. Il cuore batte forte all'interno della gabbia che lo racchiude, come se volesse romperla e fuggire a gambe levate, come se questo servisse a stare meglio. Posa rapidamente la mano su di esso, credendo ingenuamente che tale gesto possa migliorare la situazione.
E poi accade tutto troppo velocemente agli occhi della ragazza. Sembra che il cielo si sia intristito nel vederla in quelle condizioni, ritrovandosi a piangere grandi lacrime insieme a lei. I suoi occhi verdi saettano su quelle nuvole scure che decorano il cielo, ritrovandosi il viso bagnato dalle sue lacrime e dalla pioggia. Recupera rapidamente i suoi effetti personali, riponendoli in modo confusionario all'interno dello zaino nero, per correre alla ricerca di un luogo in cui ripararsi.
Un ragazzo, poco distante da lei, cammina con il cappuccio della felpa oversize sulla testa, che copre in parte i suoi capelli biondi e corti, e una sigaretta spenta tra le labbra, non curandosi del fatto che sarebbe ritornato a casa completamente zuppo. Quella figura frenetica cattura proprio il suo sguardo, facendolo ridacchiare tra sé e sé per il modo buffo che assume mentre cerca di recuperare le sue cose.
Corre via da quella panchina con lo zaino su una spalla, senza rendersi conto che il suo amato quadernino è scivolato via dalla tasca. Il biondo si affretta, così, a recuperarlo, nascondendolo sotto la sua felpa per cercare di proteggerlo dall'acqua incessante, e la raggiunge sotto la tettoia in legno del chiosco. Le sfiora, imbarazzato, il braccio destro, perdendosi in quelle iridi chiare quando i loro sguardi si scontrano e si catturano. Entrambi si osservano in silenzio, per brevi attimi, mentre una scossa percorre i loro corpi.
"Ti è caduto questo.". Pronuncia lui, porgendole il quaderno con un sorriso buono. Lei sgrana gli occhi e la bocca, felice come una bambina, mentre le loro mani si sfiorano per permettere quel passaggio di testimone. Lo porta al petto, prima di stringere il ragazzo tra le sue braccia per ringraziarlo. Quell'insieme di fogli significa tanto per lei.
Le guance si tingono di rosso non appena si rende conto di essersi fatta prendere dall'entusiasmo e, allontanandosi rapidamente di qualche passo, gli chiede scusa, mortificata. Lui non riesce a trattenere una risata, trovandola teneramente singolare e curiosa, ma prova a tranquillizzarla.
Rimangono così a chiacchierare, seduti ad un tavolino e protetti da quella tettoia, sotto un acquazzone che sarebbe terminato da lì a poco e che avrebbe riportato il sole. Da quel giorno non si sono più persi di vista.
Questa è la storia di Ludovica e Pietro.
S P A Z I O A U T R I C E
Ho finalmente preso coraggio decidendo di pubblicare una nuova storia in un periodo non troppo felice e facile della mia vita, con la consapevolezza che potrei non portarla mai a termine. L'uscita di Nero mascara, che sto ascoltando molto spesso in questi giorni, mi ha portato alla decisione di pubblicare il capitolo zero di questa storia. Non so in quanti la leggeranno, ma spero mi possa far sentire meglio.
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ACQUAZZONE | Fares [bnkr44]
FanfictionTreccani descrive l'acquazzone come una pioggia breve e impetuosa. Insomma, un qualcosa di odioso che può cambiare la tua giornata in un attimo. Ma dopo la tempesta nasce sempre il sole. Si dice così no?