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Sei la mia sorellina.

Stesa sul pavimento della sua sala, con la schiena appoggiata alla parete fredda e il viso ancora bagnato dalle sue stesse lacrime, Ludovica aveva chiamato Andrea. Le sue dita tremolanti avevano cercato il cellulare, nascosto nella tasca dei pantaloncini che indossa, e aveva scorso tra i contatti, fino a trovare quello del corvino. Non aveva esitato ad avviare quella chiamata, con la voce rotta dal dolore e il respiro affannoso. E lui aveva capito che qualcosa non andasse ancora prima di sentirla, quella voce spezzata. Il modo in cui aveva indugiato a parlare l'aveva immediatamente allarmato.

Andrea aveva imparato, in quegli anni, a capirla, Ludovica. Sapeva di non riuscirci bene quanto Pietro, perché a lui bastava far cadere il suo sguardo in quegli occhi verdi per un solo secondo per catturare il suo stato d'animo. Ma aveva imparato a leggere tra le righe dei suoi modi di fare, osservandola con attenzione. E lei gliel'aveva permesso. Si era lasciata studiare da quegli occhi scuri, tra una provocazione e una battuta, vedendo in quelle iridi del buono e trovando, col tempo, in lui un amico e un confidente.

Ludovica, per Andrea, è come una sorella. Andrea, per Ludovica, è come un fratello. Due persone completamente differenti, caratterialmente, a primo impatto. Lui menefreghista e prepotente. Lei ingenua e introversa. Ma bastava conoscerli davvero per rendersi conto di quanto simili siano quei due. Due anime sincere e pure, con l'interesse a rendere felici le persone a loro vicine e care.

Per questo quando Andrea ha ricevuto quella chiamata da parte della corvina, in cui lo pregava di raggiungerla a casa sua, non ci ha pensato due volte prima di abbandonare il bunker e percorrere a grande velocità la strada che lo conduce fino alla sua via. Non ha avuto tempo di dare spiegazioni a Duccio e Dario, presenti in studio da quella tarda mattinata. Ha biasciato delle scuse, con i ragazzi, confessando loro che si trattava di un'emergenza. Si erano guardati confusi e preoccupati, vedendolo andare via con così tanta fretta, ma la loro risposta si sarebbe presentata a quella porta da lì a poco.

Ci aveva messo esattamente 20 minuti, Andrea. Dieci in meno rispetto a quelli che ci si impiega rispettando le regole stradali. Quelle che lui aveva bellamente ignorato, pur di arrivare il prima possibile in suo soccorso. Si era recato di corsa, al pianerottolo del suo appartamento, trovando il portone aperto. Così come aveva trovato la porta d'ingresso della corvina spalancata. Quando l'ha vista accasciata a terra, il cuore gli è salito in gola. Tutte le teorie più orribili hanno raggiunto il suo cervello, scavalcando la calma che si era imposto di avere quando ha scorto la porta aperta.

Quando le iridi verdi di Ludovica hanno incontrato quelle marroni di lui, Andrea ha preso un respiro profondo. Ha letto in quegli occhi sofferenza, dolore, paura. Un miscuglio di sensazioni negative, che lei stessa ha provocato. Così si è seduto al suo fianco, appoggiando la schiena alla stessa parete a cui aderisce quella della corvina e l'ha stretta tra le sue braccia.

Deve essere calmo e razionale, per lei. È questo che si ripete, mentre passa una mano tra quei capelli ondulati e ancora leggermente inumiditi. Li porta dietro all'orecchio, potendo contemplare quel viso devastato.

"Cos'è successo, nana?". Le domanda dolcemente. Sente la sua voce incrinarsi, alla vista di quegli occhi stracolmi di lacrime che inondano ancora le sue guance arrossate. Lo stomaco di lui si stringe, ma tiene a freno le sue emozioni. Duccio gliel'aveva detto, a Capodanno, che mostrarsi vulnerabile, nel momento in cui Ludovica ha bisogno di un supporto solido, non l'avrebbe aiutata a calmarsi. E lo segue, il consiglio dell'amico. Perché Andrea sa che il rosso, in quelle cose, è sempre stato migliore di lui.

"Ho fatto un casino, Andre. Un terribile e irreparabile casino.". Ammette, accasciandosi con il capo su quella spalla amichevole e confortevole. E lui capisce che la situazione è peggiore di qualsiasi scenario si sia potuto immaginare in quei minuti.

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