𝒕𝒆𝒔𝒕𝒂

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⋆.˚✮ જ⁀➴ ✮˚.⋆

Dopo essere stata travolta da una forza misteriosa e aver perso conoscenza, lentamente ritorno in me. Sento il peso che mi schiaccia diminuire gradualmente, ma il dolore persiste, pulsante e intenso nella mia nuca. Con un gemito soffocato, cerco di alzarmi, ma le mie membra sembrano pesanti come il piombo. Riesco a spalancare gli occhi e a mia sorpresa mi rendo conto di trovarmi in un luogo oscuro e polveroso, su una poltrona slivellata che non fa altro che aumentare i miei malori muscolari. Il fischio ovattato che ha attutito i rumori esterni è scomparso, sostituito da un silenzio inquietante. Mi sforzo di focalizzare lo sguardo, cercando di comprendere cosa mi sia successo e dove mi trovi. Piano piano, i miei sensi cominciano a riaccendersi. Percepisco un leggero movimento intorno a me e il suono di respiri pesanti e irregolari. I miei occhi si adattano gradualmente alla luce, rivelando la forma umana di qualcuno.

Con un brivido di riconoscimento, mi rendo conto che la figura che mi aveva travolta nel bosco probabilmente era lui. La confusione e la sorpresa mi assalgono mentre cerco di elaborare cosa ciò possa significare. Il volto dell'uomo è ora illuminato dalla luce fioca che filtra da una finestra crepata, mi osserva con uno sguardo impenetrabile. La tensione nel luogo è palpabile mentre lotto per capire le intenzioni di lui. È un alleato o un nemico? Mi ha travolta per un motivo ben preciso o è stato un incidente? Le domande si affollano nella mia mente provocandomi ancora più dolore, mentre lotto per rialzarmi; il dolore sta diventando sempre più insopportabile. Con un'espressione indecifrabile, l'uomo si avvicina leggermente verso di me per scrutarmi. Mi sento divisa tra la diffidenza e il bisogno di comprendere ciò che sta accadendo. Alla fine, decido di stare in difesa rimanendo vigile, pronta a difendermi in caso di necessità. Fisso l'uomo negli occhi, cercando di leggere le sue intenzioni. Ma la mia mente è ancora offuscata dal dolore e dalla confusione. Cosa vuole da me?

"Cosa vuoi da me?" chiesi fredda e rigida, con una voce decisa e salda.

"Io niente." rispose beffardo, aggiungendo un sogghigno fra una parola e l'altra. "Perché mi hai portata qui?"

"Perché si da il caso tu mi abbia travolto, e si da il caso che quello che si è fatto male non sono io ma tu." il filo era logico, effettivamente avevo preso una bella botta. "Perché mi hai aiutata?"

"E tu perché stavi correndo verso la prigione? Sei dell'esercito del governatore?" nominò la parola "esercito", la quale si mi era limpida, un tempo facevo parte di un esercito per così dire, ma non sapevo cosa c'entrasse nel contesto sottostante.

"Ma di che parli?" chiesi sgarbata, pensavo mi stesse prendendo in giro. Mi puntò la sua personalissima balestra addosso, senza alcun tipo di sentimento, senza lasciar trasparire nessun dispiacere. "Ci metto due secondi a trafiggerti, lo sai vero?"

"Morire è l'ultima cosa che mi preoccupa uomo freccia" dissi strizzata ma lui non sembrò cambiare posizione o espressione.

"Fallo" gli imposi, probabilmente ad uccidermi mi avrebbe fatto solamente un favore.

"Quindi eri col governatore?" insistè

"Non so di cosa tu stia parlando" risposi nuovamente, continuava a parlare di cose che conosceva solo lui. probabilmente era pazzo, pensai fra me e me.

Abbassò la balestra roboticamente, chinando la testa seguendo il movimento dell'arma.

"Hai battuto la testa, ti ho portata qui, e qua finisce la nostra conoscenza ora che ti sei svegliata" ero felice non volesse avere niente a che fare con me, non volevo persone che mi stessero appresso, che mi rallentassero o che mi dessero un motivo per morire.

Si voltò per dirigersi verso la porta d'uscita della capanna nella quale ci trovavamo.

"Tu stai bene?" chiesi.
Cazzo che stupida, ma cosa mi importava a me di lui?, l'educazione che mi aveva dato mia madre era ancora in me, fantastico.

Si fermò e ci mise qualche attimo a girarsi, lo fece lentamente forse alla ricerca di una risposta da darmi, mi guardò dritto negli occhi si rigirò di scatto e se ne andò.

Maleducato.

Ancora intontita dal dolore e dalla confusione, passai il giorno seguente nella capanna, cercando di riprendermi.

Mi lasciai cadere sul vecchio materasso sporco, cercando di ignorare il pulsare costante del dolore nella mia nuca. Con mano tremante, passai le dita attraverso i capelli aggrovigliati, sentendo la pelle sensibile sotto le mie dita. Quel dolore era un costante ricordo della violenza, eppure anche della mia sopravvivenza.

La capanna era un rifugio rudimentale, ma era l'unico che avevo in quel momento. Poco alla volta, iniziai a sentirmi più forte. Mi alzai lentamente dal letto, determinata a recuperare le mie forze e a tornare alla mia vita errante. Mi avvicinai al mio arco e alle mie frecce, che giacevano intatte e in attesa di essere impugnate. Le raccolsi con un senso di gratitudine, riconoscendo la loro importanza nella mia lotta per la sopravvivenza. Mi resi conto che le mie provviste non erano diminuite, anzi se ne erano aggiunte altre; quell'uomo non ne aveva toccata nemmeno una.

che cosa strana, pensai, quell'uomo aveva aggiunto del cibo e qualche freccia fatta a mano alla mia collezione, gentile da parte sua, eppure prima a me sembrò maleducato.

Uscii dalla capanna ancora in pieno giorno, a guardare il sole sembrano le 12. Mi incamminai nuovamente alla ricerca di qualcosa, per la prima volta dopo tanto sentivo di avere un obbiettivo anche se non avevo ben chiaro quale.

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