𝒂𝒇𝒇𝒆𝒛𝒊𝒐𝒏𝒂𝒕𝒂 𝒆 𝒑𝒐𝒊 𝒂𝒃𝒃𝒂𝒏𝒅𝒐𝒏𝒂𝒕𝒂

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Mi svegliai sul divano, con le gambe intorpidite, ricordavo benissimo quello che era successo la sera prima, quindi facendo due più due capii che Daryl si era svegliato prima di me, e mi aveva spostata per dormire meglio. Non sapevo bene come affrontare Daryl, come spiegargli l'accaduto, ancora dovevo capire cosa fare. Mi alzai con la faccia sfatta e i capelli pieni di nodi, non potevo nemmeno pettinarli.

Non vedevo Daryl da nessuna parte, pensai fosse uscito ma notai che il suo zaino, la sua arma e tutte le sue cose erano sparite. Mi prese una fitta al cuore, se ne era andato? guardai la porta della capanna dato che il mio pensiero fu quello che mi avesse abbandonata. Sulla porta in legno c'era scritto "grazie". Mi aveva abbandonata, ed io invece mi ero affezionata. Come sempre, come ogni volta, come chiunque aiutassi, dopo poco mi abbandonava. Presi le mie cose nel minor tempo possibile, volevo uscire da quello schifo, volevo dimenticarmi di lui e di ciò che stavo soffrendo. Uscì dalla capanna e la bruciai, la cosparsi della benzina che era ancora presente nel tosaerba dietro la capanna e le diedi fuoco, mi fermai a guardare bruciare la capanna, e con essa i ricordi che avevo con daryl, che per quanto freddi, mi riempivano il cuore, me ne andai il più lontano possibile. Feci il dito medio con il dito, che più che essere riferito alla capanna, era riferito all'arciere.

Odiavo quel lato di me, quella parte di me che si affezionava sempre a tutti in un tempo da record, cosa avevo di sbagliato?

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Arrivata in città mi fermai per prendere delle provviste, il tragitto non fu proprio tranquillo, uccisi diversi zombie e ad un tratto di strada sentii il motore di una macchina, mi nascosi il prima possibile dentro un tabacchino. La macchina si fermò proprio davanti ad esso, ma non sembravano interessati ad entrarci.
Dalla macchina scesero un ragazzo e una ragazza, probabilmente fratello e sorella o magari una coppia, chissà. Rimasi alla finestra del negozio per scrutarli da lontano, quando nel retro della macchina un visino dolce di un ragazzino incrociò i miei occhi ed iniziò ad urlare "MAMMAAA MAMMAAA, PAPAA" Molti zombie lo sentirono, non potevo lasciarlo lì. Uscii dal tabacchino per ucciderne alcuni finché non arrivarono i suoi genitori, che mi dissero di allontanarmi. "allontanati o ti uccido" disse un uomo sui 40 anni pelato, aveva una faccia rotonda, non sembrava una cattiva persona. La donna invece probabilmente era più giovane, era alta con dei capelli medio lunghi neri, mentre combatteva notai il suo nasino perfetto, aveva dei lineamenti dolcissimi. La coppia era in difficoltà e si vedeva, erano due e gli zombie si stavano moltiplicando "Non voglio farvi del male, nemmeno rubare le vostre cose, voglio darvi una mano", non mi risposero, forse troppo impegnati a combattere, presi comunque il loro silenzio come uno dì affermazione e mi avvicinai a loro, aiutandoli a non farsi mangiare. Uno zombie stava per mordere da dietro la donna, suo marito era impegnato a combatterne tre, quindi dovevo fare qualcosa.
Mi avvicinai alla donna e con uno strattone la feci cadere a terra, lo zombie inciampò sopra di lei e cadde dandomi il tempo di colpirlo alla nuca. Aiutai a rialzare la donna che mi fece un cenno di ringraziamento, dopo poco, gli zombie finirono

"Grazie, scusaci che abbiamo reagito in quel modo, ma penso tu sappia che in questo mondo non ci si può fidare di nessuno" mi disse la donna, mentre il padre apriva la portiera della macchina per rassicurare il ragazzino.
"Dove siete diretti?"
"A Terminus, abbiamo visto un cartello sulla ferrovia che diceva fosse un posto sicuro per tutti" Non mi aspettavo quella risposta, ma non mi dispiacque, non volevo chiedergli di andare con loro ma il posto mi incuriosì. "Vuoi venire con noi?"

La domanda mi spiazzò, esistevano ancora persone per bene in questo mondo. Ero riluttante, volevo accettare ma qualcosa in me mi consigliava di non farlo, sarebbe successo come con Daryl, affezionata e abbandonata.
"No grazie, gentilissimi" risposi. La donna mi sorrise e mi salutò.
"Vi auguro il meglio" dissi, all'ultimo momento quando ormai la famiglia era in macchina pronta a partire. Il ragazzino mi guardò e rispose "Anche a te" con una voce che riempi la mia anima di gioia. La famiglia fece partire la macchina e se ne andò.

Adesso ero di nuovo da sola, ma quanto meno mi ero dimenticata un po' di Daryl, ripresi la mia ricerca di provviste, entrai in diversi negozi, e a parte zombie non venni disturbata da niente. Era pomeriggio, circa, decisi di iniziare ad incamminarmi verso la ferrovia, per vedere questo famigerato cartellone riguardante Terminus. Dopo forse 40 minuti finii sulla strada ferroviaria, ma nessun cartello. Decisi comunque di continuare a seguirla fino a che non iniziò a farsi tardi. Mi imboscai leggermente, abbastanza da vedere le rotaie ma non abbastanza vicina da poter essere vista dalle rotaie, mi arrampicai su un'albero, mi assicurai di scegliere il più folto, e legai il mio zaino e il mio arco ad esso con un fil di ferro, presi una lattina e ne mangiai il contenuto, erano fagioli in scatola, squisiti proprio. Finii di mangiare e presi un sorso d'acqua, mi legai all'albero per non cadere durante la notte, e presi una felpa come coperta.

Non riuscivo a prendere sonno, guardavo il cielo limpido, ormai le stelle si vedevano definite, non c'era più l'inquinamento luminoso di quando il mondo ancora esisteva.

Pensavo a cosa avevo prima, al campo, an Anthony, era il ragazzo di mia sorella Eloise ed avevano un bambino, avevamo un rapporto bellissimo. Avevo due sorelle, Elene la più piccola, aveva quattro anni quando iniziò tutto questo, e Eloise, eravamo uguali praticamente gemelle, lei però aveva quattro anni in più di me, quando iniziò tutto questo aveva 25 anni. Era una giovane mamma, ed io una giovane zia, suo figlio si chiamava Caden, mio nipote era un ragazzo vivace. Chissà come stavano. Vivevamo in Francia, mio padre era di là. Lo odiavo, non so nemmeno perché stavo pensando a lui. Eloise se ne era andata da casa appena compiuti i 18, ed io cercai un modo per farlo prima. Elene era trattata bene dai miei genitori, era la più piccola quindi non le dicevano mai niente, mio padre non le alzava le mani, e aveva le razioni di cibo più grandi. Certo però si rendeva conto che in famiglia non si stava bene, non avevamo soldi nemmeno per arrivare a fine mese, e mio padre obbligava me e Eloise a fare cose che nessun umano farebbe fare alla propria figlia, solo per guadagnare un po' di denaro, che successivamente sarebbe stato buttato in alcol.
Scacciai quei pensieri e mi misi a contare le stelle, per distrarmi. Mi mancavano le mie sorelle e anche i miei amici del campo d'addestramento. Ero sicura che quel posto fosse incontaminato, era letteralmente una città con un'economia propria nascosta all'umanità, fortificata e, per giunta, ripiena dei più forti soggetti militari del mondo. Ero sicura che quel posto, casa mia, fosse ancora accessibile. Solo che non sapevo come arrivarci.

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