Cap. 51 ~ Ti odio

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Era trascorso più di un anno intero e ancora di Chat Noir non c'erano notizie, ma altrettanto non si poteva dichiarare per Agreste che sebbene i tempi con il supereroe coincidessero, il riccone era divenuto ancora più sbruffone di quando aveva lasciato Parigi.

Come lo sapevo? Lasciatemi spiegare. Durante il mio trasloco, mi imbattei in dei pop-up su internet con sue foto a torso nudo sue, sparse su ogni sito. Immaginai che dopo la morte di entrambi i genitori il suo desiderio fosse quello di continuare a portare avanti l'azienda di famiglia; costruendo mattoncino dopo mattoncino il desiderio tanto ambito dal padre, ossia l'ambizione per far diventare il figlio un'icona della moda, nonché un modello di fama mondiale.

Ogni giorno l'altezzoso sfoggiava abiti firmati e sorrisi affascinanti di fronte alle telecamere. Ma dietro quella facciata di perfezione ero certa che si celava solo un insulso uomo vuoto, tormentato dai fantasmi del passato e dalla solitudine del presente. Anche se di solitudine da soffrirne ne avesse ben poca, poiché si vociferava molto riguardo al vasto numero di amanti che teneva a carico. Per di più, con una selettività estrema nella scelta delle donne. Preferiva ragazze più giovani, basse, magre e prive di muscoli, caratteristiche riscontrabili nelle foto scattate dai paparazzi; anche se altrettanto non si poteva dire della pelle, infatti ogni donna mostrava un incarnato, occhi e capelli differenti. Almeno una caratteristica positiva l'aveva mantenuta, non era razzista. In ogni caso in quell'anno a venire si era guadagnato il titolo di vero playboy.

Tutto ciò non faceva altro che alimentare il mio risentimento; che non era minimamente mutato da quando aveva abbandonato la Francia. Non potevo fare a meno di provare un profondo ribrezzo, e credere che sino a poco tempo fa lo amavo, oddio che schifo mi saliva il voltastomaco al solo pensiero. La sua arroganza e la sua superficialità mi disgustavano, ogni qual volta che sentissi pronunciato il suo nome in pubblico.

Per me, invece, la situazione era diametralmente opposta. Dopo la storia con Luka, avevo giurato a me stessa di non fidarmi più di nessun uomo, fatta eccezione per mio padre.

Il mio aspetto non aveva poi subito chissà quali cambiamenti. I miei capelli erano diventati più lunghi, la frangetta non era più laterale ma si presentava con qualche ciuffo al centro, e fisicamente ero solo leggermente più cresciuta, mantenendo le mie abitudini e il mio stile inalterati rispetto a prima della partenza del malavvezzo. Il mio colore preferito rimaneva il rosa, e il mio amore per la moda era più forte che mai. Anche se in tali circostanze mi vergognavo persino delle mie passioni.

Ricordate la domanda che avevo posto per entrare come stilista? Beh mi era stata accettata, ma al suo posto ho preferito rifiutare quella, per entrare nella boutique di Style Queen, nientemeno che della madre di Chloe. Anche se sinceramente avrei dovuto accogliere la mia prima offerta e scartare la proposta di Audrey. Il mio lavoro presso lei mi veniva pagato una miseria, costringendomi a proseguirne atri due per ricevere una paga adeguata affinché non venissi considerata una barbona.
Però dovevo rimanere speranzosa, poiché all'inaugurazione del grande evento mancavano appena tre mesi e l'ansia nel team era letteralmente alle stelle. Mi era persino capitato di essermi cucita la mano all'interno di un'abito colta dalla stanchezza.

Risiedevo in un minuscolo appartamento, che consideravo il mio rifugio accogliente, seppur molto modesto. Le dimensioni ridotte rendevano la pulizia veloce e agevole, inoltre di solitudine non potevo patirne, visti i pochi metri quadrati. Ma la realtà era dura: le spese erano ingenti e i miei lavori spesso non mi bastavano nemmeno per arrivare a fine mese. In più niente mi andava per il verso giusto, i miei mi avevano regalato una macchina per il mio compleanno; certo era appena una smart, ma mi sarebbe bastata. Se non fosse che la durata vitale di quell'auto fu appena di qualche mese perché un ladro me la rubò dopo che mi scordai le chiavi all'interno. Insomma stavo seriamente imparando il vero significato della parola sacrificio, a differenza di quel presuntuoso e superbo Agreste, soprannome con cui lo apostrofavo ogni volta che il suo nome usciva allo scoperto. E ogni giorno, il mio odio verso di lui cresceva, alimentato dalla sua presunzione e dalla sua indifferenza nei confronti di chiunque non fosse lui stesso. Era diventato il simbolo di tutto ciò che detestavo, e non avrei mai perdonato AA per avermi trattata in quel modo.

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