Cap. 48 ~ Addio

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Marinette pov:

Il giorno successivo, come da promessa, decisi di andare a trovare Adrien. Indossai la mia giacca migliore, mi spazzolai i capelli e mi avventurai per le strade di Parigi con il cuore pesante ma determinato. Arrivata davanti alla sua porta, bussai due volte, sentendo il suono dell'eco lungo il corridoio vuoto. Varcai la soglia della sua stanza, e quello che vidi mi frammentò l'anima.

Adrien giaceva sul letto, circondato da bende e garze, insieme ai lividi scuri che si stagliavano sulla sua pelle pallida come macchie di inchiostro su un foglio bianco. Il suo viso era contratto dal dolore, eppure cercò di nascondere la sua sofferenza quando mi vide. Quel espressione fragile mi arrivò dritta al petto e mi avvicinai a lui colma di compassione.

Ma le parole che uscirono dalla sua bocca non furono quelle che mi aspettavo. Erano pesanti, taglienti, che mi trapassarono come pugnali affilati. Mi trovai a lottare contro i singhiozzi che si facevano più forti mentre tentavo di spiegargli che forse mi aveva frainteso, ma lui si faceva sordo. La sua determinazione nel minacciare di rovinarmi la vita, mi lasciò senza fiato.

Quando abbandonai la stanza, le lacrime rigavano il mio viso, offuscando la mia vista mentre mi allontanavo. Sentivo il peso del suo giudizio addosso, un peso che mi schiacciava, rendendo difficile anche il semplice atto di respirare. Arrivata a casa, mi chiusi nella mia stanza, non permettendo a nessuno di entrare, neanche ai miei genitori. Il mondo intero mi stava crollando addosso.

Negai l'evidenza di ciò che era accaduto. Non poteva essere vero. Non poteva essere Adrien a rivolgersi a me in quel modo così crudele. Eppure, ogni volta che chiudevo gli occhi, rivedevo il suo viso austero e le sue parole che mi perforavano l'anima.

Il giorno seguente, la rabbia prese il sopravvento. Mi sentivo tradita, ingiustamente accusata, e odiavo Adrien per quello che mi stava facendo passare. Mi rifugiai nel cibo, divorando quantità eccessive di gelato e dolci, cercando conforto in qualcosa di tangibile, di concreto.

Ma la mia rabbia si trasformò presto in colpa. Mi rendevo conto che non avevo il diritto di odiarlo, di pensare male di lui. Ricordai Luka, e la storia con lui che non ebbi il coraggio di citare ad Adrien. Ero stata io a nascondere la verità, a tenere segreti i miei sentimenti. E ora pagavo il prezzo di quella menzogna.

La mia fase successiva fu quella della depressione. Mi ritrovai a trascorrere intere giornate nel letto, il frigo diventato il mio unico conforto, il computer la mia unica compagnia. Rivedevo le nostre foto insieme, i regali che mi aveva fatto, e sentivo il vuoto nel mio petto crescere sempre di più.

Ma dopo quasi tre settimane di dolore e solitudine, finalmente compresi. Compresi Adrien e le sue ragioni per detestarmi. Ero io la colpevole, io che possedevo ancora il borsone con i suoi soldi. Ero io che avevo mentito, che avevo nascosto la veridicità.

Decisi di liberarmi di tutto ciò che mi legava a lui. Strappai le foto, gettai via i regali. Volevo cancellare ogni traccia del nostro passato, per poter andare avanti.

Ma proprio quando stavo per restituire il borsone, Plagg comparve. Mi restituì il miraculous di Chat Noir, riferendomi che Chat noir lo aveva abbandonato. La notizia mi colse di sorpresa, e mi ritrovai a chiedermi cosa avesse da fare di così importante da abbandonare il suo ruolo di supereroe.

La mia rabbia si trasformò in dolore mentre parlavo con Plagg, chiedendogli spiegazioni che non poteva darmi. Mi sentivo persa, tradita, e il pensiero di dover combattere da sola mi spaventava.
Ma Ladybug non poteva permettersi di cedere alla disperazione. Un cattivo molto potente era apparso, e i poteri di Chat Noir erano fondamentali per sconfiggerlo. Tentai di contattare la squadra di supereroi, ma nessuno pareva rispondermi. Decisi di combattere, anche da sola, sebbene spaventata.

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