L'attacco akuma era appena terminato e osservai Ladybug allontanarsi con un balzo aggraziato, il suo yo-yo che la portava rapidamente via. Chloé mi era di nuovo attaccata, il suo abbraccio disperato mi infastidiva. Con un movimento deciso mi liberai della sua presa, e con voce tagliente le dissi: <<Non dobbiamo avere nulla a che fare, Chloé, finché non mi porterai ciò che mi serve.>>
Sbuffai e mi allontanai dalla spocchiosa viziata.
Recuperai il cellulare dalla tasca e composi il numero del mio autista personale. In pochi minuti, la limousine si fermò accanto a me sul ciglio del marciapiede. Salii con passo risoluto, sbattendo la portiera con forza. L'uomo alla guida, noto come il Gorilla, mi osservò dallo specchietto retrovisore con occhi tristi. Conoscevo Placide da anni e, sebbene non mi avesse mai rivolto una sola parola, tra di noi si era instaurato un legame silenzioso ma profondo. Per lui, ero quasi il figlio che non aveva mai avuto, e lo stesso valeva per me: Placide era una sorta di figura paterna.<<Portami solo in hotel.>> Ordinai. Il poveretto acconsentì da muto e iniziò il viaggio verso la destinazione.
Arrivati in albergo, Nathalie mi accolse con un sorriso, che però si spense non appena vide il mio volto cupo. Senza aprire bocca, mi porse la tessera della camera. La afferrai distrattamente, ignorandola. In ascensore, la mia assistente ruppe il silenzio: <<Tutto bene, Adrien?>>
Alzai lo sguardo, sistemai il nodo della cravatta e risposi con un secco sì. Quando la cabina metallica si fermò al quinto piano, entrai velocemente nella mia stanza, pronto ad attendere l'appuntamento della sera con la compagnia di qualche bottiglia, cercandone conforto e calore.
Mi alzai dal letto con un senso di vuoto che ormai mi era familiare. La giornata era stata lunga e tumultuosa, e l'unica cosa che mi restava da fare era prepararmi per l'avvenire. Aprii l'armadio e scelsi con cura il mio abbigliamento. Indossai una camicia grigio scuro, il suo tessuto era morbido e liscio contro la mia pelle. Mi guardai allo specchio, abbottonando uno a uno i bottoni di madreperla, notando come la camicia mettesse in risalto la mia figura atletica.
Presi i pantaloni neri dal taglio sartoriale, perfettamente stirati e confortevoli. Li infilai con gesti sicuri, aggiustando la cintura di cuoio nero intorno al bacino. Abbinai ai pantaloni una giacca del medesimo colore, il blazer impeccabilmente tagliato su misura, aggiungeva un tocco di classe al mio aspetto.
Mi avvicinai alla toeletta e presi i gemelli diamantati, un regalo ricevuto anni prima. Li inserì con riguardo nei polsini della camicia, il luccichio dei diamanti catturava la luce soffusa della stanza. Sistemai poi il Rolex al polso sinistro, un simbolo del mio status ma anche un oggetto che spesso mi ricordava il tempo che scorreva inesorabile. Spruzzai qualche goccia del mio profumo un po' ovunque e controllai di nuovo che il mio volto fosse perfettamente rasato.
Guardai il mio riflesso specchiato, aggiustai il colletto della camicia e passai una mano tra i capelli, per sistemare qualche ciocca ribelle con un po' di gel. Lo specchio mi restituiva l'immagine di un uomo galante, sofisticato, ma dentro di me sapevo che era solo una facciata.
Prima di incamminarmi verso l'uscio, mi fermai un attimo a contemplare il pianoforte nell'angolo. Era lì, silenzioso e solenne, un ricordo costante di mia madre e delle sue lezioni di musica. Mi avvicinai e sfiorai i tasti con le dita, sentendo un'ondata di nostalgia travolgermi. Ma quella sera non c'era tempo per la musica; avevo altri piani.
Abbassai la maniglia e mi scontrai nel corridoio con Nathalie, la quale mi sommerse di complimenti. La salutai con un cenno del capo e proseguii verso l'uscita dell'hotel, dove il mio autista mi attendeva pazientemente.
Durante il breve tragitto, ripassai mentalmente le battute che avrei dovuto usare. Era un gioco, una recita, ma era l'unica cosa che sapevo fare bene. Quando arrivammo a destinazione, scesi dall'auto e mi diressi verso l'ingresso del ristorante, pronto a indossare ancora una volta la maschera che tutti si aspettavano da me.
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Soulmates?
FanfictionMarinette e Adrien una coppia perfetta dicono, entrambi fatti l'uno per l'altra! Sfortunatamente, però, il tempo vola anche per loro e senza nemmeno accorgersene si ritrovano in un altro step della vita, l'età adulta. Saranno pronti ad affrontare i...