Destini spezzati

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Il carattere è il destino.
Eraclito.

Mr. Veila

Rivolgo lo sguardo verso l'orologio poggiato contro la parete che riempie in maniera imponente lo spazio.
Tic.
Tic.
La lancetta scorre e la mia vita va a puttane.
Forse e dico forse, in un'altra vita avrei dovuto prendermi cura di me stesso.
Inizio a tossire per qualche minuto di continuo.
Mi sento quasi affogare.
Incapace di reagire, mantengo il colpo il più a lungo possibile.
Niente fa più male di restare inermi di fronte alla sofferenza senza sapere come reagire.
Senza sapere cosa fare per bloccarla.
Sento un peso sul petto.
Se dovessi dire come mi sento in questo momento direi che mi sento come se mi avesse attraversato il petto un proiettile.
Ho sempre pensato di potercela fare da solo ad affrontare i miei problemi.
Ho sempre rifiutato l'aiuto di tutti.
Sono sempre stato un tipo molto caparbio. Alcune volte...più del dovuto quando potevo benissimo non farlo.
Mi accascio contro la parete.
Il petto mi fa male.
Le gambe stanno iniziando a cedere.
Il peso del mio corpo inizia a farsi sentire.
Continuo a fissare l'orologio.
'E se il mio tempo stesse per finire?'
Mando via questi pensieri negativi che nel frattempo hanno iniziato ad affollarmi la mente.
Se dovessi morire in un giorno dei tanti in una vita come questa, come farebbe il mio Timothè a sopravvivere senza di me?
Come farei senza il suo amore?
E soprattutto...come farebbe lui senza il mio?
Ci completiamo a vicenda.
Siamo due facce della stessa moneta, segnati da un dolore che cerca in tutti i modi di annientarci.
Porto la mia mano destra verso il mio petto.
Sento i battiti del cuore accelerare.
Quasi mi manca il respiro.
No.
Io sono più forte di tutto questo.
Non è la prima volta che mi trovo ad affrontare una situazione di questo tipo; ma questa volta fa più male perché sono consapevole che nel caso non dovessi farcela, ci sarebbe qualcuno che lascerei da solo.
E se quel qualcuno è Timothè...fa ancora più male.
Un pensiero del genere mi logora dentro.
Non avevo mai dato così importanza alla mia salute prima di questo momento.
Forse, è arrivato il momento di pensare a me.
Il motivo per cui lottare questa volta lo possiedo.
Contro la mia volontà provo ad alzarmi dal pavimento.
Inizialmente cado ripetutamente.
Tentenno e dopo qualche minuto sono in piedi a reggermi sulle mie gambe.
Esse ormai non possiedono più un loro equilibrio.
Cammino a passi quasi minuscoli, invisibili ma devo arrivare dall'altra parte dell'appartamento.
Inciampo ripetutamente ma questo insieme al dolore che ricopre il mio petto, non è in grado di fermarmi.
Di abbattermi.
Arrivo verso il bagno.
Apro con fatica la parte sinistra del mobile situato sopra il lavandino e tiro fuori il mio barattolo di pasticche.
Tolgo il coperchio.
Rivolgo il barattolo all'ingiù verso il palmo della mia mano e senza esitare ingoio prima due, poi tre pasticche.
Ho sempre risolto i miei problemi in questo modo.
Merda su merda.
Ma almeno il dolore si è sempre in qualche modo attenuato.
Richiudo il barattolo, ma proprio mentre lo prendo dalle mie mani, mi cade verso il pavimento.
"Cazzo." Impreco sbattendo i pugni sul bordo del lavandino.
Perché è tutto così difficile quando non si è nella condizione di poter reagire in qualche modo?
Mi chino, provando a raccogliere le pasticche che ormai ricoprono il pavimento del mio bagno.
Devo toglierle tutte.
Se soltanto esce fuori questa storia potrebbe essere davvero la mia fine, poiché questa è la storia di un uomo che al posto di aiutarsi ha continuato per distruggersi facendosi male il triplo.
Forse dovrei buttarle.
È arrivato il momento.
Se voglio bene al mio Timothè devo tenere alla larga da me questa roba.
Le prime le ho prese.
Inizio a pentirmene, così le pasticche che prendo dal pavimento le butto nel bagno e prima di scaricarle, sputo l'unica che avevo ancora in bocca.
Tiro lo sciacquone senza se e senza ma.
Magari un giorno me ne pento, ma ora no.
Non posso permettermi di comportarmi in maniera egoista.
Non più.
L'ho già fatto fin troppe volte nel corso della mia vita e queste sono state le conseguenze.
Questo sono io.
L'uomo di cui un giovane ragazzo si è innamorato.
Questa è la mia storia.
Il mio urlo che non sono mai stato in grado di far sentire al mondo...perchè non l'ho mai voluto.
Non mi è mai piaciuto essere additato come il debole.
Fumo per dimenticare.
Questo è il motivo.
Ma il fumo non fa nient'altro che peggiorare la mia condizione fisica provocando in me delle ricadute come questa.
Il fumo mi dona piacere ma allo stesso tempo non fa altro che dilaniarmi.
Alla fine il piacere è anche questo: un bastardo.
Prima ti fa stare bene, poi dopo qualche secondo ti rende schiavo di un dolore malsano fino ad uccidere la tua psiche rendendoti vittima dei tuoi fottuti pensieri.
Esco dal bagno con le gambe che ancora cedono.
Ma adesso è diverso perché le pasticche hanno iniziato a fare effetto.
Da quando, cinque anni fa, scoprì che queste pasticche erano in grado di attenuare momentaneamente il mio stato degradato di salute iniziai a prenderle subito, ogni volta che ne sentivo il bisogno per sentirmi meglio.
Per non sentirmi perso.
Adesso che le ho buttate, forse devo davvero valutare l'idea di farmi aiutare da qualcuno che sia in grado di farlo davvero.
Prima che sia troppo tardi.
Prima che questa vita potrebbe non appartenermi più e il mio diventerebbe soltanto un ricordo sbiadito di una persona che in vita ha fatto tutto per essere la versione migliore di sé.
Quanto vorrei stare meglio.
Quanto mi uccide il pensiero di poter lasciare da solo Timothè un giorno.
Senza che io faccia più parte della sua vita e lui della mia.
È un qualcosa più grande di me che non posso accettare.
L'ira si impossessa del mio corpo.
Mi siedo sulla sedia prima di cadere di nuovo.
La testa inizia a girarmi.
Devo darmi una mossa, prima che il mio e quello di Timothè non diventi un destino spezzato.

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