La notte...

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Non mi sembra di avertelo mai detto ma senza di te proprio noriesco a stare.

Timothè

Aspettare.
La vita è fatta di attese e di imprevisti allo stesso tempo.
Non esiste attesa senza imprevisto.
Non esiste imprevisto senza attesa.
Due parole che tra loro si congiungono così da diventare fondamentali l’una per l’altra.
Aspettare qualcosa è ancora più difficile, se ad aspettare che quella succeda riguarda qualcosa a cui teniamo più di noi stessi.
E no.
Non parlo di cose materiali, di oggetti.
Non sono mai stato una persona materialista io. Nonostante ami gli oggetti, non li ritengo fondamentali per la mia crescita. Per la mia evoluzione personale e sentimentale soprattutto.
Parlo di persone a cui siamo legati.
Persone alle quali abbiamo donato noi stessi attraverso il nostro amore.
Si perché l’attesa è accompagnata anche dall’amore, un sentimento apparentemente così futile ma di fondamentale importanza.
L’amore aiuta a superare gli imprevisti e al tempo stesso aiuta a rendere l’attesa meno pesante e difficile da sopportare.
Quando parlo di attesa, parlo di Anth…
Lui è la mia persona.
La persona alla quale ho donato me stesso attraverso la mia anima e tutto l’amore che avevo ancora in corpo.
Si perché per quanto potrà sembrare strano, io non ho mai amato e non sono mai stato amato.
L’amore mi ha sempre fatto paura perché non volevo che qualcuno spezzasse il mio cuore.
Sono sempre stato molto pessimista a riguardo.
Ma Anth è stata la prima persona in grado di toccare le corde della mia anima.
Anth è riuscito a farmi vedere le sfumature dell’amore che ho sempre pensato non esistessero.
Anth è stato l’amore che mi ha permesso di conoscere me stesso. Che nella mia vita non esisteva soltanto il nero.
Anth è stato colore per me.
Mi ha insegnato che le sfumature esistono e che tutti meritano di viverle.
Pensare che in questo momento è lì, su quel letto in coma mi distrugge.
Quanto vorrei che tutto questo sarebbe soltanto un fottuto sogno.
Invece no.
Tutto questo è reale.
Anth è in coma da 24 ore ormai.
Io sono qui con la speranza che si risvegli e che la nostra vita ritorni quella che abbiamo sempre vissuto.
Devo ammettere che mi manca e questo non era previsto.
Sentire la mancanza di una persona è un processo al quale l’essere umano è destinato.
Un processo di vita.
E ritorna sempre tutto al ragionamento dell’attesa.
La mancanza di una persona si supera con il tempo.
Niente più del tempo è in grado di risanare le nostre ferite.
Fino a due anni fa quando mi veniva detto che il tempo cura le ferite pensavo che fosse soltanto l’ennesima stronzata che ti raccontano gli adulti.
Invece no.
Ora più che mai posso affermare che quella frase, che quelle parole sono vere.
“il tempo cura le ferite. Anzi le guarisce.”
L’attesa quindi alla fine non è poi così tanto brutale.
È soltanto un passaggio, un’sperienza che ci aiuta realmente a comprendere cosa è giusto o cosa è sbagliato per noi.
Mi avvicino al corpo di Anth, inerme sul letto.
Avvicino la mia mano con delicatezza alla sua e gli sfioro le dita.
I brividi percorrono la mia spina dorsale.
Sentire il suo tocco freddo sotto al mio palmo quasi mi paralizza.
Una lacrima mi riga il volto al ricordo di tutte le volte in cui le nostre mani si sono toccate, quel contatto che ormai era diventato familiare per entrambi.
Quanto vorrei rivivere quei momenti lì, quando Anth mi porgeva le sue mani perché sapeva che niente mi eccitava più delle sue vene.
Piango al ricordo della nostra prima volta.
Di quando le sue mani hanno toccato il mio copro, come un’artista che modella l’argilla per dar vita al suo vaso.
Ricordo tutte le sue meravigliose dichiarazioni.
Se sono arte è soltanto grazie a lui, che l’arte la possiede nel cuore.
Anth è un’anima pura.
Lui sarà per sempre il mio artigiano di crepe ogni volta che il mio corpo si dilanierà a causa della sofferenza che mi è stata inflitta da gente altrui.
Perché alla fine Anth è riuscito a riparare crepe in me che non aveva causato lui e di questo gliene sarò per sempre grato.
Continuo a toccare la sua pelle.
“Ti sento Anth, ti sento anche se non mi vedi. Sento le tue emozioni senza guardati negli occhi, soltanto sfiorandoti la pelle.” Dico nel silenzio.
Parole profonde che mi escono dal cuore e che hanno bisogno di uscire fuori perché lì nel cuore non riescono più a stare.
“Spero che mi sentirai anche tu. Che sentirai tutto quello che avrò da dirti nei miei momenti di fragilità. Perché me lo hai detto tu stesso, amore mio, che per me ci saresti sempre stato a prescindere dalle circostanze.” Continuo a dire.
“Ti prego torna. Ho bisogno del tuo sorriso per continuare a vivere.” Concludo prima di scoppiare in un pianto che mi distrugge il petto in un modo che non avevo mai provato.
“Meglio essere mezzi rotti con tutti i nostri problemi, piuttosto che non essere più.” Dico nella mia testa.
I miei problemi non mi permetteranno di perdere me stesso.
La giornata è appena iniziata.
La fine dell’anno scolastico si avvicina ed io ancora non ho trovato una scusa valida per giustificare i miei prossimi giorni d’assenza.
Personalmente non so se alla London University sono già stati informati su quanto accaduto ad Anth, o forse meglio dire Mr. Veila.
Sono sicuro che non appena lo sapranno verranno tutti qui a trovarlo.
Perché Mr. Veila è stato l’unico insegnate in grado di stabilire un rapporto di reciproca fiducia con i suoi alunni.
“Buongiorno, ragazzino.” Esclama l’infermiere non appena entra nella sala.
“Nottata dura, eh?” Mi chiede con fare premuroso.
“Si. Ancora non ci credo che tutto questo appartiene alla realtà.” Dico con tono spento.
“La capisco. I primi giorni sono sempre così, poi diventerà un’abitudine. Le auguro di passare il meno tempo possibile in questa sala. La vita vera è al di fuori di questo posto.” Mi dice l’infermiere avvicinandosi al letto.
“Lo spero anche io.” Dico asciugandomi le lacrime.
Se c’è una cosa che ho capito in queste ore è che il mio corpo dalle lacrime si è svuotato, dalle forze si è liberato.

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