Eravamo uno la debolezza dell'altro e questo era straordinario.
Mr. Veila
"Cosa sono Anth?" Continua a chiedermi Timothè.
"Niente lascia stare." Provo a dirgli cercando di sviare a tutti i costi il discorso.
"Ti prego. Dimmi la verità. Cosa sono?" Mi chiede Timothè per l'ennesima volta.
Lo guardo negli occhi senza rispondergli.
Ho paura.
Della sua reazione.
Delle conseguenze.
Di quanto cose potrebbero cambiare nel corso della mia vita.
Ammettere che sono malato non fa altro che renderlo più reale.
Parlare di me significa affrontare quei fantasmi che ho sempre fatto finta non esistessero.
"Quanto è disposto a rischiare l'essere umano per qualcuno che ama?"
Tanto.
Ed io per Timothè rischierò, anche se ciò significherà perdere me stesso tra tante parole. Quasi infinite. Quasi incolmabili.
Prima o poi tutto sarebbe finito, così come noi due.
Prima o poi tutto non sarebbe più esistito. Nasciamo per morire questa è la verità cruda e brutale.
Il mio stato di salute non è uno dei migliori e di questo ne sono sempre stato consapevole.
"Timothè sono tante le cose che devo dirti." Gli dico sentendo un vuoto nello stomaco che quasi mi dilania il petto in parti infinite destinate a disperdersi nell'universo delimitato da tante stelle che rendono il nostro cammino più luminoso.
Timothè si avvicina a me e si siede sul bordo del letto.
Siamo entrambi nudi e sto per confidargli la parte peggiore dell'uomo di cui è follemente innamorato. Dell'uomo che ama e che ha lottato tanto battaglie per non disperdersi nel cosmo.
"Inizia a dirmi qualcosa, Anth." Mi dice Timothè con lo sguardo chino verso il pavimento.
"È una storia lunga." Dico. Ho bisogno di trovare le parole giuste per potergliela raccontare.
"Se non me la racconti, non posso aiutarti, Anth. Come io ho fatto con te. Accetta il mio aiuto anche se non sarà abbastanza grande per superare questa situazione nella quale ti trovi. Fidati insieme è tutto più semplice. L'essere umano è fatto per stare con qualcuno. Io ci sono Anth. Ci sono e ci sarò ogni volta che vorrai." Mi dice Timothè con gli occhi rigati di lacrime.
Sono felice delle parole che mi sta rivolgendo. Mi sento capito. Ma allo stesso tempo la mia realtà è molto diversa dalla sua.
"È iniziato tutto quattro anni fa. Ero in macchina quando d'improvviso il mio corpo si bloccò diventando inerme." Inizio a raccontargli.
Timothè mi guarda in silenzio. Ma nel suo sguardo sento tutto l'amore di cui ho bisogno.
"Quel giorno successe qualcosa che non mi era mai capitato prima. Svenni con la testa sul volante dell'auto e il giorno dopo mi risvegliai tra delle mura bianche su un letto ricoperto di tanti fili che mi tenevano in vita. Ero diventato un essere umano privo di sensi. Niente aveva più tanta rilevanza nella mia vita. Niente riusciva più a stimolarmi.
Sono malato, piccolino. Ho smesso di percepire il dolore da tanto tempo ormai." Dico di getto con gli occhi rossi ricoperti di lacrime. Ricordare la persona che sono stata non fa altro che farmi sentire peggio di quanto già non stia.
"Non è cambiato niente d'allora?" Mi chiede Timothè in un sospiro sussurrato, leggero.
"No. Quelle pasticche che hai trovato nel cassetto sono state forse l'unica cosa in grado di farmi capire che stavo realmente male. Ogni volta che mi sentivo male, le ingerivo per stare peggio.
I giramenti di testa.
Le gambe che cedevano.
Tutte sensazioni che per me erano diventate normali. Non volevo essere aiutato da nessuno. Ne prima. Ne adesso." Continuo a raccontare al mio piccolino.
"Cosa posso fare per te, Anth?" Mi chiede lui con tono spezzato.
"Niente. Amami come la prima volta. Amami come hai sempre fatto. Sei stata la prima persona che mi ha fatto sentire normale e di questo te ne sono infinitamente grato." Gli dico alzandomi in piedi per qualche minuto.
"Se questo ti fa sentire meglio, te lo prometto. Ti amerò sempre come la prima volta." Mi dice Timothè portandosi la mano destra verso il viso per asciugarsi le lacrime.
Siamo due incasinati.
Due pezzi di un puzzle imperfetto che soltanto insieme riescono a combaciare nel giusto modo.
Mi avvicino a Timothè e mi siedo accanto a lui.
"Io voglio stare bene, piccolino. Per te. Per noi. Per quello che siamo." Gli dico prendendogli la mano.
"Anche gli uomini più forti possiedono una corazza per ricoprire le loro debolezze." Faccio notare a Timothè dopo avergli portato la mano sul mio petto per fargli sentire il battito accelerato del mio cuore.
"Quelle pasticche...le prendi ancora?" Mi chiede Timothè con fare delicato.
"No. Ho smesso di farlo qualche giorno fa, ma interrompere così all'improvviso ha peggiorato il mio stato di salute." Gli faccio notare.
"Ti devo dire anche un'altra cosa." Gli dico.
"Certo. Dimmi." Ribatte Timothè.
"Il fumo è stata l'unica cosa che mi ha fatto capire il valore che non mi davo. Era l'unica cosa che mi donava piacere ma allo stesso tempo mi danneggiava." Gli spiego.
"Hai fatto in modo di provare a vivere. Non hai nessuna colpa Anth." Mi dice il mio piccolino.
"La mia colpa più grande sarebbe lasciarti da solo perché non sono stato in grado di tutelarmi." Guardo Timothè e gli stringo la mano.
Lui è l'unico in grado di farmi sentire le emozioni che non ho mai provato.
"Non accadrà." Mi dice Timothè provando a consolarmi.
"Aiutami a rivestirmi." Gli dico mentre il mio petto inizia a diventare sempre più pesante.
Timothè mi aiuta ad indossare prima gli indumenti intimi, poi la t-shirt e il pantalone che indossavo prima.
Dopo essermi sistemato, anche Timothè ne approfitta per vestirsi.
Ed è proprio nel momento in cui Timothè si abbattona il pantalone che il mio corpo cede.
"Anth." Dice Timothè non appena si accorge che sono disteso sul letto privo di forza.
"Piccolino, qualsiasi sarà il nostro finale, sappi che sei stato e sarai per sempre l'unico che mi ha fatto provare qualcosa. Con te ho conosciuto il vero sapore della vita." Gli dico con tono soffocato.
Vedo Timothè agitarsi prima che I miei occhi si chiudono.
Lotterò per noi, per la nostra favola.*
Timothè
"Pronto!" Dico non appena qualcuno risponde dall'altro lato del telefono.
"Il mio ragazzo è svenuto. Non si sente bene." Spiego in preda al panico.
Anth non può abbandonarmi.
Non adesso. Ne mai.
"Ci dica l'indirizzo!" Dice l'infermiere dall'altro lato del telefono.
"Peonia Street, 37." Dico e subito un brivido percorrere la mia pelle al ricordo di quello che questo appartamento significa per me.
"Faremo il prima possibile." Esclama l'infermiere.
Stacco la chiamata e mi avvicino ad Anth. Non ero pronto a tutto questo.
Sono sicuro che Anth ritornerà con me. Al mio fianco.
Lui è il mio guerriero.
Dopo qualche minuto arriva l'ambulanza. Mi affaccio dalla finestra ed indico il portone agli infermieri.
Apro la porta in maniera veloce.
Gli infermieri entrano e non appena arrivano nella camera dove Anth si trova il mio cuore diventa debole.
Si avvicinano al suo corpo e dopo qualche minuto mi dicono le parole che avevo bisogno di sentire per stare bene per entrambi.
"Il vostro ragazzo è vivo. Ma ha bisogno di essere portato in ospedale." Dice l'infermiere.
Lo caricano sulla barella e con loro scendo anche io.
Chiudo la porta dell'appartamento e con gli infermiere mi dirigo verso l'ambulanza.
Partiamo dopo qualche minuto, verso il posto dove non ho mai amato essere,dove non sarei mai voluto ritornare.
Il mio cuore palpita nel petto.
Mi sento dannatamente confuso per tutto quello che sta accadendo.
La vita ha scelto di farci vivere questa favola ed io non aspetto altro che il nostro lieto fine. Perchè lo avremo e questo nessuno potrà mai metterlo in dubbio.
Arriverà per entrambi.
Perché c'è lo meritiamo così tanto.
Anche se in questo momento sembra irraggiungibile, non lo è perché la felicità ha soltanto bisogno di tempo e di coraggio per essere raggiunta.
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My Art Mistake
Fiksi Penggemar"Non esiste amore senza passione. Non esiste passione senza amore." Un nuovo insegnante. Un alunno in conflitto con sè stesso. Una passione senza rivali. Timothè è un alunno diverso dagli altri; costantemente in conflitto con sé stesso, a causa del...