Mi capita sempre di non dimenticarti mai.
Gio EvanTimothè
L'odore della mia pelle era rivoltante.
Erano passati nove giorni.
Nove giorni di assenza dalla London University.
Nove giorni in cui non ero tornato nel mio appartamento.
Nove giorni dove le notti in cui avevo dormito non erano state nemmeno la metà.
Nove giorni in cui nessuno degli alunni era ancora passato a trovare Mr. Veila.
Per fortuna o per sfortuna l’unica cosa che so e che almeno per adesso nessuno sa che fine abbia fatto.
7 giugno.
Mancano pochi giorni alla chiusura del semestre finale e l’ultimo esame non l’ho ancora dato.
Ho provato a studiare in questi giorni, qui all’Hospital London ma il mio cervello si rifiutava ogni volta che provavo soltanto a ripetere.
Non mi sono rassegnato.
Sono sicuro di riuscire a darlo in questi ultimi giorni prima della chiusura del semestre.
Mancano pur sempre tre giorni.
Tutto accade.
Non c’è niente che non sia scritto lì in alto tra le stelle.
Mi avvicino per l’ennesima volta al corpo di Anth.
“Amore, mi manca l’ultimo esame. Senza di te non riesco a studiare.” Dico nel silenzio.
Mi piace stuzzicarlo, anche adesso che il suo corpo è incapace di far trapelare ciò che prova.
“Torni, la prego!” Gli do di nuovo del lei.
In queste sere, ho iniziato a non usare più il lei, nei suoi confronti e questo sono sicuro che gli abbia fatto tanto piacere.
Però ogni tanto mi piace ancora utilizzarlo per parlare con lui.
Gli sfrego la mano con fare premuroso e una lacrima leggera mi copre il viso.
Nove giorni in cui Anth ancora non si è svegliato.
Nove giorni in cui nonostante tutto nel suo ritorno ancora un po'…ci credo.*
“Signor Timothè.” La voce dell’infermiere irrompe nel silenzio.
“C’è una visita per lei.” Mi dice soltanto.
“Chi è?” Chiedo confuso e preoccupato al tempo stesso.
“Un ragazzo. Dice di essere un suo amico.” Spiega l’infermiere con tono serio.
Indosso le ciabatte e mi avvicino alla porta per vedere chi sia venuto a trovarmi.
“Ciao Timmy.” La voce di John distrugge la mia tranquillità.
L’infermiere ci lascia da soli, sull’uscio della stanza.
“Cosa vuoi ancora?” Gli dico con tono distaccato.
“Niente Timmy. Sono giorni che non viene alla London University e mi sono preoccupato.” Esclama John accennando un mezzo sorriso.
“Con quale faccia mi stai dicendo di essere preoccupato per me, quando fino a qualche settimana fa hai provato a danneggiarmi in qualsiasi modo possibile:” Gli dico accusandolo.
John mi fissa in silenzio e dopo qualche minuto abbassa lo sguardo verso il basso.
“Come facevi a sapere che mi trovavo qui?” Gli chiedo poiché alla fine questa è l’unica cosa che mi interessa sapere.
“Il preside ci ha aggiornato delle condizioni di Mr. Veila questa mattina. Ci ha detto che saremmo passati a trovarlo nel fine settimana.” Mi spiega John.
“Perché tu sei qui adesso, allora?” Continuo a chiedergli.
“Immaginavo che fossi qui. Il tuo amore per Mr. Veila è così forte ed io l’ho capito in ritardo.” Mi dice John degnandomi nuovamente di uno sguardo.
“Spostiamoci un po'.” Gli dico.
Camminiamo verso la sala d’attesa, ovvero la parte esterna della stanza e John inizia a parlarmi.
“Mi dispiace innanzitutto per quello che è successo a Mr. Veila.” Esclama prima di interrompersi.
“Vai al dunque.” Gli dico con tono freddo.
“Evita di fare preamboli.” Dico prima che lui riprenda il discorso.
“Sono qui per chiederti scusa, Timmy. Da quando Mr. Veila mi venne parlare dopo l’accaduto mi sono reso realmente conto dell’errore che avevo commesso. Mi dispiace Timmy. Non volevo farti male.” Esclama John dispiaciuto.
Non so se credergli, ma dal modo in cui pronuncia le sue parole, mi sembra che le stia pronunciando con il cuore.
“Scuse accettate.” Dico con fare comprensivo.
“Ho capito troppo tardi che ti stavo danneggiando. Come mi hai detto tu la prima volta che abbiamo parlato; se ti voglio bene devo essere felice che tu sia felice, anche se non lo sei con me.” Continua a dire John.
“Ti sta bene, adesso?” Gli dico rinfacciandogli le sue parole.
“Non soltanto adesso. Mi è sempre andato bene. Sono felice che tu sia felice, Timmy. Sono stato soltanto un’egoista.” Conclude infine.
“Sono felice che te ne sia reso conto. Questa è la vittoria di ognuno di noi. Rendersi conto dei propri errori e non commetterli più.” Dico alzandomi porgendo un abbraccio a John che ricambia con rispetto.
“Come sta Mr. Veila?” Mi chiede preoccupato.
“Bene, ma è sempre lì, inerme nel suo letto.” Gli racconto.
“Tu come stai?” Mi chiede.
“Bene. Nonostante tutto.” Gli rispondo.
“Penso che stia muovendo la mano.” Mi fa notare John.
“Cosa?” Dico voltandomi di scatto.
Scoppio a piangere.
Anth si è risvegliato.
Ed io sono qui al suo fianco.
“Va a chiamare gli infermieri.” Dico a John con la voce strozzata dal pianto.
Guardo gli occhi di Anth riaprirsi.
“Piccolino.” Esclama con voce debole.
“Sei ancora qui.” Dice in un sussurro quasi incomprensibile.
“Non me ne sono mai andato.” Ribatto felice.
Gli infermieri arrivano nella stanza.
“La prego di uscire un attimo fuori!” Mi dice l’infermiere.
Senza farmelo ripetere due volte esco dalla stanza.
Fuori c’è John ad aspettarmi.
“Mr. Veila è un grande.” Dice John provando a darmi conforto.
“Sono così fortunato, John.” Gli dico con le lacrime agli occhi.
John mi porge un fazzoletto. Lo prendo e in fretta mi asciugo le lacrime.
“Timothè.” La voce dell’infermiere mi richiama dopo dieci minuti all’incirca.
“Adesso può entrare!” Mi dice l’infermiere uscendo dalla stanza.
“Piccolino.” Anth mi chiama a sé.
Mi avvicino al letto e nonostante mi fossi promesso di non piangere, una lacrimuccia ricopre la parte sinistra del mio volto.
“Ti ho sentito tutte le volte che hai provato a parlarmi. Grazie per essere rimasto.” Mi dice.
Nonostante alcuni fili ricoprono ancora il suo corpo, riesco a poggiare la testa sul suo petto con delicatezza.
“Non provare nemmeno a dirlo, Anth. Sempre e comunque nonostante tutto. È questa la nostra promessa.” Gli faccio notare.
“Spero che mi rimetteranno in fretta. Hai ancora un esame da dare, piccolino.” Mi fa notare Anth.
“Allora mi hai sentito davvero.” Gli dico quasi scherzando.
“Ti sembro un tipo a cui piace scherzare?” Mi stuzzica Anth.
“No.” Dico entusiasta.
“Allora perché dubitavi?” Mi continua a chiedere.
“Perché l’unica cosa di cui mi hai detto di non dubitare è il tuo esserci per me, il resto è tutto un dubbio.” Gli dico stuzzicandolo a mia volta.
Siamo sempre gli stessi.
“In questo caso c’era poco da dubitare.” Esclama Anth con tono quasi serio.
“Non te la sarai mica presa eh.” Gli dico stuzzicandolo ancora una volta.
“Non sono un tipo permaloso.” Ribatte lui.
“Ah sì?” Ribatto io.
“Per niente.” Esclama infine Anth.
John entra nella stanza.
“Mr. Veila, che piacere rivederla.” Esclama John con un sorriso a trentadue denti.
“Ti avevo detto di stare lontano da Timothè.” Gli dice Anth.
“Non si preoccupi. Io e il suo Timothè abbiamo chiarito.” Lo rassicura John.
“Mi fa piacere sentirtelo dire.” Esclama Anth.
“Grazie per essere passato.” Gli dice ancora.
“Di nulla. Le lezioni senza di lei sono una vera noia.” Gli dice John.
Scoppiamo tutti a ridere.
John esce dalla stanza lasciandoci da soli.
“Piccolino, prima di dirti per sempre, volevo dirti ti amo.” Mi dice Anth.
Mi avvicino a lui.
“Baciami, mia piccola calla.” Mi chiede Anth.
Mi avvicino alle sue labbra e ci baciamo per qualche minuto.
“Non ho mai baciato nessuno in ospedale.” Mi dice Anth.
“C’è una prima volta per tutto, Mr. Veila.” Ribatto io.
“Come mi hai chiamato?” Mi chiede Anth facendo il finto tonto.
“Con il nome con cui l’ho conosciuta.” Dico con fare sicuro.
“Astuto giocare con me in questo modo quando non posso toccarti.” Mi dice Anth arreso.
“Ci sarà modo di farlo.” Gli dico.
“Ti amo, Anth.”
“Ti amo anche io, mia piccola calla.”
Ed era questo il nostro finale.
Un finale dove tutto era andato per il verso giusto.
Un finale che ci aveva reso quello che eravamo.
Un finale di una favola dannata dove il grande e il piccolo si erano incontrati e si erano amati come la prima volta.
Un finale di una favola dannata dove la calla era ritornata nelle braccia del bello addormentato e il vaso pieno di crepe tra le mani del suo artigiano.
Un finale lieto, nonostante gli imprevisti, ma l’attesa aveva reso tutto migliore.
“Ti aspetterò tutte le volte che c’è ne sarà bisogno.” Dico guardando Anth.
All’infinito.
Questa è la nostra storia.
La storia di un piccolo Timothè che pensava fosse sbagliato amare per la prima volta una persona più grande di lui.
La storia di un uomo come Anth che si era preso cura del suo piccolino nonostante tutto.NOTA DELL'AUTORE
eccoci con l'ultimo capitolo, o meglio il capitolo finale della storia di Anth e Timothè.
Il capitolo di domani...si sarà l'ultimo aggiornamento ma è un capitolo visto come l'epilogo di tutta la storia che io ovviamente non vedo l'ora di farvi conoscere.
Questo viaggio è stato meraviglioso.
Anth e Timothè vi ringraziano per tutto il supporto ricevuto.
Così come loro, anche io.
Grazie del vostro supporto infinito.
Ve lo pubblico a mezzanotte così da poter finalmente dare una risposta alle vostre domande sul finale.
Tranquill*, nonostante tutte le lacrime versate, il loro lieto fine è arrivato.🤍
Vi voglio bene.
A domani con l'ultimo aggiornamento.
~manny
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My Art Mistake
Fanfiction"Non esiste amore senza passione. Non esiste passione senza amore." Un nuovo insegnante. Un alunno in conflitto con sè stesso. Una passione senza rivali. Timothè è un alunno diverso dagli altri; costantemente in conflitto con sé stesso, a causa del...