Subito dopo la firma del contratto, io e Martina decidemmo di fare ritorno in Spagna, dato che le ragazze del Barça mi avevano invitato alla loro festa di fine anno. Le cose andarono bene, riuscii a salutare quasi tutti i membri della squadra, incluso qualche membro dello staff medico presente, ma si sa che le vacanze non durano mai troppo e, mai come in quell'occasione, ne ero davvero felice: avevo voglia di tornare a fare quello che più amavo, senza dover pensare a tutto ciò che stava accadendo nella mia vita.
Già dal 2 gennaio l'Arsenal si riuniva per iniziare gli allenamenti con le calciatrici infortunate; io, anche non avendo problemi, preferii unirmi fin da subito, così da riuscire a legare meglio con qualcuno e poi doveva ancora essermi assegnato l'alloggio. Dovevo ammettere di essere un po' in ansia per questo, dover condividere obbligatoriamente i miei spazi con qualcuno che non potevo scegliere non era un'opzione che tanto amavo. In nazionale ero stata molto fortunata a capitare fin dalla prima convocazione con Martina.
Quella mattina un taxi mi lasciò molto presto all'interno del centro sportivo dei gunner, era davvero enorme. Cercai di ricordare in quale edificio mi aveva accompagnata Leah la volta precedente, ma quasi come se mi aspettassero, un'addetta all'accoglienza mi venne a salvare prima che io potessi perdermi. Mi mostrò l'edificio delle palestre che era in comune con la squadra maschile, quello in cui c'erano gli uffici, l'area dedicata alla riabilitazione, per poi arrivare davanti ad un piccolo edificio che riportava la scritta "women's team": lì c'erano gli spogliatoi. Mi avvisò che sarei potuta essere la prima arrivata e poi mi mostrò come arrivare ai campi e anche il mezzo da usare: delle biciclette che erano parcheggiate alla nostra destra.
Entrata nello spogliatoio mi guardai un po' intorno per conoscere quelli che sarebbero stati i miei nuovi spazi che avrei vissuto tutti i giorni: la stanza era abbastanza grande con armadietti spaziosi; sulla sinistra c'era un'altra stanza dedicata alle docce, mentre sulla destra c'erano i bagni. Mi avvicinai alla postazione numero 13 dove trovai tre kit di allenamento diversi e una scatola abbastanza grande firmata Adidas che aveva me come destinataria. All'interno c'erano due paia di scarpe da training, una paio di scarpini nuovi personalizzati col mio nome e numero e una borraccia.
"Siamo felici di darti il benvenuto nella famiglia dei cannonieri" recitava il biglietto che era poggiato sopra le scatole delle scarpe.
Nemmeno al barça avevo avuto così tante attenzioni dallo sponsor, quasi mi sentivo a disagio, ma non ci pensai molto e iniziai a cambiarmi per andare in palestra, portando con me anche gli scarpini, in caso dopo saremmo andate sul campo.La sala era veramente enorme e dotata di qualsiasi attrezzo esistente nell'universo ginnico. Non vedevo in giro altre ragazze della squadra, così decisi di recarmi al tapis per iniziare un leggero riscaldamento di circa 10 minuti, poi passai a fare un po' di stretching con gli elastici. Fu proprio in quel momento che sentii due mani poggiarsi sulle mie spalle.
"Buongiorno principessa" sentii sussurrare al mio orecchio usando un italiano alquanto discutibile.
"Dio, Leah, perchè devi sempre spaventarmi?" mi portai una mano al petto e mi voltai verso la bionda che di risposta mi abbracciò.
"Benvenuta, come sta andando il tuo primo giorno?" era letteralmente euforica e non mi lasciò nemmeno rispondere alla sua domanda.
"Oh, devo presentarti un po' di persone, vieni con me!" mi trascinò via verso un gruppo di persone.
"Questa è parte della squadra maschile!" quasi urló per attirare la loro attenzione.Potevo riconoscere alcuni volti come Saka, Odegaard, Rice e quello di un mio connazionale, Jorginho, che conoscevo da tempo, non solo per i ritiri con gli azzurri, ma anche perché aveva giocato per tanti anni nella mia squadra del cuore. Proprio quest'ultimo quasi mi corse incontro per abbracciarmi e questo lasciò la bionda accanto a me un po' interdetta.
"Non credevo vi conosceste così bene..." sputó Leah.
"Ha giocato tantissimi anni nella squadra della mia città e poi ci incontriamo nei ritiri della nazionale!" spiegai mentre l'italobrasiliano mi lasciava finalmente andare.
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Il cuore nel pallone
Fiksi PenggemarLucia Grimaldi è una ragazza napoletana di 24 anni con il sogno di giocare in una grande squadra e vincere quanti più trofei possibili. La sua carriera è iniziata tardi, colpa di suo padre che non voleva farla giocare ad uno sport che lui riteneva f...