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L'odore di caffè che arrivava dal piano superiore riempì le mie narici e dopo pochi secondi sentii il materasso affossarsi accanto a me. Capii subito che era Lucy, i nostri corpi producevano una specie di energia quando erano vicini. Iniziò ad accarezzarmi le braccia.
Ero sveglia, ma volevo restare ancora un po' con gli occhi chiusi per capire fin dove sarebbe arrivata la bella mora con cui condividevo il letto e, proprio mentre pensavo tutto ciò, la sentii sedersi sulla mia pancia e chinarsi a lasciarmi baci lungo la mascella.

"Abbiamo tutta la casa per noi, gli altri sono andati ai mercatini" disse tra un bacio e l'altro scendendo sul collo, quasi come sapesse che ero sveglia.

"Ah si? E cosa avevi intenzione di fare?" finalmente aprii gli occhi per incontrare i suoi carichi di lussuria.

Non rispose a parole ma infilò direttamente una mano sotto l'orlo del mio pigiama e delle mie mutande.

"Dio, non aspetti altro" fece un sorrisetto malizioso sentendo l'umidità tra le mie gambe e portandosi le dita alla bocca per leccarle.

Quel gesto fece scattare qualcosa in me e, con mia grande sorpresa, riuscii a capovolgere la situazione nonostante la mora fosse più grande di me.

"Vediamo invece quanto tu aspettassi solo questo momento!" ora ero io al comando.

Scesi a baciarle avidamente le labbra e a sfilarle la maglia. La visione che mi ritrovai davanti mi lasció per un attimo a bocca aperta.
Notando la mia reazione si lasciò scappare un sorriso compiaciuto che, ancora una volta, fece scattare la mia lussuria, così da farmi tornare a compiere il lavoro che avevo precedentemente iniziato, stavolta baciando ogni centimetro di pelle che avessi scoperto.
Iniziai dalle clavicole, poi scesi sul petto e poi mi dedicai con passione ai suoi seni, lasciandomi dietro una scia umida che andava via via arrossandosi. I piccoli gemiti della mora mi riempivano le orecchie facendo accrescere sempre di più la mia eccitazione, sembrava quasi di sentire una melodia perfetta.
Quando ebbi prestato sufficiente attenzione ai suoi addominali, la mia parte preferita del suo corpo, iniziai a calarle lentamente i pantaloncini da calcio dell'Inghilterra che indossava.
Il suo grado di eccitazione era visivamente molto alto e poteva essere testimoniato dall'umidità presente sulle sue mutande.
Non potei fare a meno di sorridere al pensiero che io stavo scatenando tutto questo, ma il mio pensiero non duró a lungo.

"Continua" fu quasi un sussurro, ma feci come mi disse.

Ricominciai con la mia scia di baci, prima sul pube, poi nell'interno coscia, avvicinandomi sempre verso il centro del suo piacere, ma senza mai arrivarci sul serio. La guardai per un secondo e intravidi un po' di frustrazione sul suo viso che mi fece sorridere.
I miei baci iniziarono ad avvicinarsi sempre di più e quando i suoi gemiti crebbero abbastanza ne lasciai qualcuno sul suo centro, ma sopra il tessuto dell'intimo; questo la fece lamentare ancora di più, ma io volevo essere pregata.

"Piccola, continua, non ti fermare" il suo sguardo si agganció al mio.
Le sfilai le mutande e mi ritrovai faccia a faccia con una pozza di piacere. Feci scorrere le mie dita lungo le sue pieghe raccogliendo un po' di quel nettare, stando attenta a non darle ancora quello che voleva, e me le portai alla bocca assaporandolo, poi scesi con le labbra e ripercorsi il sentiero tracciato dalle dita con dei piccoli baci che fecero aumentare i suoi gemiti.

"Dimmi cosa vuoi che faccia" sussurrai a pochi millimetri dal suo centro per farle sentire la mia presenza lì.
"Voglio sentirti dentro di me, voglio che mi scopi, ti prego..." gettò fuori quasi come un sospiro, ma non me lo feci ripetere due volte, quello era il segnale che aspettavo, la parola d'ordine.

Alzai lo sguardo sul suo volto, poi infilai due dita dentro di lei e fu bellissimo ammirare come il suo viso si contorse all'impatto, con la bocca che si apriva leggermente ad ogni spinta per lasciare che i suoi gemiti uscissero chiari e forti da essa.
Spingevo in maniera regolare, ad una velocità costante, ma volevo scoprire anche che sapore avesse, così scesi a leccare e a succhiare il suo centro, sentendo gli effetti che la mia lingua causava ogni volta che incontrava quel fascio di nervi.
Tirai fuori le mie dita e feci scivolare la mia lingua dentro di lei, muovendola avanti e indietro e i piccoli lamenti a causa delle mancanza di spinte furono sostituiti nuovamente da gemiti che andavano via via crescendo. Quando iniziai a sentire le sue pareti stringersi sempre di più, le mie dita ripresero il loro posto con l'aggiunta di un terzo e ricominciai a farle scivolare dentro sempre più velocemente fino a quando non arrivò all'apice del piacere.
Mi ritirai soddisfatta e mi chinai su di lei a lasciarle piccoli baci sulle clavicole e lungo la sua mascella scolpita mentre riprendeva fiato.

Il cuore nel palloneDove le storie prendono vita. Scoprilo ora