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I due giorni successivi li trascorsi al centro sportivo insieme ad Alexia. Non mi sorprese affatto vederla lí, era sempre concentrata e pronta a dare il massimo, la vedevi sempre ad allenarsi, anche dopo gli orari degli allenamenti collettivi. Non mi chiese nulla dell'inglese e gliene fui davvero grata; sapevo che aveva visto le foto, me ne accorsi perché cercò di riservarmi alcune attenzioni che non riservava a chiunque, come portarmi il caffè la mattina o venire ad accarezzarmi o incitarmi quando mi vedeva ferma con lo sguardo fisso nel vuoto. Continuai a non avere notizie di Lucy e la cosa non faceva che far accrescere la mia voglia di allenarmi per non pensare a nient'altro.
Al terzo giorno in cui mi ero presentata al centro, Jonatan non mi fece entrare e mi ordinó di andarmene a fare un giro e a rilassarmi, dato che, a detta sua, stavo stressando troppo i miei muscoli. In realtà sapevo che aveva ragione, era già capitato di allenarmi troppo e avere qualche risentimento muscolare che mi aveva fatto saltare qualche partita, ed ora che avevo finalmente ottenuto una maglia da titolare volevo evitare in tutti i modi di farmi trovare impreparata o, peggio ancora, infortunata.
Mi rimisi in auto, ma non sapevo proprio dove andare, così feci partire la mia playlist di spotify, alzai il volume e cominciai a vagare per la città. Un'ora dopo, inevitabilmente, mi ritrovai a parcheggiare vicino al lungomare. Era un richiamo, per me che ero cresciuta in una città di mare come Napoli. Quando avevo pensieri che mi attanagliavano la mente andavo sempre a parlarne col mare, a qualsiasi ora.
Stetti un po' lì, seduta sul bagnasciuga, a guardare quell' immensa distesa d'acqua, ad ascoltarne i rumori, ad osservare come le onde si infrangevano sulla sabbia. Per qualche minuto chiusi gli occhi e mi sembrò di essere tornata a casa.
Avevo voglia di qualcosa di dissetante, così mi incamminai verso il mio chiosco di fiducia. Quando arrivai vidi una calca di persone intente a fare la fila e notai che Ona era da sola a servire, così mi avvicinai ed entrai dietro al bancone; mi unii a lei per aiutarla.

O: "Che stai facendo?" sgranò gli occhi quando mi vide.

"Ti do una mano" risposi come se fosse la cosa più normale di questo mondo.

O: "Ma non sai come si fa, insomma..." era imbarazzata.

"Ehi, guarda che da ragazza ho lavorato per anni in un bar per mantenermi." la interruppi e finsi di essere offesa.

Dopo una ventina di minuti tutti i clienti erano stati soddisfatti ed eravamo rimaste da sole, senza far nulla.

O: "Mi dispiace aver insinuato che non sapessi servire. Ovviamente sai fare anche quello!" mi disse imbarazzata.

"Guarda che stavo scherzando" risi e le sistemai una ciocca di capelli che le copriva un occhio portandogliela dietro l'orecchio.

O: "Fatti offrire almeno una birra" arrossì allontanandosi da me.

Mi piaceva l'effetto che avevo su di lei. Le ragazze di oggi erano tutte così sfacciate, trovare qualcuno di così timido mi sembrava quasi anormale.
Mi sedetti sul banco frigo dietro di me e aspettai mentre lei prendeva due birre dal frigo.

"Come mai Olga non c'è?" chiesi per cambiare discorso e permetterle di tornare ad avere un colorito normale.

O: "È andata ad incontrare alcuni fornitori, a breve dovrebbe tornare." mi allungò una birra con una gradazione molto alta.

"Cerchi di farmi ubriacare?" risi e poi la aprii aiutandomi con il bordo del banco frigo dove ero seduta.

O: "Non mi dire che non reggi una birra!" avvicinò la sua bottiglia alla mia per brindare, poi se la portò alla bocca bevendone un sorso.

"Certo che reggo una birra, però iniziare così prima ancora dell'ora di pranzo mi sembra eccessivo!" le sorrisi e poi bevvi un sorso di quel liquido anch'io.

Il cuore nel palloneDove le storie prendono vita. Scoprilo ora