PICCOLA RENCE

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Restian

Non ero mai stato un tipo che si pentiva delle cose che sceglieva di fare, ma di aver cercato Hellen me ne pentii.

Il karma aveva scelto che qualcuno, quei messaggi, li avrebbe letti: Florence, una delle persone più sbagliate.

Nei giorni a seguire, a ogni messaggio ricevuto da Demian o a ogni videochiamata, speravo di vederlo sorridente o di leggere cose che non riguardassero la sua ragazza.

Erano passati cinque giorni e Florence, al momento, aveva tenuto la bocca chiusa.

Anche con me, però. Non ci vedevamo e sentivamo da quel pomeriggio passato a casa mia.

Vederla al Poetry nello stesso tavolo con Candace e Hellen non fu il massimo.

«Sapevi che c'erano anche loro?» domandai a Terence mentre ci incamminavamo per raggiungerle.

«No, ma Candace è amica di Hellen, Hellen è amica di Florence. Penso che dovresti abituarti a vederle insieme.»

Guardai la mia vecchia amica d'infanzia mentre Terence parlava per cercare di capire se mi odiasse ancora a morte; questo perché mi metteva a disagio la situazione e ciò che aveva scoperto.

Candace si alzò per salutarci. A seguito anche Hellen. Mano sulla mia spalla, io cercai di non toccarla: sbagliare è umano, perseverare è da stupidi.

Durante i saluti continuai a osservare Florence che stette incollata alla sedia e con le dita sul telefono. La mano destra occupata da un drink rossastro. Portò il bicchiere alle labbra e mi adocchiò mentre beveva; forse si era sentita osservata.

Raggirai la figura di Hellen e andai a salutarla.

Non si scomodò e perciò poggiai il palmo sul tavolo di legno per abbassarmi il minimo e raggiungere la sua guancia. Anche il suo fondotinta profumava di pulito.

«Ciao» disse con malavoglia.

«Che entusiasmo. Devi continuare ancora per molto?» sussurrai per non farmi sentire dagli altri.

«A fare cosa?» Lei invece parlò con tono regolare. «Sono stata pure zitta, cosa dovrei fare ancora per te?» fece un finto sorriso, pieno di fastidio.

Visto che lei non aveva peli sulla lingua e quello non era il tavolo più adatto per parlare, mi stetti in silenzio per troncare la conversazione.

Spostai la sedia e mi sedetti accanto a lei. Nonostante fosse arrabbiata con me, mi fece spazio.

Mirai il suo vestiario mentre gli altri parlottavano tra loro: tubino nero lungo fino agli stinchi, scollo a barca, tacchi Louboutin.
«Devi andare in qualche gala?»

Smise di ascoltare Terence per voltarsi verso di me. «Amnesia, serata di apertura.»

Anche io e Terence dovevamo andarci, insieme ad amici suoi; aveva pure convinto Candace. «Ci vediamo lì allora.»

«Non credo proprio. Io sono con Alex.»

Alex era il titolare di diverse discoteche sparse per il mondo. Colui che guidava una Lamborghini nera anche per fare la spesa, ammesso che la facesse lui.

Restian Beck - Attraverso i miei occhiDove le storie prendono vita. Scoprilo ora