Capitolo 8.

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Sabrina:
Mi trovo al buio, il nero della stanza mi avvolge completamente e questo mi fa paura.
Il buio mi ha sempre fatto paura, specialmente in questa situazione con una tempesta in corso e Maria fuori casa.
Le mie mani si muovono in avanti nell'oscurità cercando di afferrare il cappotto che si trova nell'attaccapanni, lo sfilo e lo indosso.
Dopo aver indossato il cappotto cerco di trovare il mio telefono, fortunatamente lo avevo lasciato sopra il tavolo.
Allungo le mie mani in aria per avvicinarmi al tavolo possibilmente senza cadere e rompermi una gamba!
Le mie dita si posano su una piccola superficie liscia e fredda, trovato!
Lo afferro e lo tengo stretto come se fosse un amuleto.
Accendo la torcia del telefono, con passo svelto mi avvio davanti la porta d'ingresso, prendo un ombrello ed esco di casa con il cuore in gola.
Appena uscita di casa noto che Maria non c'è, inizio a camminare e a cercarla.
Il freddo mi colpisce in faccia, la pioggia cade a dirotto, mentre lampi squarciano il cielo e illuminano le strade di questa città.
I miei vestiti iniziano un po' a bagnarsi per via del vento che fa agitare le gocce d'acqua facendole andare dappertutto, ogni passo che faccio è accompagnato dal rumore di pozzanghere che scoppiettano.
Mi stringo nel cappotto, ma sembra che non possa proteggermi abbastanza da questa tempesta così travolgente e violenta che sta torturando la mia amata città.
"Maria" sussurro mentre il mio cervello sta già pensando ai peggiori scenari.
Non riesco a gridare, so che devo chiamarla, ma ogni volta che cerco di emettere un suono la mia voce viene soffocata dalla paura.
Il cuore mi batte così forte che quasi non riesco a respirare e le parole mi rimangono bloccate nella gola, non riescono ad uscire.
Non riesco a fare nulla, mi sento come paralizzata dalla paura e dal terrore.
Rimango ferma al centro della strada a guardami intorno per vedere se intravedo la sua figura, ma nulla.
E se le fosse successo qualcosa di grave?
Sarebbe colpa mia.
Non me lo perdonerei mai e poi mai.
Nei momenti di paura in studio, quando lei mi faceva i suoi soliti scherzi urlavo il suo nome e la sua risata seppur mi faceva innervosire ancora di più era l'unica cosa che mi rasserenava, perché pensavo che nonostante il buio e l'ansia di non sapere cosa stia per succedere da un momento all'altro, nonostante tutto lei era lì.
Se lei era lì niente e nessuno poteva farmi del male, perché lei sapeva fino a dove poteva spingersi con me, sapeva dove arrivava il mio limite.
Ma adesso? Dov'è? Chi mi rassicura? Chi mi rassicura anche solo con una risata?
Il ricordo della sua risata calda e contagiosa, in quel caos in cui tutto sembra così insignificante tanto da essere scaraventato via dalla forza della natura, la memoria della sua risata mi avvolge come una coperta, proteggendomi e mantenendomi al caldo, facendomi provare un forte senso di nostalgia.
Mi sorprendo di me stessa nel desiderare così assiduamente di sentire ancora quella risata, come se fosse l'unica scorciatoia in mezzo a questa tempesta.
Torno in me, devo fare qualcosa.
Il panico mi stringe lo stomaco mentre realizzo la gravità della situazione.
Le labbra si aprono e un grido scivola via, si mischia al rumore della pioggia e al buio.
"Maria!" urlo ancora più forte.
Ci sono solo io qui, le strade sono deserte e oscure.
La chiamo, la chiamo ancora, la chiamo con tutta la voce che ho.
"Maria! Dove sei?!" urlo disperata con la voce tremante.
I tuoni rimbombano così forte che quasi non riesco a sentire la mia stessa voce.
Avanzo in strada lentamente cercando di scorgere qualcosa.
Ogni volta che penso di aver visto qualcuno o sentito dei passi, la mia speranza si dissolve nel caos della tempesta ed il mio cuore si agita nuovamente.
Non mi fermo, non mi devo fermare, non adesso!
Ancora nulla.
La frustrazione e la paura mi avvolgono e mi schiacciano e la consapevolezza di non riuscire a trovarla mi travolge.
Le lacrime scorrono sul mio viso, mescolandosi con la pioggia, faccio un bel respiro e vado avanti, non mi arrendo.
Con tanta paura mi avventuro in un piccolo viale laterale.
In un angolo un po' più protetto noto un tendone di un negozio, a terra sotto ad esso scorgo una figura accasciata a terra.
Con il respiro affannato e le mani che tremano, mi avvicino e realizzo che è lei.

Lei, la tua ragione il tuo perché Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora