Capitolo 9.

266 22 4
                                    

Sabrina:
Si trova piegata a terra, visibilmente stordita.
Nonostante la poca luce che riesco a fare con la torcia del telefono noto il suo volto pallido e i suoi occhi socchiusi, come se stesse cercando di riprendersi dopo un colpo o una caduta.
È tutta bagnata, fracica.
Sembra che abbia trovato riparo sotto il tendone per sottrarsi alla furia del temporale.
Mi inginocchio accanto lei, le sue labbra si muovono lentamente, ma non riesce a parlare chiaramente.
Le mani mi tremano mentre le accarezzo la faccia.
La pioggia e il vento continuano a infuriare, ma in quel momento avendola accanto a me tutto sembra più leggero.
Avvolgo le sue spalle tra le mie braccia con tutta la forza che ho, sento il battito del suo cuore che si sincronizza con il mio.
In questo momento, tutto il resto svanisce, ci siamo solo io e lei, unite in un'intesa profonda che mi riempie di una pace intensa e rassicurante.
Dopo minuti di panico e paura, finalmente è qui con me.
Le lacrime iniziano a scendere lungo le mie guance, vederla sebbene provata, al sicuro sotto il tendone mi tranquillizza.
"Sabri" sussurra.
"Sono qui tranquilla, sono qui" le sussurrò anch'io.
La stringo più forte a me, avverto dalla sua pelle poco scoperta il gelo che la sta attraversando.
Mi alzo da terra, tolgo via il mio cappotto e lo sistemo con cura sopra il suo corpo coprendola per bene.
Noto che con sé sotto il braccio ha la borsa, pensavo che l'avesse lasciata a casa essendo lei una donna sconclusionata.
Il vento si è placato e le nuvole cominciano a lasciare spazio ad un cielo sereno e stellato.
Il suono della pioggia via via si affievolisce sempre di più.
Mi abbasso vicino a lei la guardo ancora negli occhi, lei fa lo stesso seppure li tiene un po' socchiusi.
"La tempesta è finita adesso è mejo che tornamo a casa" le dico.
Poggio una mano sulla sua schiena e l'altra sul suo ventre per aiutarla ad alzarsi e così con un respiro profondo e affaticato, si solleva lentamente, sento i suoi muscoli tesi e tremanti per lo sforzo.
Prendo delicatamente il suo braccio sinistro e lo porto attorno al mio collo e con l'altra le avvolgo il bacino per tenerla stretta a me.
È così fragile che mi sembra di poterla spezzare solo stringendo un po' di più la presa.
Nonostante la sua maestosità, il suo potere, mi rendo conto di quanto sia indifesa e fragile, non solo nel fisico ma anche dentro, internamente.
La sua magrezza è un qualcosa di più, è il riflesso di qualcosa di più profondo, ne sono sicura.
Forse per questo si è allontanata da me in questi mesi, forse si è sentita sopraffatta, vulnerabile in un modo che non voleva mostrarmi.
Lei odia farsi vedere così debole e fragile.
Forse ha avuto paura che io vedessi la sua debolezza, che notassi quel filo sottile che la tiene insieme e che non avrebbe retto sotto il mio sguardo.
Ma perché?
Mi si stringe il cuore mentre mi chiedo perché non mi abbia chiesto aiuto.
Continuo a tenere il suo corpo fragile mentre  ci dirigiamo a casa mia e nella mia mente si affollano tante domande senza risposta.
Perché non mi ha cercata quando ne aveva bisogno?
Perché ha scelto di affrontare tutto da sola allontanandomi?
Penso ancora alle sue parole "Sono solo tanto sensibile e stanca in questo periodo...mi sono chiusa in me stessa" per un attimo credo si sia confidata con me ma poi è come se si fosse pentita di essersi sfogata per un solo istante.
E poi ancora "Sabrina cazzo! Ti ho detto che non ti voglio qui! Vattene! Non ho bisogno di te per dormire! Non mi servi tu! Non mi serve nessuno! Lasciami in pace cazzo! Se mi sono allontanata da te è perché non ti voglio più vedere! Vattene via!" ripenso a queste parole.
Era stata così aggressiva con me, fuori di sè e non riuscivo a capire il perché.
Si incazzava spesso ultimamente anche durante una delle sue trasmissioni più famose, inveiva e andava contro qualsiasi persona puntava quel giorno.
Quella sera solo un attimo prima aveva iniziato a sfogarsi con me a lasciare quel dolore che aveva tenuto nascosto per così tanto tempo.
Poi di colpo si era irrigidita, il tono della sua voce era cambiato.
Adesso che ci ripenso forse si era pentita di essersi per un solo istante essersi lasciata andare, di aver abbassato la guardia anche per un secondo.
Sono sicura che la sua aggressività non era diretta a me ma a sé stessa, alla paura e alla rabbia di essersi mostrata così indifesa ai miei occhi, anche se per me lei è tutt'altro.
Per me Maria è una persona da ammirare lo dico e lo dirò sempre.
C'è una determinazione in lei che mi colpisce profondamente, ha cercato di affrontare tutto da sola, senza l'aiuto di nessuno, senza neanche il mio aiuto.
Perché diciamo la verità un qualsiasi lutto cambia profondamente le persone e le cose.
Con esso cambiamo noi stessi, le nostre priorità, ci costringe a confrontarci con le nostre paure più profonde.
E mentre la guardo capisco che ci vuole un coraggio incredibile per resistente nonostante tutto, nonostante la fama che a volte ti spinge a dover nascondere i tuoi veri sentimenti, ti costringe a mettere in determinate situazioni una maschera.
Come recita Pirandello in una delle sue opere più importanti "C'è una maschera per la famiglia, una per la società, una per il lavoro e quando stai solo, resti nessuno" questo lo fanno tutti è vero, ma per noi persone dello spettacolo è tutto più amplificato.
Il suo modo di nascondere le proprie ferite per non gravare sugli altri, è qualcosa che non posso fare a meno di ammirare.
Arrivati davanti il portone di casa mia entriamo insieme mentre io la sorreggo, chiudo il portone.
Lascio andare la maniglia e con essa anche l'ansia e la paura che mi avevano divorato ore fa.
Finalmente mi sento al sicuro a casa mia e con Maria tra le mie braccia.

Maria:
Stiamo aspettando che arrivi l'ascensore, nel frattempo sento le sue mani attorno al mio bacino che mi sostiene.
Ancora non riesco a crederci, poche ore fa ero lì, in mezzo alla tempesta, convinta che mi sarebbe successo qualcosa di grave.
Prima di riuscire a mettermi al riparo il vento mi spingeva indietro tanto è vero che sono anche scivolata, la pioggia mi accecava ed ogni passo sembrava una battaglia persa.
Poi all'improvviso mentre ero accasciata a terra sotto quel grosso tendone è apparsa lei.
Le sue mani che mi accarezzavano mentre mi sussurrava di stare tranquilla e che sarebbe andato tutto bene, mi sorprendo a ripensarci, a quel gesto così naturale per lei e così straordinario per me.
Non so cosa avrei fatto senza di lei.

Lei, la tua ragione il tuo perché Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora