Capitolo 30.

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Maria:
Sto uscendo dall'ufficio prima visto che oggi è stata una giornata parecchio pesante.
È tardo pomeriggio, avevo intenzione di rimanere fino a sera, però non riesco, sono ancora stanca e scombussolata per tutto il casino che è successo con Sabrina.
Sono passate solo poche ore, ma il senso di colpa mi sta ancora logorando.
Ripenso a come l'ho trattata, a quelle parole dette senza pensare, alla rabbia che mi ha accecata.
Vedo ancora il suo sguardo, deluso, ferito, incredulo.
Abbiamo chiarito, lei mi ha detto di aver capito, di lavorare sul mio comportamento per migliorare la nostra relazione, ma io non riesco a non pensare a tutto quello che le ho detto.
La verità è che ho paura che questa ferita possa rimanere in lei.
Non riesco a scrollarmi di dosso il senso di colpa.
Questo lato di me esiste e non lo sopporto.
Ogni volta che esplodo, che lascio che la rabbia prenda il controllo, finisco per sentirmi vuota e sbagliata.
Ho chiesto scusa e lei mi ha perdonata, ma io non riesco a fare lo stesso con me stessa.
La mia mente torna ad ogni parola detta, ad ogni sguardo e gesto di poche ore fa.
Vorrei trovare un modo per cambiare questo lato del mio carattere, vorrei imparare a saper gestire le emoziono prima che sia troppo tardi.
A volte sembra che sia più forte di me, come se fosse una parte che non riesco a scacciare del tutto.
Sono finalmente in macchina, metto in moto e parto con qualche lacrime che scende dal mio viso.
Vorrei chiamarla, dirle che mi dispiace ancora e ancora, però stasera torna lui e forse è meglio se non la chiamo.
Mentre guido, le mani stringono il volante così forte che le nocche diventano bianche, non riesco a calmarmi.
Continuo ancora a piangere e ad essere incazzata con me stessa, provo a portar via velocemente le lacrime che mi appannano la vista.
Cerco di fare un respiro profondo, di convincermi che è tutto passato, ma il nervosismo è troppo forte.
Ogni volta che esplodo, poi mi resta solo questo nervosismo e questo odio nei miei confronti.
Finalmente arrivo a casa, posteggio e mi dirigo alla svelta dentro casa.
Probabilmente farò una doccia calda e neanche cenerò, perché non ne ho voglia, ho proprio lo stomaco chiuso e poi ho parecchio sonno, sono sfinita.
Arrivata davanti la porta la apro e vedo la mia collaboratrice domestica che viene verso di me.
"Signora Maria io vado arrivederci"
"Ciao" la saluto e lei va via.
Rimango sola davanti l'ingresso, entro ed il peso di questa giornata non mi lascia andare.
Sento le lacrime scendere, una dopo l'altra, chiudo la porta dietro di me, il silenzio è quasi assordante.
La casa mi accoglie nel suo vuoto, nella sua freddezza.
Ci sono giorni in cui mi sento così sola e fragile e questo è proprio uno di quei giorni.
Mi rendo conto che a fine giornata quando torno a casa non c'è nessuno che mi aspetta e questo mi rattrista parecchio.
Tolgo il cappotto e lo appendo sull'attaccapanni che c'è all'ingresso.
Resto ferma lì, a fissare il pavimento con un nodo alla gola che ancora non va via.
Mentre avanzo nel salone, persa nei miei pensieri, mi fermo di colpo.
Davanti a me c'è lei, con un sorriso timido e dolce.
Indossa un grembiule da cucina e sembra che abbia finito adesso di cucinare, ha i capelli raccolti in uno chignon scomposto che la rende ancora più bella.
"Sabri" riesco soltanto a dire.
"Ehi" sussurra.
"Che ci fai qui?"
"Mi ha chiamata poco fa dicendo che ha avuto un contrattempo e che quindi partirà domani o dopodomani manco ho capito bene...così sono corsa qui perché mi andava di vederti e di stare un po' con te" sorride dolcemente.
Mentre la sua voce risuona dolce, dicendomi che vuole stare con me, una fitta di rimorso mi colpisce.
Quanto sono stata stupida e impulsiva a lasciarmi travolgere dalla rabbia, a trattarla in quel modo.
Mi sento ferita dai miei stessi errori.
Eppure lei è qui, pronta a starmi accanto, con una tenerezza che mi fa sentire ancora più in colpa.
Si avvicina lentamente a me guardandomi negli occhi, poggia una mano sulla mia guancia ancora bagnata dalle lacrime.
"Ehi ma che fai piangi?" mi chiede con quel tono ancora più dolce di prima.
"È che...dopo tutto il casino di oggi io mi sento ancora tremendamente in colpa...e tu...tu non so come fai a voler stare ancora con me dopo averti trattata in quel modo" rispondo e sento ancora quella morsa allo stomaco.
Poggia le sue mani attorno ai miei fianchi, mi guarda sorridendo.
"Sto con te perché ti amo e poi abbiamo detto che da oggi in poi resteremo unite e affronteremo tutto insieme, ti sei dimenticata Marì?" ride, con quella sua risata che ogni volta amo.
"Non l'ho dimenticato, però ho paura di averti ferita troppo con il mio comportamento Sabri" mi prende le mani con dolcezza, stringendole appena, come a volermi trasmettere sicurezza, mi sorride con una tenerezza che scioglie ogni tensione.
"Mi hai ferita, sì..." ammette piano, senza traccia di rancore nella sua voce.
"Ma sono qui, no? E se sono qui è perché voglio stare con te, non ti lascerò andare così facilmente signora De Filippi!" sorride ancora, lasciandomi un bacio a stampo sulle labbra.
"L'importante è che tu abbia capito che hai sbagliato e questo lo vedo, per il resto va tutto bene, affronteremo tutti insieme" mi rassicura.
Mi dice che sì, l'ho ferita, ma è ancora qui, davanti a me, perché sceglie di restare. Sento la tensione scivolare via, come se un peso invisibile si fosse finalmente dissolto.
Mi sembra quasi incredibile, eppure sono qui, con lei, e tutto quello che ho temuto di perdere è ancora davanti a me.
"Grazie" le riesco soltanto a dire.
"Ma che grazie! Che so' er fattorino che te porta 'a pizza che me ringrazi!" mi dà un piccolo schiaffetto sul braccio.
"Ti ringrazio perché so che non hai un carattere facile, ti ringrazio perché so che la tua pazienza ha un limite ma con me cerchi sempre di averne all'infinito, ti ringrazio perché so che quando una persona ti delude tu la elimini anche se ci stai parecchio male...ma adesso guardati sei qui ed io sento io bisogno di ringraziarti perché hai deciso di riprovarci, insieme. Quindi sì ti ringrazio!" l'abbraccio portando le mie mani dietro la sua schiena.
Stringerla tra le braccia mi fa sentire al sicuro, come se con questo abbraccio potessi cancellare ogni dubbio, ogni errore. Sento il suo respiro vicino, e tutto il resto scompare.
Le accarezzo la schiena piano, quasi a voler trasmettere con quel gesto tutto ciò che non riesco a dire a parole.
In questo abbraccio ritrovo la certezza che, nonostante tutto, siamo ancora qui, insieme.
Ci sciogliamo lentamente da quell'abbraccio, lei prende la mia mano per trascinarmi non so dove.
"Ecco qua!" urla mostrandomi il tavolo tutto ben apparecchiato pronto per cenare, ma io scoppio a ridere.
"Che te ridi?" domanda lanciandomi un'occhiataccia.
"Pensavo mi stessi portando in un altro posto o meglio in un'altra stanza" ed un sorriso insano si forma sulle mie labbra.
Lei capisce immediatamente a cosa mi riferisco, si avvicina lentamente a me, portando la sua faccia vicina alla mia.
Siamo a pochi centimetri di distanza, mi guarda prima negli occhi, poi sposta il suo sguardo sulle mie labbra per poi guardami di nuovo negli occhi.
"T'è piaciuto fare la malandrina e trattarmi de merda davanti a quella lì, ora lo vedi tutto questo...te lo dovrai meritare!" si indica dalla testa a piedi.
"Ma dai!!" dico avvicinandomi a lei lasciandole un bacio sul collo.
"T'ho detto de no" dice con un tono serio ma la sua faccia nasconde un sorriso che purtroppo io intravedo.
"Tanto non resisterai per molto" le dico mentre lei ride di gusto.
"Ma sentila...parla quella che ogni volta appena me vede sbava manco fossi un cane"
"E va bene fai come vuoi, tanto io ci so stare senza" le dico allontanandomi da lei per sedermi a tavola.
"Bene...significa che ci sai stare senza de me...vai da Francesca e da tutte le altre" la guardo ed il suo sguardo è cambiato rispetto a prima.
Anzi non mi guarda più, prende nervosamente la pentola con dentro il cibo per portarla sul tavolo.
"Non è una questione di non saper stare senza di te...io stavo scherzando, non capisco nemmeno perché mi dici queste cose"
Non mi risponde.
"Dici di avermi perdonata però guardati sei già pronta a fare battutine su Francesca, dici che lavoreremo insieme e che affronteremo tutto ma guardati...non mi rispondi e non mi guardi neanche più in faccia!" mi alzo dal tavolo stanca, vado dritta in camera mia ho bisogno di stare da sola.

Credo siano trascorsi alcuni minuti da quando sono andata via dalla cucina.
Mi alzo dal letto, devo ancora farmi la doccia, così prendo ciò che mi serve ed esco dalla camera per andare in bagno.
Apro la porta e me la ritrovo davanti, sobbalza un po' perché non si aspettava che stessi per uscire.
"Possiamo parlare?" chiede a bassa voce.
"No adesso devo farmi la doccia" cerco di raggiungere il bagno ma lei mi ferma poggiando una mano sul mio petto.
"No adesso parliamo!"
"Di che cazzo dobbiamo parlare Sabrina? Stavolta sei tu quella sta sbagliando"
"Lo so e ti chiedo scusa..." la interrompo.
"Io penso che tu sia ancora tanto arrabbiata con me per questa storia di Francesca solo che non lo vuoi ammettere e poi quando si presenta l'occasione ecco che sei pronta a lanciare frecciatine" le confesso cosa penso davvero.
"D'accordo è vero...sono ancora incazzata, però tutte le cose che ti ho detto oggi quando sei arrivata sono vere...vorrei soltanto che tu la licenziassi, solo così forse sarei un po' più tranquilla"
"Non posso licenziare le persone così dall'oggi al domani Sabrina" sbuffa.
"Non vuoi non è che non puoi" incrocia le braccia.
"Sabrina questa ragazza ha pure una bambina che ha avuto in passato quando era ancora più giovane, non posso licenziarla così in questo modo e poi se la licenziassi adesso chissà cosa penserà di noi due e questo non può succedere" cerco di farla ragionare ma è tutto inutile.
"Vabbè ho capito è evidente che te interessi de più de lei che de me"
"Sabrina non cominciare a dire cazzate per favore! Ti sto solo dicendo come stanno le cose!"
Rimane in silenzio, tutti e due a dire il vero rimaniamo in silenzio a guardarci come se ci stiamo rendendo conto del fatto che stiamo di nuovo litigando.
Le nostre bocche hanno detto delle cose orribili che non volevamo sentire e adesso stanno zitte, ma gli occhi, loro si guardano a vicenda e parlano tra di loro.
Dicono più delle nostre labbra, vorrebbero prendere il loro posto per poter mettere fine a tutto ciò e comunicare ciò che vediamo veramente ma che non riusciamo ad ammettere ovvero il fatto che il nostro è un amore così complicato ma allo stesso tempo così puro e bello, un amore da proteggere.
Nel silenzio più totale il telefono che tento in mano si illumina, è arrivato un messaggio, sollevo il telefono per leggerlo, ecco qui.
Un messaggio, non da una persona qualsiasi ma giusto giusto da lei.
Un messaggio da Francesca.
Lei lo vede.
< Grazie per avermi difesa oggi!❤️ > c'è scritto.
"Ecco qua come cazzo stanno le cose!" urla.
Possibile che ogni volta sia sempre così complicato?
Io volevo vivere il mio amore con lei in santa pace ma ogni volta sembra sempre una battaglia.

Lei, la tua ragione il tuo perché Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora