Capitolo 31.

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Sabrina:
La lascio lì con il telefono in mano mentre io mi dirigo in cucina.
Non ho più voglia di litigare.
Non ho più voglia di sentire le sue cazzate.
Non ho più voglia di sentire la sua voce.
Non ho più voglia di nulla.
Ho solo voglia di silenzio e basta.
Arrivata in cucina servo su un piatto il pollo alla romana che avevo preparato, lo metto solo a lei visto che a me si è chiuso l'appetito.
Volevo farle una sorpresa, ancora una volta nonostante tutto volevo dimostrarle il mio amore per lei, perché anche se lei ha perdonato me dopo averle detto di dimenticare tutto dopo aver fatto l'amore quel giorno, io ancora mi sento in colpa, ma lei con me si sta comportando di merda.
Sono sicura che lei si sia accorta del fatto che questa ragazza ci provi con lei e non mi ha detto nulla per non farmi incazzare ma è evidente, significa che a lei questa situazione sta bene.
Mentre finisco di aggiungere un po' di brodo al pollo sento le sue mani avvolgermi il ventre e poggiare il suo mento sulla mia spalla.
"Spostati che me fai cadere tutto" dico fredda, perché la mia freddezza è l'unica cosa che si merita adesso.
"Sei arrabbiata?"
"Dai spostati!" dico sollevando un po' il braccio cerando di farla spostare e così fa, nel frattempo poso il piatto sul tavolo.
Mi giro verso di lei con uno sguardo che brucia, cercando di mantenere la calma, anche se sento il nodo alla gola che minaccia di soffocarmi.
"Buona cena!" le dico semplicemente.
"Tu non mangi?" mi guarda, sorpresa con una voce quasi ingenua.
Rido tra me e me, ma è una risata amara, che mi risuona dentro come un'eco vuota. Non le rispondo subito, perché so che se lo facessi in quel momento, rischierei di urlarle contro tutto quello che mi sta consumando. Alla fine, la guardo dritto negli occhi, lasciando che veda la rabbia e il dolore che mi porto dentro.
"Mi è passata la fame" dico, cercando di mantenere la voce ferma.
Non aspetto nemmeno la sua risposta, mi allontano lasciandola lì.
Mi dirigo verso il salone, mi distendo sul divano cercando di rilassarmi un po', porto un cuscino contro il petto, sperando che almeno questo mi dia un po' di conforto, ma non funziona.
La testa mi scoppia e ogni tentativo di calmarmi sembra inutile.
Ecco qui, la vedo avanzare verso di me con passi leggeri ma decisi.
"Non mi va stai così Sabri" dice con quella voce bassa, quasi timida e per un attimo rimango immobile, incapace di decidere se ignorarla o affrontarla.
Stringo ancora più forte il cuscino tra le mie braccia per cercare di alleviare tutta la rabbia che c'è dentro di me.
"Ci sono cose che mi fanno stare così e lo sai benissimo" rispondo, mantenendo un tono calmo ma carico di tensione.
Rimane in silenzio a guardarmi senza dire nulla.
"Non hai intenzione di licenziarla, vero?" le dico subito.
Lei sospira come se avesse già previsto la mia domanda.
Si siede sul bordo del divano, con le mani intrecciate sulle ginocchia.
"Sabri non è così semplice te l'ho già spiegato..." la interrompo perché sono stanca di sentire le cazzate che spara.
"Non è semplice? Perché per te è troppo complicato proteggere quello che siamo?" mi alzo dal divano, iniziando a camminare avanti e indietro.
"Non ti sto chiedendo di fare chissà cosa...se non vuoi licenziarla almeno metti dei limiti! Parlale almeno! Dille di stare al suo posto!"
Lei scuote la testa, guardandomi con un'espressione che non capisco del tutto. È un misto di stanchezza e qualcosa che somiglia all'irritazione.
"Sabrina ascoltami Francesca ha fatto quel che ha fatto d'accordo...ma non c'è niente di tutto quello che stai immaginando tu...secondo me stai ingigantendo troppo la questione" si alza anche lei dal divano per posizionarsi davanti a me.
"Ah quindi il problema sono io adesso? Sono io che vedo le cose in modo sbagliato? O sei te che fai finta de nulla?" lei si passa una mano tra i capelli, visibilmente a disagio.
"Non posso licenziarla per una cosa del genere e parlarle sarebbe altrettanto rischioso" è una continua giustificazione.
Rimango in silenzio a guardarla perché non riesco a credere che stia difendendo quella ragazza andando anche contro me.
"Va bene Maria fai come cazzo vuoi...io non ti dico più nulla" mi risiedo di nuovo sul divano con le braccia incrociate a contemplare il nulla.
Si diede anche lei, cerca di abbracciarmi ma io mi scanso.
"Non pensi di star esagerando adesso?" domanda con un tono seccato.
Io non ci vedo più dalla rabbia, non riesco più a trattenermi.
"Esagerata?! Difendere la nostra relazione è esagerato?! Chiedere rispetto è esagerato?! Forse per te sì, ma non per me!" urlo.
"Ma ti sembra giusto?! È giusto che tra di noi ci debbano essere problemi per colpa sua? Perché io non lo accetto...non posso accettarlo." finisco la frase con la voce che mi trema forse per la stanchezza, forse per l'angoscia o forse perché questa discussione sta diventando troppo pesante da superare, sembra un'onda che non riusciamo a cavalcare.
"Io non voglio che ci siano problemi tra di noi...ma non credo che Francesca sia la causa di questi problemi., forse..." si ferma come se stese scegliendo con cura le parole da pronunciare.
"Forse siamo noi a complicare tutto" pensa davvero questo?
"Noi? Noi chi? Io che sto cercando solo di proteggere quello che abbiamo? Io che ti chiedo solo di farle capire che ci sono dei limiti? Dimmi, che cosa ho complicato io?" si passa una mano tra i capelli, visibilmente stanca e turbata.
"Sabrina non sto dicendo che è colpa tua...sto dicendo che stiamo dando importanza a qualcosa che non dovrebbe averne e Francesca è soltanto una mia collaboratrice, niente di più" si avvicina di più a me.
"E allora perché non fai nulla? Perché continui a lasciarle spazio? Ti ha mandato quel messaggio per ringraziarti di averla difesa, come se fossi dalla sua parte. Non ti rendi conto di quanto sia sbagliato? Di quanto mi faccia male pensare che lei si senta autorizzata a comportarsi così con me e allo stesso tempo con te?" dopo tutta la rabbia sento la tristezza e la delusione irrompere.
"Possiamo chiudere questo argomento qui per favore? Sono stanca" sospira.
Mi irrigidisco, incapace di rispondere. Quante volte ho sentito quel tono? Quante volte mi sono sentita una voce di troppo, un peso, qualcosa di secondario? Non voglio litigare, davvero, ma la sua indifferenza, il suo modo di tagliare corto come se fosse solo un capriccio da parte mia... mi fa male, un male che non riesco più a nascondere.
Sento le lacrime salire, brucianti, e cerco di trattenerle.
Non voglio piangere davanti a lei, non voglio darle questa soddisfazione, ma è inutile, una dopo l'altra iniziano a scorrere lacrime lungo il mio viso.
Abbasso lo sguardo, porto i capelli davanti il viso sperando che lei non se ne accorga, ma lo fa.
"Sabri...stai piangendo?" la sua voce adesso è bassa, esitante.
Non le rispondo.
Mi asciugo velocemente gli occhi con il dorso della mano, cercando di soffocare il singhiozzo che mi risale in gola.
Non voglio che veda quanto mi ha ferita anche se lo sa.
"Che cambia? Tu sei stanca, no?" riesco a dire.
Si avvicina a me, la sua mano sfiora il mio braccio, esistente, io non dico nulla.
"Sabri...non piangere ti prego" ma io scuoto la testa, mordendomi le labbra per non lasciarmi andare completamente.
"Non sono stanca di te" afferma.
"Allora perché continui a farmi sentire così? Perché non riesco a sentirmi amata come vorrei?" noto il suo sguardo cambiare.
"Tu non ti senti amata da me?" domanda deglutendo.
"Non lo so...ci sono giorni in cui me fai sentì  come se fossi la cosa più bella del mondo e giorni come questo che me fai sentì 'na nullità"
"Addirittura una nullità?" domanda sconvolta e incazzata.
Annuisco leggermente.
Si alza dal divano passando le mani tra i capelli e in faccia come stesse cercando di mantenere la poco pazienza rimasta.
Si avvicina nuovamente inginocchiandosi a terra, davanti le mie gambe.
Quando si avvicina i suoi occhi sono fissi nei miei, così pieni di emozione che per un attimo mi manca il respiro.
Mi prende il viso tra le mani, le sue dita fredde contro la mia pelle calda.
La sua voce è bassa, quasi spezzata, ma c'è una determinazione che non riesco a ignorare.
"Stamattina mi hai guardata negli occhi..." dice con calma.
"E abbiamo promesso che niente e nessuno poteva intromettersi tra di noi. Che avremmo combattuto insieme. Lo ricordi, vero?" eh certo che lo ricordo.
"Sì, lo ricordo! Ma io sto combattendo. E tu? Tu stai combattendo per noi o per difendere lei?" la vedo sospirare, e per un attimo sembra stanca, quasi fragile.
"Io sono sempre dalla tua parte" risponde ed il mio in cui mi guarda mi fa quasi sciogliere.
"Ma combattere insieme non vuol dire vedere nemici ovunque. Francesca non è un nemico, non lo è mai stata. Ti prometto che farò in modo che capisca qual è il suo posto. Ma non possiamo lasciare che questa situazione ci faccia del male." mi scosto leggermente dalle sue mani.
"E cosa le dirai? Le farai capire che deve stare al suo cazzo di posto? Le farai capire che deve sta alla larga da te? Le farai capire che non può chiamarti Mary che non sei 'na sua collega ma il suo capo?! Le farai capire che deve rispettare e che quello che se inventato oggi è abbastanza grave?!" annuisce ad ogni mia parola.
"Le farò capire tutte queste cose, te lo prometto" risponde con fermezza.
"Non promette un cazzo Marì" mi sta facendo di nuovo incazzare, perché lei promette ma poi non misura ciò che fa e che dice.
"No invece te lo prometto!" insiste.
"Non devi promettermi un cazzo Maria...prima di fare promesse a me impara a fare promesse a te stessa" le dico non guardandola più.
"Ascolta Sabrina...io lo so che adesso sei incazzata, adesso vorresti soltanto andartene via e ritornare a casa tua per starmi lontana dopo tutto ciò, però ormai è buio e sei costretta a dormire qui..." la interrompo.
"Oh vedi che quanno voi c'arrivi" una leggera risatina scappa a tutti e due.
Ritorna seria, mi invita a guardarla negli occhi e così faccio.
"Sabrina Ferilli io non voglio perderti, non posso e non voglio permettere che succeda, non a noi"
"Sei tanto brava te con le parole ma io ho bisogno di fatti Maria" eccole qui di nuovo, le lacrime.
Si solleva da terra, siede sul divano, abbracciandomi mentre io rimango ferma, immobile, mentre scoppio a piangere.
Si allontana da me e fa un respiro profondo.
"Mi dispiace Sabri, so che scusarmi ogni volta non basta, lo so perfettamente.
Ma tu meriti qualcuno che ti faccia sentire speciale, amata, e non... non così. Non come ti ho fatto sentire io oggi. E non voglio che pensi nemmeno per un secondo che non sei abbastanza, perché lo sei, Sabri. Sei tutto per me. E io... io sono solo una stupida che non sa come trattarti come meriti."
Mi fissa, quasi cercando un segno, una risposta, qualcosa.
Non riesco a dire nulla.
"Ti amo...non ho mai amato nessuno come amo te e sarà sempre così, ne sono sicura. Potrà arrivare Francesca, non so Michela, Giovanna e altre mille ragazze ma io guarderò sempre e solo te...te che mi hai insegnato oltre ad amare anche ad essere leggera, mi hai insegnato a mostrare le mie debolezze, le mie emozioni..." si ferma poi continua.
"Prima di incontrarti, pensavo che il mio modo di fare, il mio controllo, fosse tutto ciò di cui avevo bisogno. Ma tu... tu mi hai fatto vedere che a volte bisogna lasciarsi andare, accettare che non possiamo sempre avere tutto sotto controllo, che ogni tanto va bene anche sprofondare per poi rialzarsi...io tutte queste cose le ho imparate da te..." prende le mie mani tra le sue e le stringe un po'.
Mi sento invasa da un turbinio di emozioni: rabbia, dolore, ma anche una profonda tenerezza.
Non riesco a distogliere lo sguardo da lei, da quegli occhi pieni di rimpianto e amore.
Una parte di me vorrebbe urlarle contro, ricordarle tutto il male che mi ha fatto, ma un'altra parte sa quanto sia difficile per lei aprirsi così.
"Ti amo tanto e voglio dimostrartelo" rimango in silenzio, lei abbassa lo sguardo quasi aspettandosi di essere respinta.
Ma prima che possa allontanarsi, allungo una mano e la prendo per un braccio.
Avvicino le mie labbra alle sue, quanto mi sono mancate.
Il bacio inizialmente dolce si trasforma in qualcosa di più profondo, un bacio bisognoso.
Non c'è più spazio per le parole, solo questo bacio che esprime tutto ciò che siamo; odi et amo.

Lei, la tua ragione il tuo perché Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora