Capitolo 19.

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Sabrina:
Non riesco a prender sonno, mi giro e mi rigiro sul letto.
Ripenso a lei, a me, a noi.
Mi sento divisa in due; da una parte sento il forte bisogno di perdonarla perché già mi manca ma dall'altra sono delusa dalle sue continue bugie.
Mi sento incapace di smettere di pensare a quello che è successo stanotte.
Ogni singolo momento della serata mi torna in mente, più cerco di uscire fuori da questo vortice di pensieri e più vengo inghiottita.
Il silenzio della stanza amplifica tutto, amplifica le mie emozioni.
Questa è la prima sera di lei, mi ero un po' abituata ad averla nel mio letto oltre che nella mia quotidianità.
Mi sento sola, più sola che mai, il letto sembra enorme senza di lei, lei che mentre dormivamo mi teneva stretta tra le sue braccia.
Ed eccolo qui questi strani pensieri che mi creo quando penso a lei.
Perché dopo tutto quello che mi ha fatto non riesco a lasciarla andare?
Io non so una che cerca dei punti d'incontro, una volta l'ho anche detto in un'intervista, ma quando si tratta di lei, io non ragiono più.
Lei mi fa uno strano effetto, è come se la mia parte razionale si spegnesse e prendesse il controllo della situazione solo la parte sentimentale, emotiva.
Io quando si tratta di Maria non riesco ad essere lucida.
E se avesse ragione Gerry?
Un notifica arriva sul mio telefono, lo prendo e leggo chi me l'ha mandato.
È lui.
< Sabrina ti devo parlare, possiamo vederci domani? > domanda.
Ma che vuole a quest'ora? Ancora con la storia del divorzio?
Decido di non rispondere, non c'ho voglia.
Ritorno a pensare a lei, chissà adesso che starà facendo.
Prendo il telefono, ho intenzione di chiamarla Rudy, lui è l'unico che sa come sta veramente, almeno spero.
Sblocco il telefono e scorro con il dito tra i molti numeri di telefono che ho registrato, dopo alcuni secondo finalmente trovo il suo numero e lo chiamo, sperando risponda.
"Ohi Sabri" risponde con una voce assonnata, poverino l'avrò svegliato.
"Ciao Rù ma stavi dormendo?"
"Ma secondo te?"
"Scusa non volevo, ma ho bisogno de parlà  co' te, ti va?" spero di non disturbarlo troppo.
"Tranquilla, certo che mi va!" eh figurati, deve sempre fare l'impiccione.
"Intanto volvevo chiederti scusa pe' oggi, me dispiace se t'ho trattato in quel modo, ero incazzata tu ti sei intromesso e..." mi interrompe mentre cerco di giustificarmi.
"Tranquilla lo so che eri incazzata, infatti ho sbagliato io ad intromettermi" ammette.
"Ma lei dov'è adesso? Come sta?" chiedo di botto, non riesco più ad aspettare, devo avere sue notizie.
"Male Sabri, dopo che sei andata via è scoppiata a piangere, non riusciva a calmarsi..." fa male, non so cosa mi aspettasi di sentire, forse che fosse arrabbiata, delusa, ma no che stesse davvero male.
Mi ritrovo a fissare il muro con il telefono vicino l'orecchio, con un nodo alla gola che non va via.
Mi sento confusa, colpevole e allo stesso tempo troppo orgogliosa per fare il primo passo.
Ma se sta davvero così male, forse è perché a me ci tiene.
Ed io? Forse dovrei smetterla di comportarmi in questo modo, di dare la colpa a lei e affrontare quello che provo, qualsiasi cosa sia.
"Ma adesso dov'è? Come sta?" chiedo un po' agitata, l'idea che lei stia male da sola mi manda in panico.
"Siamo riusciti dopo un bel po' a calmarla e l'abbiamo portata a casa, ci siamo assicurati che stesse del tutto bene prima di andare via" spiega, ma io non faccio che preoccuparmi per lei.
"Quindi è sola? A casa?"
"Sì Sabri"
"E se stesse male?!"
"Tranquilla...ha detto che andava a dormire, era parecchio stanca oggi, ha lavorato senza fare neanche una pausa"
Ripenso a lei quando stamattina mi ha detto che aveva molto lavoro da fare ed io non le ho creduto, ma mi stava dicendo la verità.
"Ho capito" sussurro.
"Comunque Sabrina, era pentita...io ti consiglierei di parlarle, almeno falla parlare, dalle modo di spiegarsi"
"Non lo so Rù non so che fare"
"Adesso ti manca?" non rispondo.
Mi manca sì, ma in un modo che non so spiegare.
Vorrei averla qui, al mio fianco ma allo stesso tempo no, vorrei che fosse lontana, perché so che nel momento in cui l'avessi vicino, potrei cedere.
"Sabri?!"
"Ahò?!"
"Quindi?!"
"Che?!"
"Ti manca si o no?!" insiste.
"Sì! Sì! Mi manca! Certo che mi manca! E vorrei prendermi a schiaffi per questo!"
"Vedi anche tu hai paura"
"Ahò e basta! Tu e Gerry ve siete messi d'accordo co' sta storia da' paura?" mi altero, possibile che anche lui tiri fuori la storia della paura?
"No Sabri non ci siamo messi d'accordo, semplicemente noi ti diciamo la verità"
"Vabbè ho capito, ho capito. Comunque dai ti lascio che già s'è fatta 'na certa, buona notte Rù"
"Buonanotte Sabri" riattacco e poso il cellulare sul comodino, spengo l'abat-jour ma non riesco completamente a chiudere gli occhi.
Prendo nuovamente il telefono in mano, clicco il suo numero e provo a chiamarla.
Ogni squillo che passa mi fa aumentare l'ansia, come se il tempo rallentasse.
Il cuore mi batte forte, sperando nonostante tutto di sentire la sua voce, ma niente.
Il telefono squilla, squilla ancora e ancora...poi la chiamata cade, nessuna risposta.
Mi sento sprofondare.
E se le fosse successo qualcosa?
Entro su whatsapp, clicco la sua chat, si è appena scollegata.
Il cuore mi batte forte, la rabbia inizia a salire, non mi ha risposto, ma almeno penso che stia bene.
È di nuovo online, quindi non è successo nulla di grave.
Cerco di calmarmi, anche se dentro sono un po' furiosa.
In ogni caso, sapere che è lì, che è attiva, mi dà un leggero sollievo.
Voglio vedere cos'ha da dirmi.
< Domani mattina alle 10 possiamo vederci al bar vicino casa mia? > scrivo e premo invio.
Lo visualizza in pochi secondi, ma non arriva nessuna risposta, anzi si scollega.
Che significa questo?
È incazzata con me? Non vuole parlarmi? Per quale motivo?
Dovrei essere io quella incazzata.
Lancio il telefono sul comodino, spero che si illumini, che arrivi un suo messaggio, ma nulla.
Più passano i secondi, i minuti e le ore e più tutto tace.
Il cuore mi si stringe e sento le lacrime salire, senza riuscire a fermarle.
Non capisco perché non mi risponde. Ho sbagliato così tanto? Mi sento impotente, frustrata, e soprattutto sola. Non riesco a trattenere il dolore che ormai trabocca, scivolando fuori senza controllo.
Inizio a piangere, a dirotto finché mi sento gli occhi socchiudersi per la stanchezza.

Lentamente apro gli occhi, i miei pensieri si dirigono subito verso di lei, verso ieri sera, verso quel messaggio che le ho mandato.
Afferro il telefono ma non trovo nulla, ci sono centinaia di mitiche, ma non la sua.
Rimango con il telefono in mano non sapendo cosa fare.
Non vorrei chiamarla o scriverle di nuovo, perché il silenzio alla mia domanda è già una risposta.
E se invece si presentasse lo stesso, anche se non ho ricevuta nessuna risposta?
Mi alzo velocemente dal letto, inizio a prepararmi, voglio credere che sia così, magari ci resterò male non vedendola arrivare, però ci spero.
Dopo la doccia, indosso semplicemente un maglioncino beige, un jeans e delle scarpe da tennis.
Non mi trucco neanche, non mi interessa.
Da chi devo farmi vedere se la persona che mi riempie di complimenti probabilmente non ci sarà?
Prendo il telefono, guardo il suo ultimo accesso ed è di pochi minuti fa.
L'orologio segna le 9:50 quindi decido di scendere da casa.
Esco dal portone e faccio la poca strada che c'è da casa mia al bar.
Mi siedo ad un tavolino e un cameriere mi raggiunge.
"Buongiorno cosa le porto?" mi chiede sorridendo.
"Buongiorno, aspetto una persona...appena arriva ordiniamo"
Il cameriere annuisce e va via.
Mentre sto seduta mi agito osservando l'orologio, il tempo sembra passare lentamente, ogni minuto è un tormento.
Mi chiedo se stia per venire o come suo solito non riesce ad affrontare le discussioni e scappa.
La mia mente è un turbinio di pensieri e preoccupazioni.
Ogni tanto alzo lo sguardo sperando di incrociare i suoi occhi, ma non avviene niente di tutto ciò.
La sola idea che possa non venire mi fa sentire un nodo in gola, un misto di ansia e tristezza che non riesco a mettere a tacere.
D'improvviso una voce che conosco molto bene mi chiama, lasciandomi spiazzata.
Non pensavo che il nostro incontro avvenisse.
Mi volto, guardando la persona che mi ha appena chiamata.
È lui.
"Sabrina!" mi sorride.
"Ciao" rispondo freddamente.
"Sapevo di trovarti qui...stai aspettando il tuo maritozzo?" chiede ridendo.
"Che ci fai tu qui?"
"Volevo parlarti, stavo per venire a casa tua...ed eccoti qua" mi indica sorpreso.
Si avvicina il cameriere, pensando che la persona che stessi aspettando fosse lui.
"Allora cosa vi porto?" prima che io potessi intervenire, parla lui "Due maritozzi piccoli, grazie" il cameriere si appunta tutto e va via con le nostre ordinazioni.
"Allora che me devi dì? Senti nun comincià co' a storia del divorzio, te prego" dico stanca, ogni tanto guardo altrove, oltre la sua figura sperando di vedere Maria, ma nulla.
Lui si siede ed io faccio lo stesso.
"No...non ho intenzione di parlarti del divorzio. Volevo parlarti seriamente Sà" dice mettendo la sua mano sopra la mia che si trova appoggiata sul tavolino.
Vorrei ritirarla ma ci sono delle persone vicino a noi e non voglio creare pettegolezzi.
"Sabrina io non voglio più il divorzio! Io...io vorrei ritornare ad essere tuo marito, proprio come eravamo all'inizio, ricordi? Mi sono reso conto che ti amo ancora o forse non ho mai smesso di farlo"
Mi sento completamente turbata. Le parole di mio ormai ex marito risuonano nella mia testa come un'eco insopportabile.
Se dovessi immaginare di ricominciare una vita con lui, non ci riuscirei.
"Tu lo sai che io non ti amo più...per me sei diventato come 'n'amico" sussurro a bassa voce.
"Puoi darmi almeno la possibilità di riconquistarti?" mi sento male solo al pensiero.
Non rispondo, sposto lo sguardo dietro di lui e noto lei.
È qui.
Indossa una tuta grigia, un cappello nero e delle scarpe da ginnastica bianche.
La vedo guardarmi da lontano, con le mani in tasca.
Il cuore accelera e un tumulto di emozioni mi invade.
Anche se siamo seduti in un bar, con il caos e i rumori di sottofondo, tutto sembra silenzioso e ovattato mentre la mia mente si concentra su di lei.
La mia mente è divisa tra la conversazione in corso e il desiderio di alzarmi e andare verso di lei.
"Sabri io ti ancora ancora" sposto lo sguardo da lei per guardare lui.
Lo vedo avvicinarsi sempre di più, sperando che non stia per fare quello che immagino.
Guardo lei, ma sento le labbra di lui posarsi lentamente sulle mie.
Non riesco ad affrontare lo sguardo di lei mentre rimango ferma a baciare lui.
Vorrei spingerlo, allontanarlo via da me, ma non posso.
La gente che c'è attorno a noi non sa la verità, per loro noi siamo sposati ed è così che deve essere.
Ormai la mia vita è diventata un set, sono costretta a recitare anche nella vita vera, solo che qui non c'è mai nessuno che mi grida "stop, basta così" devo continuare a fingere.
Sento il peso degli occhi della gente, come se ogni movimento fosse osservato e giudicato.
Vorrei soltanto staccarmi da questo bacio e correre da lei ad abbracciarla.
Non volevo che vedesse ciò, dopotutto non se lo merita.
La vedo da lontano, i suoi occhi sono pieni di tristezza e confusione.
Il suo volto assume un'espressione diversa come se qualcosa in lei si fosse rotto.
Non posso reggere il suo sguardo, così chiudo gli occhi, sperando che tutto questo sia soltanto uno scherzo del destino.
Lui si allontana da me guardandomi e sorridendo.
La vedo indietreggiare e fa ciò che non avrei mai voluto che facesse, va via.
Sta andando via, la sua figura pian piano sta scomparendo dalla mia vista mentre io rimango seduta qui, ma la mia mente è altrove.
Sento la voglia di alzarmi, di lasciarlo qui seduto e andare da lei ma non posso farlo.
Sto qui in silenzio, con un nodo alla gola mentre penso a lei.

Lei, la tua ragione il tuo perché Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora