Capitolo 6.

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Maria:
Arrivata a casa ho fatto subito una bella doccia calda per rilassarmi, adesso sono a letto che cerco di addormentarmi ma con scarsi risultati.
Penso continuamente alle parole di Rudy, forse ha ragione lui? Forse dovrei andare a casa sua e dirle tutto?
Cerco di accantonare tutto e dormire in santa pace.

Apro gli occhi all'improvviso, mi sveglio tremando, sento il mio cuore battere forte talmente sono agitata.
Porto una mano all'altezza del cuore cercando di calmarmi un po'.
Prendo il mio cellulare dal comodino e guardo l'orario, sono solo le undici di sera.
Ho appena fatto un brutto sogno anzi un bruttissimo sogno, un incubo; c'eravamo io e lei, stavamo ridendo mentre correvamo, io ero un po' più indietro rispetto a lei.
La sua risata era musica per le mie orecchie, ero così felice e serena.
Mentre stavamo correndo però lei si ferma di botto, appoggio una mano sulla sua spalla, lei si volta e dal suo viso cadevano grosse lacrime, stava piangendo.
L'abbraccio ma ad un certo punto non sento più il suo corpo tra le mie braccia, si era volatilizzata, era proprio scomparsa.
Sono rimasta lì al centro della strada a chiedermi dove fosse finita, ho chiesto a chiunque se l'avesse incontrata ma rispondevano che non l'avevano mai vista, che non la conoscevano.
"Impossibile" allora rispondevo loro "Lei è la Ferilli" ma la gente continuava a guardarmi in modo strano come se stessero parlando con una pazza.
Alla fine sono rimasta in strada da sola a piangere e a domandarmi dove fosse finita Sabrina.
Non sono molto brava ad analizzare i sogni però credo che questo sia chiaro.
Io e lei mentre scherzavamo rappresenta quando tutto andava a gonfie vele, quando c'era quella chimica tra noi due, quando bastava una carezza, un sorriso, uno sguardo per completarci.
Quando lei piange e poi scompare invece credo che rappresenti la situazione di adesso.
Sento le mie guance bagnate, stavo pensando talmente tanto al sogno che neanche mi ero accorta stessi piangendo.
Mi alzo dal letto, prendo una sigaretta, l'accendo e vado verso il balcone.
Cerco di rilassarmi di pensare a tutti i bei momenti passati con lei, ma quante ne abbiamo combinate insieme? Troppe.
Eccole qui, di nuovo, le lacrime.
Ma posso continuare ancora così? Sono una donna di sessant'anni passati e mi ritrovo a piangere come una ragazzina per amore.
Sento una goccia d'acqua bagnarmi la mano ma questa volta non sono io che piango, alzo il viso e guardo il cielo che è ricoperto da nuvoloni grigi, prendo il mio pacchetto di sigarette e torno dentro.
Provo a mettermi a letto e ad addormentarmi.

Mezzanotte, sono ancora sveglia, mi alzo dal letto e cammino verso la finestra, sposto la tenda e noto che fuori sta diluviando mi perdo ad osservare le gocce d'acqua che scendono lentamente sui vetri della finestra.
Sento il mio stomaco brontolare, stasera non ho mangiato granché, in realtà e da un po' che non mangio molto, se lo sapesse Sabrina mi urlerebbe contro: "Marì mo vieni a casa mia che te faccio na carbonara bona! Che te manco sai fa n'ovo!"
Sorrido malinconicamente tra me e me, pensando a lei e al suo modo di raccontar le cose che mi fa sempre morire dal ridere e questo a lei fa arrabbiare e non poco, sopratutto quando è già arrabbiata di suo.
Perché con me lei ha questo super potere, riesce a farmi sorridere anche nei momenti no, anche quando tutto va a rotoli, anzi a mignotte come direbbe lei.
Lei è la mia medicina preferita.
Vado in cucina, apro un'anta della dispensa e cerco qualcosa da mangiare.
Afferrò delle patatine ma mi blocco quando dietro ad esse noto un pacchetto di caramelle.
Quelle lì non sono semplici caramelle, quelle sono delle caramelle Mou, le sue preferite.
Gliele compravo sempre quando ci vedevamo per le registrazioni e lei tutta contenta mi abbracciava.
Ricordo ancora la prima volta che gliele portai; le afferrò, mi abbracciò e mi disse "Te sei ricordata e caramelle mie quelle bone che me piacciono!" ed io scioccamente o forse troppo innamorata risposi: "Certo Sabri di te ricordo tutto" ricordo ancora gli occhi con cui mi guardò e che le guance le si fecero rosse dopo quella frase, ma forse ero io che idealizzavo tutto e anche troppo.
Poi quando ormai aveva capito che gliele avrei portate sempre, quando mi vedeva arrivare a mani vuote mi urlava contro dopo avermi salutata ed abbracciata: "Aho Marì mo hai pure er braccino corto pe caramelle? Non me le compri più?" ed io lì scoppiavo sempre a ridere perché io in realtà le caramelle gliele compravo sempre, ogni volta, solo che le mettevo  o in borsa oppure le dimenticavo in macchina.
Prendo il pacchetto, guardo la scadenza e noto che sono ancora buone, non sono scadute.
Una malsana idea si sta impadronendo del mio cervello.
Dovrò ascoltarla oppure no?

Lei, la tua ragione il tuo perché Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora