Capitolo 29.

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Sabrina:
Lei è lì che consola quella cogliona, ha le braccia strette attorno a lei.
Il modo in cui le parla, la consola, l'abbraccia mi sentire un'ondata di rabbia improvvisa.
Ogni secondo che passa, ogni suo gesto, ogni parola che le rivolge amplifica il mio malessere.
Non riesco a distogliere lo sguardo, mi sento congelata, ma allo stesso tempo sul punto di esplodere.
Mentre Maria l'abbraccia lei si volta verso di me, quando vedo le sue lacrime scendere sul suo volto, tutto diventa chiaro.
Non piange per vera sofferenza, lo fa per impietosire, per attirare l'attenzione di lei, per manipolarla.
Ogni suo sospiro, ogni sua lacrima, ogni suo singhiozzo è studiato, è calcolato per ottenere in cambio uno sguardo o un gesto da parte di Maria.
La cosa che mi fa più male è che lei ci casca, la conforta e la stringe come se volesse proteggerla da chissà che cosa.
Mi guarda con un lieve sorriso per farmi capire che è riuscita quantomeno ad abbracciarla, ad essere tra le sue braccia, mentre la sua testa è ancora poggiata sulla spalla di lei.
Quando finalmente Maria si scioglie dall'abbraccio, si volta verso di me ed il modo in cui mi guarda mi colpisce e ferisce allo stesso tempo.
C'è disprezzo nei suoi occhi, il suo sguardo è freddo, duro, come se io fossi la colpevole di tutta questa situazione.
Sento il peso del suo sguardo, del suo giudizio e mi fa male.
È come se fosse incazzata con me, anzi penso lo sia altrimenti non mi avrebbe risposto in quel modo al telefono.
"Tranquilla Franci adesso vai" i suoi occhi si posano di nuovo su di lei, le accarezza le braccia per tranquillizzarla mentre le sorride.
Francesca annuisce rivolgendole un piccolo sorriso per intenerirla, poco dopo si allontana chiudendo la porta.
Rimaniamo solo noi due, in piedi, in quel silenzio assordante che piano piano riempie la stanza.
Sento il cuore battere forte nel mio petto, il respiro quasi bloccato, mentre lei mi fissa.
Non ci sono parole, solo la distanza che separa l'una dall'altra e il suo sguardo, ancora carico di quella rabbia che non riesco a capire.
Non riesco a chiederle nulla per il momento, sento le parole bloccate nella mia gola, aspetto che sia lei per prima a parlare mentre l'aria tra di noi sembra diventare sempre più pesante.
"Ti rendi conto di quello che hai fatto?!" chiede interrompendo quel silenzio che ci stava inghiottendo.
"Ma di che stai parlando?" mi avvicino a lei.
"Tu! Sei stata tu! Come hai potuto?!" la sua voce rimbomba nella stanza, piena di rabbia, mentre mi fissa con quei suoi occhi incendiati.
Non riesco a capire e a credere a quello che stia dicendo.
"Ma di che cazzo stai parlando?!" urlo anch'io allora.
"Sabrina non cominciare a farmi incazzare che già lo sono abbastanza...ancora non sei soddisfatta di quello che hai fatto?!"
"Maria di che cazzo stai parlando?"
All'improvviso, sento la sua mano stringere il mio braccio con forza, il suo gesto è deciso, quasi brutale e mi trascina con sé senza darmi il tempo di reagire.
Usciamo dal suo ufficio e vedo che sta percorrendo la strada per arrivare dentro l'ufficio di Francesca.
"Fai piano!" le dico mentre cammina velocemente e tiene stretta ancora la presa sul mio braccio.
Arrivate davanti l'ufficio apre la porta, mi ci spinge dentro lasciandomi il braccio e chiude la porta dietro di lei.
Continuo a guardarla incredula per il suo comportamento, non pensavo potesse trattarmi in questo modo, con violenza.
"Guarda là" dice indicandomi la scrivania.
Mi avvicino e sopra essa ci sono i resti dei documenti, ridotti in piccoli pezzetti.
Sono sparsi ovunque, su tutta la scrivania e lei li indica con uno sguardo accusatorio.
"So che sei stata tu!"
Il cuore mi batte forte e per un attimo non so cosa dire.
Non sono stata io, ma lei è convinta del contrario e la sua rabbia è così irrazionale che continua ad accusarmi ingiustamente.
Mi allontano dalla scrivania per mettermi di fronte a lei e guardarla bene in faccia, anche se dopo ciò vorrei soltanto averla lontana da me.
"Come fai ad esserne così sicura?" rispondo con calma, in punta di piedi, perché qualsiasi cosa detta male potrebbe far scoppiare la sua ira ancora di più.
"Me l'ha detto Francesca" risponde diretta e sicura.
Sapevo c'entrasse qualcosa lei, ancora lei, l'ho capito quando l'ho vista far finta di piangere.
Quello che mi fa più male è il suo comportamento, non me l'aspettavo.
Mi ha accusata basandosi su quello che le ha detto quella cogliona.
"Tu...tu stai scherzando vero?" la guardo avvicinandomi ancora di più a lei, sento i miei occhi ormai pieni di lacrime e sto cercando con tutte le forze di non farle scivolare via.
"Mai stata più seria di così" che arrogante.
Rimango in silenzio a guardarla negli occhi cercando di capire qualcosa in questo suo sguardo, ma lei si volta distogliendo lo sguardo.
"Guardami" quasi sussurro, ma non lo fa.
"Ho detto guardami!" afferro il suo mento per farla voltare e così fa.
"Tu ti fidi di più di quella lì che di me...è così?"
Non risponde, ma il suo silenzio è la conferma di ciò che le ho appena chiesto.
"Brava, complimenti" applaudo amareggiata.
Sto per andarmene, il dolore e la delusione mi soffocano.
Non voglio più stare qui, non riesco più a sopportare il peso di queste accuse.
Faccio un passo verso la porta, ma prima che possa allontanarmi sento di nuovo la sua mano afferrarmi per un braccio.
La sua presa è forte, decisa.
"Mi ha detto che oggi sei venuta qui nel suo ufficio e l'hai minacciata...è vero?" brutta bastarda quella cogliona ha saputo architettare tutto quanto.
Mi volto esausta di tutto questo teatrino.
"Non l'ho minacciata...le ho semplicemente detto di moderare i comportamenti...con te" abbasso lo sguardo pronunciando le ultime parole, mi sento una stupida adesso ad aver fatto ciò se poi lei non si fida di me.
"E così le hai strappato quei documenti" alzo nuovamente il mio sguardo su di lei, non riesco a credere che ancora continui ad accusarmi.
"Vaffanculo Marì!" urlo perché mi sono stufata, cerco di liberarmi dalla sua mano che ancora trattiene il mio braccio.
Voglio andarmene, decisa di lasciarmi tuto alle spalle, ma prima che possa fare qualcosa per liberarmi, la sento tirarmi indietro con forza.
In un attimo, mi ritrovo spinta contro la parete, il mio corpo premuto contro il muro freddo mentre lei mi blocca con il suo.
La distanza tra di noi è inesistente, il suo respiro è affannato e i suoi occhi sono pieni di rabbia ma anche tanta frustrazione, dolore e disperazione.
"Hai pensato di fare un dispetto a lei, invece hai rovinato me! Io adesso di quei documenti devo trovare i file, devo stamparli, devo compilarli, devo firmarli io e devono firmarli anche altre persone!" non so più cosa dire per farle cambiare idea, ha già deciso la sentenza, sono colpevole.
"Maria basta, ti prego" dico con un filo di voce.
"Sabrina ammetti le tue colpe!"
Qualcosa dentro di me si spezza, la rabbia che ho cercato di controllare esplode.
"Le mie colpe? Io non ho fatto un cazzo e tu non fai altro che accusarmi senza ascoltare!" urlo con la voce tremante di dolore e delusione.
Le lacrime iniziando a scendere senza sosta.
La mia voce si spezza tra un singhiozzo e l'altro, ma continuo a gridare, non mi fermo.
"Come puoi credere alla prima che passa e non a me? Non lo capisci che mi stai facendo a pezzi?!" mi sento devastata ma allo stesso tempo la rabbia è così potente che non riesco a fermarmi.
"Sono stanca! Quei cazzo di documenti li avrà strappati lei per poi incolpare me perché le sto sul cazzo...e tu ci sei cascata!" lei sta muta ad ascoltarmi.
Faccio un bel respiro e provo a calmarmi, mi sento così debole e prive di energie.
"Sono stanca di dovermi difendere da accuse assurde, stanca di dover dimostrare...che ti amo, stanca di te che mi credi capace di ciò, mi accusi di essere così cattiva" le parole mi escono incrollabili, mescolare a singhiozzi che non riesco a trattenere.
"Non hai idea di quanto questo mi faccia male...non capisci che con ogni parola che dici mi stai perdendo?"
Rimane immobile, con gli occhi puntati di me, ma non riesco a leggere nulla in quello sguardo.
Forse è sorpresa della mia reazione o forse semplicemente non vuole ammettere di essersi sbagliata.
"Qualche ora fa eravamo insieme, ero nuda sotto di te...adesso guardati mi stai accusando di un reato, mi tratti come se fossi un'estranea, come se non contassi nulla per te..." eccola qui che smette di guardarmi.
"Come...come puoi passare dal tenermi stretta tra le tue braccia a questo in poche ore? Io non capisco"
Mi sento in bilico tra il ricordo di quello che eravamo e quello che siamo diventate adesso.
"Maria da quanto tempo ci conosciamo io e te?" le chiedo, lei mi guarda senza rispondere.
"Mi rispondi cazzo?!"
"Da più di vent'anni"
"Tu...tu mi conosci da più di vent'anni, tu sai chi sono...mi conosci più di chiunque altro, forse anche più di mamma. E ora mi accusi senza neanche ascoltarmi?"
Non mi fermo con le parole, devo farle capire che accusandomi di una cosa del genere ha fatto la cazzata più grande della sua vita.
"Con questa accusa, stai dicendo che pensi che io sia cattiva"dico, cercando di mantenere un tono deciso.
"E io non voglio stare con qualcuno che ha questa opinione su di me" dico, ripensando alle sue parole.
Appena finisco di parlare, cerco di liberarmi dalla sua presa, voglio andare via, scappare.
Mi afferma nuovamente il braccio, stavolta in maniera più delicata.
"Aspetta...non andartene" la guardo e vedo i suoi occhi lucidi.
"Cosa vuoi che faccia? Devo stare qui e farmi trattare in questo modo?" mi sposto dalla sa presa e incrocio le braccia aspettando una sua risposta.
"Io non...non ti considero cattiva" risponde, cercando di mantenere un tono calmo, anche se la sua voce trema.
"Ah no?" chiedo con una risatina nervosa.
"Ho reagito male e ho sbagliato" rimango impassibile, voglio sentire di più.
"Ascolta Sabrina...non penso che tu sia cattiva, non l'ho mai pensato, ho reagito male e mi odio per questo" le sue parole mi colpiscono.
"Però hai agito come se pensassi il contrario..e mi fa male sapere che mi ha accusato senza neanche avere le prove"
"Lo so e odio questa parte di me...quando mi arrabbio, non riesco a controllarmi...e quando si tratta di te, la cosa diventa più difficile" ammette.
Non so bene cosa fare, mi sento divisa tra me e me.
Senza preavviso, scoppio a piangere, di nuovo.
Mi lascio cadere a terra con le spalle appoggiate al muro e le gambe strette al mio petto.
Si abbassa lentamente, posizionandosi di fronte a me.
Poggia le mani sulle mie ma io le ritraggo velocemente "No"
"Mi fa male Maria! Mi fa male tutto!" urlo mentre piango.
"Ti prego non piangere" dice afferrandomi dolcemente per le spalle.
"Non voglio farti stare male"
"Ma è esattamente quello che fai! Maria qui non si tratta solo delle tue cazzo di emozioni...per quella lì mi hai considerata cattiva, non hai avuto fiducia in me e...hai dimenticato ciò che siamo" cerco di spiegarle.
Sento la sua mano che sfiora la mia guancia, asciugando le lacrime con delicatezza.
"Mi dispiace Sabri...ti giuro che non intendevo ferirti"
"Dici così e poi lo fai sempre" le lacrime continuano a scorrere, non riesco a nascondere il dolore che provo.
"Non è la prima volta che accade e io non posso continuare a stare con te in questo modo"
Abbassa lo sguardo come per metabolizzare quanto ho appena detto per poi guardarmi nuovamente.
"Lo so e ti chiedo scusa per questo...sono pentita e dispiaciuta per quello che è successo. Però sappi che non ho alcuna intenzione di perderti, tu sei la persona più importante della mia vita e mi dispiace averti ferita in questa modo"
La sua confessione mi colpisce, e per un momento il mio cuore si scioglie.
"Sei sicura di quello dici? Perché a volte ti perdi così facilmente..." mi interrompe.
"Sì sono sicura, mi dispiace di non averti creduta subito, mi dispiace di essermi fatta prendere dalla rabbia..."
"A me dispiace il modo in cui ti sei lasciata abbindolare da quella lì andando persino contro me, la persona più importante della tua vita" sottolineo quest'ultima frase per farle capire che se davvero io fossi la persona più importante della sua vita non mi avrebbe accusata in questo modo.
"Lo so, lo so e per questo ti chiedo scusa" ammette.
"Ho sbagliato a fidarmi di lei, a lasciarmi influenzare. Tu sei l'unica persona che conta per me. Ho fatto un errore enorme."
"Mi ha fatta passare per quella cattiva davanti ai tuoi occhi e tu credendole mi hai fatta sentire sola"
"Non intendevo farti sentire così" dice avvicinandosi ancora di più con cautela.
"Non voglio perderti Sabri" la sua è quasi una supplica.
"Ma perché? Perché non mi hai chiesto prima?" chiedo, sentendo il nodo alla gola farsi più stretto.
"Avresti dovuto parlare con me, invece di credere a lei"
"Ho sbagliato, spero tu possa perdonarmi" mi guarda con quei suoi occhi lucidi e teneri, gli occhi di chi sa che ha sbagliato.
"Ti prometto che lavorerò sulla mia rabbia impulsiva e a non lasciarmi influenzare dalle altre persone. Tu sei l'unica che voglio al mio fianco. Non voglio perderti." prende le mia mani e stavolta glielo lascio fare, le incrocia tra le sue.
"Sei sicura di quello che dici?"
"Sì lo sono, non voglio che il nostro amore venga distrutto" porta la mia mano sulla sua bocca per lasciarci su un piccolo bacio anche se io sono ancora scossa.
"Posso chiederti di farmi una promessa? Però se sai che non sarai in grado di mantenerla, allora per favore non promettere"
"Dimmi pure"
"Mi prometti che d'ora in poi qualsiasi problema, qualsiasi persona si intromette tra noi o qualsiasi difficoltà noi parliamo e affrontiamo le cose insieme? Perché io ho bisogno di sapere che ci sei, anche nei momenti difficili, anche quando si presentano ste persone che vogliono metterci i bastioni fra le ruote...perché io non voglio ritrovarmi da sola ad affrontare tutto mentre tu ti giri dall'altro lato. Ho bisogno di averti al mio fianco Maria ..solo così possiamo andare avanti"
"Promesso! Ti prometto che d'ora non ti lascerò più sola" dice, con un lieve sorriso, mentre una speranza rinasce tra di noi.
"Ti amo e non voglio perderti Sabri" con dolcezza, prende il mio viso tra le mani, costringendomi a guardarla negli occhi.
Le sue labbra si avvicinano alle mie, e il bacio che ne segue è tenero.
È come se in quel momento, tutto il dolore e la confusione svanissero, lasciando spazio a una connessione profonda e autentica.
L'abbraccio che segue è caldo e avvolgente. Mi stringe a sé come se volesse proteggermi da tutto ciò che ci circonda.
"Prometti che lavoreremo insieme su questo?"dico, cercando di trattenere le lacrime.
"Non voglio che ci sia più distanza tra noi."
"Te lo prometto" risponde.
Con un ultimo bacio sigilliamo questa promessa, sperando e credendo di potercela fare.

Lei, la tua ragione il tuo perché Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora