Capitolo 14.

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Maria:
Siamo ancora qui abbracciate e questo mi fa sentire incredibilmente bene.
La sua persona sprigiona una pace che non riesco a trovare altrove.
"Sabri" la chiamo piano quasi sussurrando il suo nome perché noto che è da tanto che non si muove o parla quindi forse si è addormentata.
Non voglio svegliarla, so quanto odia essere disturbata quando dorme, ma al tempo stesso mi viene da sorridere pensando a quanto potrebbe arrabbiarsi se lo facessi.
Cerco di sollevarmi da terra e spostarla delicatamente dal mio corpo facendo sempre attenzione.
"Mmh" si lamenta e mi strappa un sorriso.
Riesco a sfilarmi dalla sua presa mentre lei si rannicchia su sé stessa, è così adorabile che rimango a guardarla con la mia solita faccia da ebete.
Mentre la osservo, mi rendo conto che sta tremando leggermente, capisco subito che sente freddo.
Senza pensarci troppo mi dirigo in camera sua, prendo una coperta e l'avvolgo con delicatezza, cercando di non svegliarla.
Appena il calore la raggiunge, sembra rilassarsi e il suo respiro si fa più lento e regolare.
La guardo ancora per un attimo, sentendo una dolcezza profonda per lei.
D'altronde quando sei innamorata è così che funziona; rimarresti ore ed ore a guardare la persona che ami come se non guardarla equivarrebbe a farla scomparire.
Prima che si svegli ho intenzione di sistemare un po' le varie cose che ancora sono sparse sulla coperta.
Se non lo faccio immagino la sua voce che pronuncia queste esatte parole "Marì me so' addormentata e te manco hai sistemato sto mascello, come se vede che c'hai i sordi e che a casa tua ce stanno e persone che se occupano de casa tua!" mentre immagino ciò trattengo una risata.
Dopo aver raccolto tutto da terra decido di prepararmi un caffè visto che mi sento un po' addormentata.
Non ho voglia di preparare il caffè della moka così accendo la macchinetta del caffè aspetto che si riscaldi, inserisco la cialda ed ecco fatto caffè pronto.
Mentre bevo il mio caffè il suo telefono che si trova sopra il tavolo emette un suono, le è appena arrivata una notifica.
So che è sbagliato ma la mia curiosità in questo momento è troppo forte per non vedere chi sia, prendo il telefono e fortunatamente ha i messaggi liberi, c'è scritto chi li manda senza per forza dover sbloccare il telefono.
È lui, le ha appena mandato un messaggio.
'Hai pensato a quello che ti ho detto la scorsa settimana? Pensaci su, fatti sentire al più presto!' c'è scritto.
Leggo e rileggo quel messaggio più e più volte cercando di decifrarlo, cercando di capirci qualcosa.
Che significa questo messaggio?
Che cosa le aveva detto la scorsa settimana?
Su cosa doveva 'pensarci su'?
Si trattava di qualcosa che riguardava lei, lui o entrambi?
'Fatti sentire al più presto' lei lo stava ignorando? E perché?
Cosa stava succedendo davvero tra loro due?
Non riesco a darmi delle spiegazioni e ogni volta che leggo questo messaggio che lui le ha scritto finisco per essere più confusa di prima.
Il cuore accelera e la mia mente inizia a vagare in cerca di risposte che sembrano non arrivare.
Il dubbio adesso mi tormenta, forse è solo qualcosa di banale, mi ripeto, ma non posso fare a meno di non pensarci.
È come se in questo momento anche se abbiamo fatto pace fossimo distanti, come se ci fosse un segreto tra di noi.
Stamattina aveva iniziato ad accenar qualcosa in merito a ciò che la tormenta ma non ne me ne ha voluto parlare per non rovinare questi giorni con me, eppure sembra che così facendo si stia allontanando da me.
Qualunque cosa stia succedendo nella sua vita spero che me ne parli al più presto, la Sabrina di un tempo me ne avrebbe parlato subito, ma forse la colpa è anche mia soprattutto mia visto che l'ho allontanata.
Cerco di cacciare via i brutti pensieri, di dirmi che non ha senso farmi prendere dal panico così, senza avere tutte le informazioni.
Confido in lei e al fatto che prima o poi mi dirà tutto.
Poso il telefono sul tavolo ma mi accorgo della sua presenza e per la paura lascio cadere la tazzina del caffè a terra che si rompe in piccoli pezzi.
Il cuore mi balza in gola, mi spaventa vederla lì, immobile, con lo sguardo fisso su di me.
Non so da quanto tempo mi stia osservando, ma so subito che ha capito cosa ho appena fatto.
In un attimo, il suo visto si irrigidisce, le labbra si stringono e la rabbia le sale in maniera evidente negli occhi.
"Che stai facendo?" la sua voce è pensante, tagliente, carica di delusione.
Non rispondo subito, il peso del telefono inizia a diventar insopportabile, lo poso lentamente ma forse avrei dovuto farlo prima o forse era meglio non prenderlo proprio.
"È che...è che ti era arrivato un messaggio e pensavo fosse qualcosa di importante" dico tutto d'un fiato per la forte necessità di giustificarmi che provo.
Si avvicina a me con le spalle rigide, le braccia che le ricadono lungo i fianchi e le mani formano dei pugni, come se stesse cercando di trattenere tutta la rabbia e la delusione che prova.
"Fatti i cazzi tuoi la prossima volta" mi ordina.
Afferra il telefono in pochi secondi, legge il messaggio e noto il suo volto farsi ancora più cupo.
Un'espressione di rabbia mista a frustrazione si dipinge sui suoi lineamenti mentre stringe con forza il telefono.
Mi sembra quasi che stia trattenendo il respiro, come se cercasse di tenere sotto controllo qualcosa di esplosivo dentro di sé.
Non dice nulla, nella stanza cala il silenzio, talmente c'è silenzio che si può sentire il ticchettio dell'orologio.
Riesco a sentire la tensione, la delusione che si riflette nei suoi occhi.
Non ho mai visto Sabrina così e devo dire che mi spaventa vederla sotto questo punto di vista, ma allo stesso tempo mi fa male vederla così avvilita.
La vedo intenta ad andar via in un'altra stanza ma la mia voce rompe il silenzio.
"Scusa" riesco soltanto a dire, mi sento improvvisamente soffocare dall'imbarazzo.
Mi sento invadente, colpevole.
Avrei dovuto fidarmi di lei, aspettare che fosse lei a parlami di ciò che la tormenta da molto tempo, visto che ormai ho capito che la causa del suo star male è lui.
Si gira verso di me e la sua rabbia è chiara e visibile.
"Devi imparare a farti i cazzi tuoi!" lo dice con sdegno come se quello che ho appena fatto fosse qualcosa di ripugnante.
"Ma Sabrina ho soltanto letto un messaggio perché pensavo fosse qualcosa di importante...magari lavoro" cerco di giustificarmi invano.
Perché dopo queste mie parole sono costretta ad assistere alla sua ira che si accende in un nano secondo per colpa mia, io sono il fuoco che ha fatto scoppiare la miccia.
"Te lo ripeto Marì! Tu devi imparare a farti i cazzi tuoi! Che cazzo prendi il mio telefono? Come cazzo ti sei permessa? Io te controllo il telefono? No! Non mi risulta quindi cerca de tené quelle mani ferme!" urla con una voce che mi colpisce come uno schiaffo.
Il suo volto è teso, gli occhi che fino a qualche ora fa urlavano affetto e tenerezza adesso assomigliano tanto agli occhi di un'estranea.
Mi ritraggo istintivamente, come se quelle parole mi avessero colpita fisicamente.
La sua voce rimbomba nella stanza, e ogni sua parola sembra pesare più della precedente.
Non l'ho mai vista così arrabbiata, e mi sento completamente smarrita.
So di aver sbagliato, ma l'intensità della sua reazione mi spaventa e mi lascia senza parole.
Non pensavo potesse reagire in questo modo, alla fine si tratta di un messaggio il cui significato non si capisce nemmeno, quindi la sua reazione mi sembra parecchio esagerata.
"Ma perché stai facendo tutta questa scenata? Ho solo letto un messaggio tutto qui!"
Lancia il telefono sul tavolo ed io per il gesto inaspettato sobbalzo un po'.
"Una scenata? Secondo te è questo che sto facendo?! Qui non stiamo parlando di fare scenate...si parla del fatto che non puoi prendere il cazzo di telefono mio e controllarmi i messaggi!"
Continua ad insistere sul fatto che io le controlli i messaggi, che poi alla fine ho letto soltanto un messaggio che le era appena arrivato, mi sta parlando come se fossi una psicopatica gelosa.
"Va bene! Va bene ho capito! Non ti prenderò più quel cazzo di telefono e non ti leggerò più nessun cazzo di messaggio che ti arriva! Parli come se ti controllassi il telefono come una psicopatica pazza ma tu puoi fare il cazzo che vuoi con il tuo telefono!" mentre le urlavo contro ho visto che durante l'ultima frase che le ho appena detto l'espressione del suo viso è cambiata, come se non se lo aspettasse.
La scanso andandole addosso e colpendole una spalla.
"Maria!" mi chiama mentre io già sto per uscire di casa.
"Maria! Vieni qua!" mi insegue fino alla porta d'ingresso.
"Non sono il tuo cagnolino che urli 'vieni qua!'"
"Si può sapere dove stai andando?"
"Vado a fare una passeggiata"
La sento fare una risatina per poi dire "Brava scappa...scappa dalle discussioni...risolvi solo le discussioni della gente in tv mi raccomando...che poi la gente mica lo sa che la prima a non saper affrontare una discussione sei te!"
"Guarda non rispondo neanche"
Ha sputato quelle frasi con violenza per niente poi.
"No invece devi risponne!" mi prende per un braccio e mi strattona.
"Lasciami Sabrina"
"Me risponni! Non esci da sta porta!" insiste.
"Aah quanto sei insopportabile! Che cazzo vuoi? Io non so fare affrontare i discorsi bene! Allora affrontali te i discorsi in quelle quattro fiction in romano che fai perché manco l'italiano sai parlare!"
Mi rendo conto che dopo quelle parole,è rimasta profondamente ferita.
Vedo i suoi occhi brillare di lacrime, e il peso di quello che ho detto mi schiaccia.
Ho esagerato, ho lasciato che la mia rabbia offuscasse il mio giudizio, e ora vedo chiaramente quanto l'ho ferita.
Mi sento sopraffatta dal senso di colpa e di disorientamento.
Dopo aver urlato, il peso delle mie parole sembra gravare su di me come un macigno.
Mi sento come se avessi perso il controllo, e il dispiacere di averla ferita così profondamente è opprimente.
Con un respiro affannato, decido di uscire per prendere una boccata d'aria.
Cammino verso l'esterno con passi incerti, cercando di scappare dalla pesantezza della situazione e di schiarirmi le idee.
Ogni passo che faccio è un tentativo di ritrovare me stessa e di prepararmi a chiedere scusa, sperando che il tempo all'aperto possa aiutarmi a trovare le parole giuste per rimediare al danno che ho causato.

Lei, la tua ragione il tuo perché Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora