Capitolo dieci

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RESIA

«Come sta la mia paziente preferita?» domanda, allegro.

«Maledetto» blatero furiosa, prima di colpirlo al petto con foga, alterno i più sordidi degli epiteti a ogni affondo e lui, per tutta risposta, sorride divertito. «Come ti è venuto in mente di recitare una scena del genere?»

Mi arresto, tanto non lo stavo affatto nuocendo, ride come un cretino; ma non scosto le mani dal suo petto, sostando impudica sul suo corpo.

«Non mi sono mai divertito così tanto» replica, mentre le sue mani vagano indisturbate lungo la mia schiena dal basso verso l'alto.

Perché quando mi parla deve sempre toccarmi?

Sollevo il capo per chiederglielo e mi accorgo solo allora che con le dita gli artiglio i pettorali, sposto subito le mani, sconvolta.

«Io no» sibilo isterica, la sua vicinanza mi scombussola, non riesco a ragionare, dimentico la rabbia, accantono il buon senso e mi lascio trasportare da emozioni che non ho mai provato prima.

«Peccato» ribatte serio, mentre gioca con una ciocca di capelli che mi penzola dispettosa sul volto.

«Riesci a parlare senza toccarmi?»

La punta del suo naso si appoggia lieve sul collo e diventa impossibile pretendere lucidità da me con quel fiato rovente che mi accarezza la pelle; chiudo gli occhi e serro le labbra per impedire che emettano qualsiasi suono.

Perché travalichi i limiti che ogni volta innalzo per conservare un briciolo di raziocinio?

«Non vedo perché dovrei, così è molto meglio» azzarda, posando le sue labbra lungo il mio collo flessuoso. Risale dal basso fino al lobo alternando morsi a umidi baci, ho i brividi, inclino piano il capo per permettergli un accesso più invasivo, lui subito ne approfitta, insinuando la lingua dietro l'orecchio. Mi tortura, lecca e succhia avido, senza concedermi alcuna tregua.

«Io... non...»

Vorrei dirgli che non la penso così. Che deve smetterla di prendersi certe libertà, ma il piacere che mi provocano le sue labbra scavalcano la mia volontà. Non voglio che si fermi. Mugolo, non riesco proprio a contenermi e mi sostengo alla sua schiena.
L'ultima cosa che desidero è che blocchi le mani che peregrinano su di me.

Maledizione. Perché ha questo enorme potere su di me?

«Tu non...?» mormora roco, prima di scostare la maglietta e intrufolare le dita bollenti sotto il tessuto.

Mi sfiora il ventre liscio, il suo tocco delicato è incandescente, diventa quasi impossibile reggere il caldo che mi invade quando mi sta così addosso, mi lambisce la curva del fianco, poi sale, circondando con impeto l'esile gabbia toracica.

Non riesco a ribattere. Sono sopraffatta.

«So che lo vuoi anche tu» sussurra arrochito.

La sua voce è così dolce e graffiante.

Sono a corto di fiato, sospiro, mai nessuno mi ha stretto o parlato così.

«Tu dovresti lasciarmi andare» riesco a dire, ma a dispetto delle mie parole, mi abbandono contro di lui, poggiando il capo nell'incavo del suo collo.

Lui mi accarezza ancora la schiena percorrendo la spina dorsale, gli mordo la clavicola mentre lui fa scorrere il dito lungo quella linea.

«Sei così... buono!» dichiaro, senza riuscire a pormi un freno.

Cosa mi sta accadendo? Questa non è la mia voce, non sono io.

Sono scioccata. Mattia solo tu mi rendi così inibita, diversa.

«Oh, vedo che finalmente cominciamo a ragionare, ragazzina.»

Un sorriso spavaldo gli incurva le labbra.

Sgrano gli occhi.

Che stronzo!

Mi divincolo dalle sue braccia e indietreggio di un passo. Perché deve sempre rovinare tutto con qualche stupida battuta? Non capisce che quando si comporta così mi fa saltare i nervi?

«Non ti sopporto» dichiaro astiosa, ma l'astio è solo una faccia della medaglia.

«Io invece ti desidero» replica sfacciato.

Avanza, accorciando di nuovo la distanza e inclemente mi tortura il labbro con le dita.

Sposto la sua mano a fatica e chino il capo verso il basso, ho paura che i miei occhi rivelino l'altra faccia della medaglia e ho il timore di scoprirmi; poco fa gli ho concesso così tanta libertà che temo abbia già intuito che mi piace, ma ora le sue parole mi hanno riscosso.

Non merita ciò che sento e non è degno del mio abbandono, quindi non devo assolutamente cedere o me ne pentirò!

«Appunto... per te si limita tutto a quello.»

Non sopporto l'idea che mi sbatta in faccia il suo desiderio, se è l'unico sentimento che prova per me, posso farne a meno.

«Guardami, Resia...» Il suo tono è dolce, non imperativo o presuntuoso come poc'anzi, avverto una leggera pressione sotto il mento e sollevo il capo, conscia che un suo sguardo può condurmi tra le fiamme dell'inferno.

Devo essere più forte se non voglio che mi ferisca.

«Io sono fatto così, Resia. Ma tu sei una bugiarda, perché mi vuoi, esattamente come io voglio te.»

È vero, tuttavia non lo ammetterò mai, non voglio che capisca l'ascendente che ha su di me. Se non mi dimostra che oltre il desiderio, è interessato anche a conoscermi non andremo mai d'accordo. Non sono disposta a concedermi a un ragazzo che non provi dell'affetto per me. Io ho sempre sognato di innamorarmi di un ragazzo che mi faccia sentire preziosa, di qualcuno che mi corteggi, che sia paziente, desidero che l'amore mi stravolga la vita e non solo gli ormoni, ho capito che l'attrazione che provo per lui è forte, ma voglio di più. Voglio sicurezza. Sto traballando su un ponte instabile e non voglio rischiare di cadere in un burrone.

«Okay, allora se sei fatto così, pazienza. I tipi come te non mi piacciono, quindi sta' lontano da me!» gli ingiungo, puntando il dito contro il suo petto.

Gli offro le spalle e mi dirigo verso l'aula, vorrei voltarmi e guardarlo ancora, ma non lo farò.

Se non impara a trattarmi con rispetto non otterrà più nulla, non intendo fargli delle concessioni solo perché è dannatamente bello.

«Resia, aspetta...» Il suo tono è supplichevole, ancora una volta quell'accento diventa più marcato, quando è nervoso o scosso percepisco a pieno un timbro del tutto diverso. Prima o poi indagherò, ma adesso lo ignoro, non so neanche io cosa voglio, ma so per certo che non mi basta più quel che si limita ad offrirmi.

Ehi tu... se ci sei batti un colpo.
Come procede la lettura? :-)

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