Capitolo sessantuno

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Buon martedì e buona settimana a tutti.  

RESIA

«Volevi prendermi per la gola?» chiede Mattia, gustando la torta alla liquirizia, che tanto adora.

«Non farti strane idee, non sapevo cosa portare e ho chiesto alla nonna di preparare il ciambellone.»

Sappiamo entrambi che non è vero. L'ho fatto per lui.

«So che vuoi addolcirmi perché oggi hai fatto un altro scherzo a Katiuscia, ma non mi importa più ormai. Sono cose vostre e poi lei ti stuzzicherebbe a prescindere, a volte fai bene a non rimanere inerte» sostiene, esibendo un sorrisetto irresistibile.

È la prima volta che mi da ragione sulla bagascia.

Gongolo soddisfatta.

«Perché pensi di essere al centro del mio mondo?» lo provoco.

Nonostante stiamo insieme da un po', non ho ancora avuto il coraggio di dirgli che l'amo. Anche lui non si sbilancia mai, però è diventato molto più presente e affettuoso. Riesce a precedere ogni mio gesto, sta imparando a conoscermi bene e lo stesso vale per me.

«Perché tu sei al centro del mio» mi adula, approfittando della confusione in aula per darmi un bacio sulle labbra.

Siamo ormai a più di metà del corso di recitazione e l'insegnante ha deciso di organizzare una festicciola. Ognuno ha portato qualcosa, lui si è presentato con tutta la collezione delle san Carlo, ovviamente per me, ma ci sono leccornie dolci e salate di ogni tipo e bibite fresche. Tutti ne stanno approfittando per mangiucchiare qualcosa, noi invece cerchiamo di ritagliarci un po' di tempo per chiacchierare.

In queste ultime settimane siamo stati entrambi impegnati, e non abbiamo avuto spesso modo di stare insieme.

«Che ne dici se rubiamo qualcosa e sgattaioliamo via?» propongo, desiderosa di staccare la spina da tutto e godermi solo il mio fidanzato.

Tanto nessuno si accorgerà della nostra assenza.

Mattia sorride, complice, dandomi un buffo sul sedere e spingendomi verso il buffet. Prepariamo frettolosi un fagotto di cibo e poco dopo siamo già fuori. Corriamo mano nella mano nel viale, scappando, come se stessimo marinando la scuola. Ridiamo spensierati e non appena fuori, ci abbracciamo. Mi fa volteggiare su me stessa. Mi sento felice come una bambina.

«Prego signorina» si inchina galante, facendo il bacia mano.

«Dopo di lei» sto al gioco, mi sento leggera, serena.

Mi prende per mano e ci incamminiamo verso la piazza del paese. Parliamo del più e del meno, tranquilli e affiatati. Con lui ormai mi sento sempre a mio agio, libera di fare ciò che voglio e sicura che lui provi esattamente la stessa sensazione.

Ci sediamo vicino a una chiesetta, sulla panca di fronte al gelataio, per sgranocchiare il nostro bottino. Nel frattempo mi racconta dell'ultimo compito di italiano, è soddisfatto di aver preso nove. Lo premio con un bacio, fiera di lui. È in gamba. A volte dimentico che è qui solo da due anni e mezzo, si è integrato del tutto sia a scuola che nella nostra comitiva. Mi sembra surreale che stiamo tanto bene assieme.

«Guarda un po' chi si vede» esordisce una ragazza, poco distante, con un gran sorriso stampato in faccia.

È molto bella. Credo sia più grande di noi, eppure mi sembra molto sbarazzina. Ha i capelli neri, molto lunghi e lisci come spaghetti, labbra carnose, un nasino piccolo e grandi occhi verdi. Indossa un fuseaux nero ad alta vita, aderente, le fascia la curva leggera dei fianchi, mettendo in evidenza due gambe slanciate. Una maglietta corta a mezze maniche lascia scoperta la vita sottile.

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