Capitolo trentanove

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MATTIA

«Dove stiamo andando?»

La conduco con sicurezza tra la folla di ragazzi che si accalca nel corridoio, facendo slalom tra gli stessi ad alta velocità, mentre lei alle mie spalle grugnisce indispettita ad ogni passo, incespicando.

Non mi lascio impressionare dagli sbuffi, il suo sorriso divertito la tradisce. Non è arrabbiata, sono sicuro che le piace quando prendo queste stravaganti iniziative. Credo che sia così abituata a contraddirmi che continua a pungolarmi solo per non ammettere che a sua volta è contenta di passare del tempo da sola con me.

Non che ci dispiaccia la sintonia che si è creata nel gruppo, ma purtroppo manca qualcosa e lo sappiamo entrambi.

Finalmente trovo ciò che cerco, adocchio nel lato opposto del corridoio un posticino più appartato, posizionato sempre in un angolo.

Non appena ci arrestiamo vicino al muro solleva il volto verso di me.

«Allora?» Poggia una mano sul fianco e mi fronteggia fiera, come solo lei sa fare.

Mi entusiasma questo suo spirito battagliero. Si passa la lingua sulle labbra con fare innocente, intrappolando per un attimo il labbro inferiore, quel miscuglio tra seduzione e inconsapevolezza che ostenta è una trappola eccellente e io non posso fare a meno di caderci dritto dentro, seguendo quello stesso percorso umido accarezzandolo con lo sguardo.

«Cos'è che devi dirmi?» domanda ancora con indifferenza.

Serro la mascella in una posa dura.

«Io?» Il mio tono se possibile è ancor più indolente del suo, ma ho la bocca che trema tanto mi viene voglia di ridere.

Quanto siamo scemi? Perché uno dei due non ammette il suo desidero verso l'altro e la facciamo finita? Di questo passo divento decrepito prima di ottenere un risultato positivo.

Mi scappa una risatina che non sfugge al suo sguardo attento, lei a sua volta storce il muso in una smorfia buffa.

Vorrei che quella cocciuta facesse un passo verso di me, senza che io debba chiederglielo. Perché devo essere sempre io quello che le sbava dietro? Mi fa sentire invadente, indesiderato e ho passato una vita a sentirmi così con mia madre.

«E se invece non volessi dire nulla?»

Bene, ho parlato di nuovo io. Che idiota. Possibile che non sappia più esercitare un po' di fascino sul gentil sesso? E che cazzo!

Azzardo un tentativo di seduzione: mi umetto le labbra, sulle prime sembra indifferente, ma dopo un po' deglutisco e quando mi inumidisco di nuovo la bocca, noto con piacere che segue quel percorso con la stessa struggente determinazione che avevo io poco fa verso di lei.

Sorrido compiaciuto quando Resia abbassa lo sguardo verso il pavimento, arrossendo imbarazzata e giochicchiando con le mani.

«Cosa c'è?» la stuzzico, prendendo una sua ciocca di capelli fra le dita e sorridendo beffardo.

Per un volta sento di avere il coltello dalla parte del manico e voglio sfruttare la situazione a mio vantaggio.

«C'è che sei il solito scemo» risponde a tono, sbruffando.

Sorrido di nuovo e le sollevo il mento, inducendola a guardarmi. «Quando hai intenzione di cedere piccola strega?»

Mi guarda di nuovo le labbra e arrossisce fino alla punta dei capelli. Sa perfettamente che attendo solo la sua resa per affondare la mia bocca sulla sua.

Perché non vuole darmi questa misera gioia?

Arretra di un passo, si sistema distrattamente i capelli dietro le orecchie, è un gesto che fa quand'è impacciata. Inspira una grande quantità d'aria prima di rispondermi e la sua voce è poco ferma quando lo fa. «Non capisco a cosa alludi.»

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