Capitolo cinquantacinque

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RESIA

«Sei impazzito? Perché ti sei parcheggiato qui davanti?» Resia si accartoccia sul sedile passeggero, abbassando la testa. «Muoviti» dichiara trafelata.

«Ciao... sì, sto bene grazie, e tu?» chiedo ironico, mentre lei continua ad appallottolarsi, nascondendosi con scarsi risultati sotto il cruscotto.

«Sei un po' troppo ingombrante per ficcarti lì sotto.»

Mi guarda truce.

«Oddio, sbrigati. Sei ancora li?» si intestardisce, passandosi una mano tra i capelli, agitata.

Sbuffo con malagrazia, non posso far altro che assecondarla anche se come al solito non
capisco cosa le passa per la testa. Mi allontano dalla palazzina, ingranando una marcia dopo l'altra, veloce. Non appena svolto l'angolo mi accosto, spegnendo i motori.

«Allora? Esci da lì sotto, Resia. Si può sapere che ti prende?»

L'ho aspettata mezz'ora sotto casa e lei non si è neppure degnata di salutare, planando
in macchina come un uragano e blaterando cose senza senso.

Si raddrizza, guardandosi intorno furtiva. Tira un grosso sospiro di sollievo e come se
niente fosse, mi getta le braccia al collo.

«Sei proprio buffo» dice, mentre mi accarezza la fronte increspata.

La guardo ancora più crucciato e lei per tutta risposta sorride con dolcezza, sfiorandomi
le labbra con un bacio leggero.

«Io sarei buffo? A me sembri tu quella stramba.»

Mi tempesta il volto di teneri baci e io perdo la cognizione della realtà.

«Allora, dove mi porti?» domanda, esaltata. «Comunque sei uno stronzo. La prossima volta che ti comporti da cretino non mi troverai così accomodante, chiaro?» puntualizza.

Alzo gli occhi al cielo. «Cristallino... ma neanche tu sei normale» ribadisco.

Scoppia a ridere.

«Forse» dichiara allegra. «Ma sono la tua fidanzata e ho tanta fame.»

«Sì, sei proprio matta.»

Si imbroncia. «E tu poco romantico. Dove sono i fiori e i cioccolatini e perché la macchina
non è cosparsa di petali di rosa?»

La mia mascella vira pericolosa verso il basso. «Petali di che?»

Scoppia a ridere e io l'afferro per le spalle, lasciando planare la mia bocca sulla sua, inaspettatamente.

Quando le nostre labbra si scontrano, la risata le muore in gola. Mi ricambia con tutta se
stessa, le nostre lingue battagliano fameliche e il respiro si accorcia.

Resia mi prosciuga di ogni volontà senza neanche rendersene conto.

Ci stacchiamo, entrambi senza fiato.

Ha le guance rosse e le labbra gonfie. «Ora va decisamente meglio. Pizza?» propongo, aleggia una forte tensione sessuale, vorrei baciarla ancora e ancora, fino all'alba di un nuovo giorno. «Si può sapere perché ti sei nascosta sotto al sedile?» la bersaglio con un'altra domanda, prima ancora che risponda.

Si tocca le labbra, ancora col fiato corto.

Sorrido fiero, non ho perso il mio tocco e lei non è abituata ai miei assalti. Le bacerei ogni scorcio di pelle, ma è troppo presto per pretendere qualcosa di più. Rispetterò i suoi tempi, non voglio farla scappare. Se ascoltassi il mio amico più a sud, passerei la notte coi sedili giù, sopra di lei, raccogliendo ogni suo sospiro tra le mie labbra.

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