Capitolo trentacinque

28 9 3
                                    

MATTIA

«Ti do una mano?»

Tommaso solleva speranzoso il volto dal libricino, mi saluta allegro, indicandomi con un cenno della mano, la sedia vuota accanto a lui. Da quando è cominciato l'anno scolastico ho spesso riempito le caselle al suo posto. Non capisco perché si ostini coi Sudoku, visto che non è capace di risolverli, però nelle mie fughe dalla classe mi fermo spesso con lui anziché girovagare per il corridoio.

È spiritoso e spesso racconta qualche aneddoto sui professori. Un paio di volte mi ha parlato di Resia, la mia ragazzina gli sta simpatica e io ho iniziato ad apprezzare questo buon uomo proprio da quella confessione.

«Qui cosa potrei mettere?» Domanda, alzando la penna e sfregando col tappo la fronte spaziosa. Mi siedo e afferro la settimana enigmistica, do un'occhiata veloce ai blocchi e gli suggerisco un paio di numeri, poi ne approfitto per distendere un po' le gambe e appoggiare il capo sul muro alle mie spalle.

«Uh, sei un genio, grazie, grazie.»

Si riconcentra, tentando a sua volta di compilare qualche casella. È così buffo, ha la fronte corrugata e le labbra spinte in avanti, un po' come le donne quando si fanno i selfie a muso di gallina. Non capisco che bisogno ci sia di deformare in quel modo la bocca per una foto. Che poi diventano pure brutte secondo me. Bha. Beato chi le capisce le femmine!

Il suono della campanella mi mette subito in allerta, anche Tommaso scatta all'impiedi, durante l'intervallo i corridoi brulicano di studenti e lui sta un po' di pattuglia a controllare che non sorgano battibecchi tra i ragazzi. Io invece sto aspettando il terzetto, Federico stamattina ha avvisato le ragazze che avremmo passato insieme la ricreazione e non vedo l'ora che arrivino.

Io ho fatto tardi all'ingresso, quindi ancora non ho incontrato Resia e spero che dopo il nostro bacio non sia tornata sulla difensiva. Desidero si comporti in modo naturale con me, ora che so come possiamo stare bene insieme quando non ci azzanniamo a vicenda, non mi va di spezzare il nostro misero equilibrio. Mi avvicino all'angolino dove sostano sempre, un po' mi fa strano che per una volta condivida con me quel piccolo spazio, è come se le togliessi qualcosa di privato, usurpassi il suo posto, ma sono contento di poter passare qualche minuto con lei quindi non mi colpevolizzo troppo.

«Ciao Mattia.»

Giulio ridacchia e si posiziona accanto a me. Si poggia un dito sulle labbra e mi fissa con un'espressione decisamente esaltata.

«Ciao Giulio» ricambio, forse un po' troppo burbero. Non voglio essere scortese con gli amici di Resia o che lui possa pensare che lo tratti con diffidenza perché è omosessuale, quindi mi costringo ad abbozzare un sorriso.

Mossa sbagliata.

Provoco un'altra stridula risata. «So tutto» dice eccitato, mettendosi le dita sulle labbra e ammiccando nella mia direzione.

È peggio di una femmina. Ha proprio l'aria di essere un gran pettegolo. Il mio opposto, insomma. Non so proprio cosa significhi sparlare. Però devo ammettere che quell'ultima affermazione mi ha incuriosito non poco.

«Tutto di cosa?» sospiro e mi appoggio al muro dietro di noi, mi guardo intorno, il corridoio comincia ad affollarsi, ma Diana e Resia ancora non si vedono. Strano. Neppure Federico si degna di farsi vivo, ma forse è andato prima a fumare una sigaretta in bagno. Qui non si può e a metà mattinata comincia sempre ad andare in astinenza.

«Hanno il compito di italiano, forse per questo tardano.»

Mi volto incredulo, non avrò mica parlato a voce alta? No, non mi pare. Come fa questo a leggermi nella mente?

Si accorge subito che mi sono stranito perché tenta di giustificarsi.

«Oh, non ci far caso. Io sono un po' così. Resia mi chiama l'indovino a volte. Ti stavi domandando dove fossero, giusto?»

PastDove le storie prendono vita. Scoprilo ora