Capitolo quarantuno

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  RESIA

Non faccio in tempo a rispondergli che odo un paio di fischi d'apprezzamento e qualche stridula risata in risposta, che ahimè, conosco fin troppo bene! Sospiro nervosa e sollevo il volto verso l'ingresso, in fondo al pullman noto proprio ciò che mi aspettavo: le gemelle La Marca.

Le vedo sfilare entrambe nel corridoio centrale, il ticchettio fastidioso dei loro passi rimbomba ormai in sottofondo, mettendomi di cattivo umore. Mi basta una semplice occhiata per rendermi conto che anche a quest'ora il loro aspetto è del tutto impeccabile: ambedue hanno una piega mossa perfetta, capelli corvini ondulati e lunghi; ciglia folte, nere, tirate su con maestria, un arco privo di sbavature contorna i loro occhi e il viso appare quasi opaco tanto è lucido per via del trucco, sulle labbra un rossetto bordeaux acceso, ognuna di una tinta leggermente diversa dall'altra.

Katiuscia ride quasi in maniera diabolica mentre sfila in passerella indossando un abito verde a pois, con un nodo laterale, di un tessuto morbido che però aderisce armonioso alle sue curve, risaltandone il bel corpo; le gambe lunghe, prive di calze, sono abbronzate e scure, al piede un sandalo dal tacco comodo con delle bordature dorate mette in evidenza due esili e sottili caviglie.

Sabrina invece calza un paio di stivaletti texani, col tacco alto e largo. Anche ella ha le gambe scoperte, indossa uno shorts di jeans con orlo grezzo e vari strappi sul davanti, sopra una camicetta a maniche corte di color arancio con lo scollo profondo le mette in evidenza il seno tondo e pieno, l'allacciatura sul davanti sembra abbastanza precaria. Se non sta attenta le escono le tette da fuori. A dispetto della sorella, sorride divertita, sa perfettamente di essere al centro dell'attenzione ed è ben felice della cosa.

Katiuscia mi guarda battagliera, ma stranamente non esordisce con qualche squallida battuta delle sue, del resto ha due giorni interi per torturarmi e ha scelto di mantenere un profilo basso per il momento. Prima di accomodarsi però si scambia uno sguardo d'intesa con la gemella, e lei prima per tutta risposta, guarda alternativamente prima me poi Mattia.

Cosa stanno tramando?

«Che pensi?»

Rivolgo la mia totale attenzione a Lucifero che per fortuna non sembra interessato alle due oche starnazzanti che hanno attirato l'attenzione degli altri ragazzi.

«Le gemelle non me la contano giusta» gli confido, con tono un po' stizzito. Non so perché, ma ho un cattivo presagio. Temo che stiano progettando qualche scherzo di cattivo gusto e non ho voglia di intossicarmi questa gita scolastica a causa loro.

Sbuffa annoiato. «Che ti importa di loro? Ignorale e prima o poi si stancheranno di tormentarti» dichiara con sufficienza.

Lo guardo accigliata, perché la fa così facile? Lui non sa che di pasta sono fatte, soprattutto Katiuscia, non la conosce bene. Quella ragazzina viziata non smetterà mai di assillarmi e io non intendo affatto scappare con la coda fra le gambe o nascondermi solo perché è la fottuta figlia della preside. Anche i primi anni, prima che iniziasse la nostra guerra, ha sempre avuto uno strano atteggiamento verso di me. L'ho tollerata con grazia finché ho potuto, ma quando ha offeso una volta di troppo il mio migliore amico non ho retto più.

«Non intendo farmi mettere in piedi in testa da quell'arpia» ribadisco, forse per la millesima volta.

«Perché sei così ostinata?» domanda brusco, e mentre ribatte, avverto quel solito accento straniero nel tono.

Ora che ci penso bene ho sempre creduto che avesse una cadenza diversa dalla nostra, ma in passato ho limitato al minimo le domande invadenti per non indispettirlo. Non è un tipo molto loquace quando si tratta di lui. Anche se devo ammettere che nell'ultimo periodo si è aperto molto di più con me. Alla fine lavorare con quella Veronica e i bambini lo sta aiutando molto. Però quella tipa continua a non piacermi, detesto che Mattia mi parli di lei in continuazione.

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