Capitolo ventotto

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MATTIA

«E perché sarei dovuta uscire con te, sentiamo?»

Solleva il mento con fierezza e si alza dal suo posto, ponendo una mano sul fianco, battagliera.

Eccola la mia strega.

«Perché non l'hai fatto?»

Non voglio ammettere che ci sono rimasto di merda, gongolerebbe troppo.

«Uh, sei impossibile. Perché non mi rispondi mai? Vuoi sapere perché non ho accettato? Bene. Perché sei un cretino.»

Sbuffo in modo sonoro.

«E tu una strega.»

Diana apre la bocca per parlare, ma Resia solleva un braccio per farla tacere. Inspira un po' d'aria, passa qualche secondo, nel mentre continuiamo a guardarci con ostinato dispetto. Sembriamo due bambini, ma non per questo riesco a mutare il mio atteggiamento.

«Sei maleducato e seccante, ma credo di avertelo detto in un milione di occasioni, quindi questa volta sorvolerò sulla tua mancanza d'educazione. Oggi sei venuto con noi e io non intendo rovinarmi la mattinata a causa tua, quindi chiedimi quello che vuoi sapere e la facciamo finita.»

«Potreste abbassare la voce, ragazzini.» La vocina stridula e canzonatoria proviene da un vecchietto seduto più avanti nel nostro stesso scompartimento a cui indirizzo subito un'occhiataccia.

Dovevo beccarmi l'unico anziano non sordo in questo cazzo di treno!

A differenza di ciò che pensa Resia, però so essere anche cortese, quindi mi costringo ad assumere un'espressione più magnanima, mi scuso e abbasso i toni prima di rivolgermi di nuovo alla mia interlocutrice.

«Perché sei uscita con Patrizio?»

Resia si risiede, ma non distoglie lo sguardo dal mio volto e non evita la mia domanda.

«Perché si dà il caso che lui, a differenza tua, sia una persona gentile e quella è una qualità che di solito apprezzo.» Anche il suo tono è calmo, adesso.

Grugnisco e sorrido sghembo, tolgo la mano dal sedile di Federico e la passo nei capelli, scompigliandoli un po'.

Mi sento nervoso, non la capisco.

«E allora perché è stato un appuntamento pessimo?»

Resia si prende un po' di tempo, guarda il soffitto e poi il vetro, fissa a turno prima i suoi amici, poi Federico, infine assume un buffo broncio quando rincontra il mio sguardo, che per tutto quel tempo, mai l'aveva abbandonata.

«Perché speravo potesse piacermi invece è di una noia mortale. Troppo dolce e premuroso. E poi... parla in modo strano.» Si concentra, assumendo un'espressione appassionata e imitando un tono un po' più grave, recita. «Ah, quanto vorrei avere l'ardire di farti una carezza» sospira appassionata, poggiandosi una mano sulla fronte.

Poi torna in sé e fa una faccia inorridita.

Rimango un attimo spiazzato, poi capisco.

Quel coglione. Perché diamine mi sono contenuto quando gli ho dato il pugno?

Sbotto, non riesco a trattenermi più, rialzando i toni.

«Che cosa? Dimmi che non ti ha toccato.» Se quel deficiente le ha messo le mani addosso il naso glielo rompo davvero.

«Cretino. Questo però non ti riguarda. Ti basti sapere che non mi piace e l'ho scaricato. E tu, resta di fatto che ti sei comportato una merda invece.»

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