Capitolo cinquanta

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MATTIA

Di solito quando mi sveglio ci metto un po' a recuperare le mie precarie facoltà mentali, ma oggi non appena schiudo gli occhi, un sorriso mi adorna il volto e la ragione della mia lucida felicità non può che essere lei: la mia ragazza.

Dinanzi a me, sul cuscino, ammiro una massa di capelli in disordine, ne riconosco il profumo e ne saggio con lo sguardo la consistenza. Mi sfugge un sospiro, non muovo un muscolo per paura di ridestarla, il mio braccio già la avvolge, accarezzandone possessivamente il fianco. È calda e morbida. Sa di buono. Per la prima volta in vita mia non mi sento solo, non mi sento sporco, respirare il suo profumo fresco mi purifica da ogni peccato commesso.

L'oggetto dei miei pensieri prima grugnisce e poi sbadiglia, dando i primi segnali di vita. Si stiracchia, ma non contenta si accuccia ancora di più fra le mie braccia, premendo il suo sedere contro il mio corpo. La sua schiena aderisce al mio petto cosicché il mio cuore le rimbomba dentro, incatenando il mio sudiciume al suo candore.

Le sue dita con delicatezza mi sfiorano, con l'indice fa su e giù sul braccio, torturando i miei sensi in allerta. Un brivido mi percorre la spina dorsale e senza che io lo comandi il mio amico drizza ancor di più l'antenna.

Un urlo improvviso mi spacca i timpani, Resia infatti, non appena ha avvertito la mia erezione pulsare contro di lei, ha fatto un balzo in avanti, distruggendo l'incantesimo che ci avvolgeva.

Scende frettolosa dal letto, incespicando fra le lenzuola e riuscendo a malapena a rimanere dritta.

«Santa Vergine Maria» piagnucola, accarezzandosi convulsamente il fondoschiena.

Sbuffo, passandomi una mano fra i capelli e mi metto seduto. Anche Diana si sveglia, probabilmente per lo spavento ed emette a sua volta un gridolino stridulo.

Povero me!

«Buongiorno a voi» brontolo, stiracchiandomi.

Non faccio in tempo a coprirmi con le lenzuola che il suo sguardo punta verso il basso, come se si volesse accertare che sia stato proprio il mio compagno a sfiorarla poco fa. E purtroppo, il pigiama dello squalo a nulla serve, non nasconde l'asta che fiera manifesta la sua presenza.

Resia arrossisce, coprendosi gli occhi con le mani e intimandomi di alzare le coperte neanche fossi nudo o scomposto.

È assurdo che si scandalizzi per un nonnulla eppure è così buffa che scoppio a ridere.

«Si può sapere che diavolo succede?» sbraita Diana, indispettita.

Beh, non ha tutti i torti in effetti, anche io avrei preferito due coccole anziché le loro urla isteriche.

«Chiedilo a lui» risponde melodrammatica Resia, ma prima ancora che escogiti una scusa plausibile interviene di nuovo. «Mi ha puntato il suo coso nelle chiappe» conclude, con un velo di fanatismo nella voce, puntando l'indice contro le mie parti basse.

Mi passo una mano sulle tempie, grattandole. Non poteva inventare una qualsiasi frottola? E poi, che pretendeva da me? È mattina, mi sveglio sempre col cazzo eretto, e lei, come se non bastasse mi ha strusciato contro il culo.

«Io non ho puntato un bel nulla» mi difendo, ma vedendo che continua a fissarmi oltraggiata, roteo gli occhi.

Non ci credo che stiamo discutendo della mia erezione mattutina. «Appena sveglio, si raddrizza a tutti gli uomini» spiego, ovvio.

«Non è vero» si impunta cocciuta, così passiamo la mezz'ora successiva a sbraitare l'uno contro l'altro le cose più assurde, mentre Diana si tappa le orecchie col cuscino per non ascoltarci.

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