Lyon
Ci siamo. Un inatteso brivido mi scorre lungo la schiena, non lo avevo mai provato prima, quando avevo davanti avversari ben più motivati e preparati dei dilettanti affamati dei distretti e probabilmente questo basta per farmi capire a cosa sia dovuto. Non è per me. È per Jenna. Ho paura che possa succederle qualcosa e di non essere in grado di proteggerla. Probabilmente ci pentiremo dal suono del primo fischio di aver partecipato. Io, lei, Mark. Ma ormai è tardi.
Quello che mi innervosiscemaggiormente è la rapidità dei tornei tre contro tre, sono più brevi, duranoventi minuti e non sono poi così abituato a decidere una sfida in così pocotempo, non dopo essermi fermato un anno, senza pensare che tra le famose non regole di questo torneo non è previsto neanche il dirittoad un cambio. Se qualcuno di noi dovesse infortunarsi, Royce ha ben pensato difarci sapere che per quel che riguarda il torneo tra distretti può giocareanche uno solo contro tre.
Ma quello che mi preoccupa ancora dipiù è come possano entrare in campo i nostri avversari per aggiudicarsi ilposto quale squadra di testa di Manhattan. Li osservo e non promettono nientedi buono, tutti e tre sono tatuati dalla testa ai piedi, poco più alti di me eMark, ma di una spanna bella e buona rispetto a Jenna. Non so se si siano messid'accordo, ma hanno i capelli tinti in tre modi diversi, ossigenato, verde eblu. Mi scambio un'occhiata con Mark che reprime, a fatica, un sorriso per averintuito i miei pensieri. Jenna, invece, sembra seria e concentrata.
Siamo schierati in campo. Spero che Jenna non faccia di testa sua, perché sento che con lei non ha avuto alcun senso allenarsi e provare schemi su schemi per farci trovare preparati. È uno spirito libero e non si lascerà aggiogare da me e dalla mia esperienza e questo mi fa perdere il controllo, perché so che non ho alcuna presa su di lei. Spero almeno che Mark non venga meno al nostro accordo. È l'unico modo per tenerla al sicuro o almeno provarci. Ci scambiamo un'occhiata complice tutti e tre e vorrei che Jenna mi guardi un'ultima volta per assicurarmi che stia bene, però, forse qui quello che è più agitato sono io.
Royce, che presenzierà ad ogni torneo, emette il fischio di inizio, lancia la palla al centro e riesco ad aggiudicarmela. Palleggio finché Mark non si libera del difensore e riesco a passargli la palla. Jenna è braccata, pesantemente braccata, e sto per intervenire quando riesce a districarsi e recuperare la palla persa da Mark. Il primo punto è nostro ed è merito suo.
«Grande!» esulta Mark. Jenna si controlla, del suo volto si vedono solo gli occhi, e per ora, miracolosamente aggiungerei, non è importato a nessuno. Non riesco a rilassarmi, perché capiranno presto che è un giocatore da temere e le staranno a dosso. Sono le due di notte, eppure il tifo non manca, per ora è da parte nostra o, meglio, non lo sanno, ma stanno tifando Jenna. Riesce a distinguersi e mi chiedo, ogni volta che la vedo muoversi, che la vedo giocare, dove sia stata tutto questo tempo. Non merita i tornei clandestini, ma un campionato nazionale.
«Non ci credo» esordisce Jenna, dopo che in tre ci abbracciamo a fine torneo. Abbiamo passato il primo turno, resta la seconda squadra del distretto.
«Sei stata bravissima» non faccio a meno di dirle mentre la guardo ammirato. È grondante di sudore, a causa del sovraccarico di vestiti che indossa, eppure emana una luce negli occhi che non le ho mai visto prima, come fosse tornata a vivere. Mi fa quasi paura.
«Anche tu Mark» aggiungo dandogli una pacca sulla spalla.
Sportivamente, congediamo la squadra sconfitta per prenderci l'ovazione dei presenti. Non conosco nessuno di loro, come loro non conoscono me, eppure, l'emozione che li ha tenuti incollati ad assisterci, ha già saldato un legame, come accadeva quando entravo in campo. I tifosi non conoscevano realmente me, io non conoscevo loro, eppure eravamo tutti uniti dal basket, da un'emozione, da una passione, da uno scopo: vincere.
STAI LEGGENDO
LOVE ON THE GAME - Non senza di te
RomanceLyon sogna di diventare un playmaker dei Silvers da quando era bambino, ma la sua fantasia non era stata così spregiudicata da fargli immaginare di poter diventare la nuova stella dell'NBA, finché un infortunio, a soli 26 anni, non ha messo fine a t...