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Lyon

«Aspettano il rapporto per le quattro, Lyon» Lyon. Quando Nancy, la mia segretaria, come il resto dello staff della O'Brien Company, per mio espresso desiderio, mi chiama col mio nome, non signor O'Brien, non capo, ma Lyon, recita il codice segreto che, a loro insaputa, mi fa accedere al ricordo di chi sono stato, di quello che sono stato. Io ero Lyon. Non Lyon O'Brien, non O'Brien. 

Era il mio nome a brillare sulla maglia, era il mio nome quello che chiamavano dagli spalti. Se generalmente è un cognome a firmare il numero della maglia di una squadra, io, a un anno dall'esordio, non ero O'Brien, numero trenta dei Silvers, ma per tutti, compagni, avversari, coach, tifoseria, giornalisti, ero solo Lyon, un moto di orgoglio senza precedenti. Con il coronamento del mio sogno mi ero svincolato da una genealogia che aveva già spianato la mia strada da sé, essendo figlio dell'imprenditore newyorkese Victor O'Brien, a capo della multinazionale O'Brien Company. Ero Lyon. Ma lo sono ancora? È quello che mi chiedo ogni giorno da quel giorno.

«Lyon, ti ricordo che c'è un vetro, trasparente, che divide il tuo ufficio dalla mia scrivania e posso dire, per certo, che non hai lavorato né stai lavorando al rapporto. Hai due ore» mi ammonisce con tono irritato. Mi sfugge un sorriso. Levo la mano verso di lei, in segno di scuse. Effettuo un giro con la sedia in pelle su cui sono seduto per portare l'attenzione allo schermo del computer. 

Di solito smarrisco lo sguardo attraverso l'ampia vetrata del mio ufficio che mi fa abbracciare tutta New York. Una distesa di grattacieli che sfidano il cielo, verso il quale si elevano ed io mi sento un po' come loro. O con la testa tra le nuvole, o con un dito, una mano perennemente tesa verso l'alto, senza però raggiungerlo. Una sensazione soffocante, come quando di notte mi sopraggiunge quel sogno: sono ad un passo dal fare canestro, sono a un passo dal segnare il punto che porterà la squadra alla vittoria, ma quel canestro non arriva. Il mio sogno non si realizza, perché semplicemente non può avverarsi in alcun modo.

Oh, forse mi sono dimenticato di presentarmi. Lo dicevo che ho spesso la testa tra le nuvole. Ero una promessa dell'NBA, finché il destino non mi ha fatto uno sgambetto. Dopo tre anni sotto i riflettori, abbastanza per iniziare a scrivere la mia storia e aggiungere una mattonella nel tempio del basket, dopo aver firmato il contratto con la squadra in cui sognavo di giocare da quando ero bambino, un infortunio ha messo fine a tutto. Sono Lyon O'Brien o forse lo ero. Non lo so più.

LOVE ON THE GAME - Non senza di teDove le storie prendono vita. Scoprilo ora