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Jenna

Chiudo gli occhi, raccolgo tutta la concentrazione che riesco a sentire, nonostante le voci interiori – sì, forse sto impazzendo – mi ricordino che mia madre mi sta cercando, che potrei farle del male se sapesse cosa è successo, che Mark si è laureato a pieni voti, sta lavorando per conto di un'azienda importante e che è implicato in un torneo tra distretti illegale a causa mia e poi... il bacio di Lyon. Riapro gli occhi, mi focalizzo sui nostri avversari. 

Sono meno minacciosi di quelli di Manhattan, anche se le loro stature possono essere temibili, ma possiamo farcela, anche estromettendo Lyon. Tutti e tre, di cui, ovviamente, non conosciamo i nomi, stanno nervosamente o sfacciatamente masticando un chewing gum mentre si scambiano occhiate complici tra loro. Due hanno gli occhi scuri, come pece, che si confondono con l'oscurità della notte, l'ultimo, leggermente indietro ai compagni, ha gli occhi chiari, anche se non riesco a percepire perfettamente il colore. 

Royce sta per fischiare l'inizio della partita, Lyon si trova tra me e Mark, pronto a saltare per aggiudicarsi la palla e il vantaggio nel gioco. Non stacco gli occhi di dosso a Royce per studiare il momento esatto in cui posso anticipare Lyon e passare direttamente le redini del gioco a Mark. Non appena soffia ed il fischietto emette il suono, salto cogliendo di sprovvista il Queens e Lyon stesso. Mi assicuro il posto per tirare, districandomi tra i due scimmioni che mi braccano. Stendono le braccia su di me, evidentemente più bassa di loro, ma proprio per questo più agile, e riesco, senza sforzi, a trovare un passaggio libero alla mia sinistra. Mark afferra la palla e segna, i primi punti sono nostri.

Riusciamo a dominare per dieci minuti, Lyon è in stato confusionale e, proprio mentre stiamo per segnare di nuovo, chiede a Royce di fermare il gioco. Io e Mark ci scambiamo uno sguardo interrogativo e lo seguiamo a bordo campo.

«Che cazzo state facendo?» grida con occhi disorientati e iniettati di rabbia. Istintivamente rivolgo lo sguardo verso il campo, per assicurarmi che non stiano prestando attenzioni a noi. Il Queens sta approfittando per rifocillarsi e Royce per mettere un po' di musica che intrattenga il suo pubblico.

«È stata una mia idea» ammetto con un filo di voce, dopo essermi abbassata il balaclava. Mi guadagno uno sguardo sconcertato da parte di Lyon. Mark ha le mani sui fianchi, mi sento una bambina che sta ammettendo le sue colpe davanti ai genitori e per quanto uno dei due voglia difendermi, in questo caso non se la sente. Stiamo vincendo, è vero, ma non da squadra. E questo non è encomiabile, al contrario. È come se stessimo partecipando a metà, non interamente e mi fa male, mi fa male non assistere alle invenzioni goliardiche e talentuose di Lyon, di uno dei più grandi giocatori di tutti i tempi, ma non voglio che si comprometta ancora di più in questo torneo.

«Jenna...» prima che prosegua, un lampo squarcia il cielo seguito dall'esplosione di un tuono che ci fa sussultare. Le stelle che fino a poco prima trapuntavano il cielo sono state avviluppate e fagocitate da un addensarsi di nubi da cui iniziano a cadere, del tutto inaspettatamente, fiotti di pioggia. Royce ci richiama al campo.

«Sta a voi decidere» dice interposto tra noi e il Queens «volete continuare o rinviare?»

«Noi continuiamo» decreta Lyon con gli occhi irremovibili sugli avversari.

«Anche noi» concorda il ragazzo con gli occhi chiari. E come avrebbe potuto contraddirlo, dopo che li ha praticamente umiliati solo con uno sguardo? Royce lancia di nuovo la palla sopra le nostre teste, questa volta la mortificazione prevale e non ho il coraggio di interpormi tra lui e gli avversari. Lyon dà inizio a una seconda e nuova partita, mentre io cado in un limbo che offusca tutte le chiare intenzioni che ho avuto fino a poco fa. Non so più cosa sto facendo, sono totalmente in balia di eventi che non riesco più a controllare.

LOVE ON THE GAME - Non senza di teDove le storie prendono vita. Scoprilo ora