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Lyon

Trascorrono diversi secondi di silenzio tra la mia constatazione e l'irrompere del ragazzo che si è aggiunto a noi e che, a quanto pare, mi ha svelato il vero nome e l'identità del mio sfidante.

«Niente drammi ok?» esordisce rivolto ad entrambi. Sono ancora sbalordito, non so se per il fatto che non me ne sia reso conto subito o perché mi senta ingannato.

«Perché non me lo hai detto?»

«Non ero tenuta e poi non me lo hai chiesto» risponde intrecciando le braccia al petto e voltando lo sguardo in direzione opposta a me.

«Scusa se non sono solito chiedere il sesso della persona con cui gioco» puntualizzo.

«Ecco vedi? Finché stavamo giocando non ti sei chiesto se fossi uomo o donna ma adesso cambia tutto, vero?» mi scruta con uno sguardo talmente intenso che mi sento messo al muro, in trappola. La sua voce, affogata nella rabbia, mi fa sentire in colpa, in difetto. Sono confuso.

«È colpa mia, scusami Jenna» ammette il ragazzo. Ha un volto simpatico, nonostante l'altezza possa essere intimidatoria. Ma deve essere tanto robusto e muscoloso, quanto sensibile visto l'evidente dispiacere per aver deluso o, meglio, "tradito" involontariamente l'amica.

«Non volevo essere scortese... scusami» le dico. Davanti alle mie parole, sembra allentare la tensione che la irrigidisce. E, del tutto inaspettatamente, abbassa il colletto che fino ad ora le ha nascosto la bocca, il mento e il collo, su cui spicca una voglia alla fragola.

«A questo punto non serve» farfuglia con aria abbattuta. Ne ho viste di donne dotate di bellezza straordinaria e di tratti particolari, ma quella voglia tatuata sul collo è... di una sensualità prorompente. Non so cosa dire, soprattutto perché non credevo di potermi imbarazzare davanti ad una semplice voglia alla fragola. Appena ha svelato il suo volto, mi è parso di vederla nuda, nella sua interezza. Credo di essere arrossito. Mi correggo. Sono sinceramente in imbarazzo e non è da me. Non dopo una notte con Nancy in cui ho riscoperto posizioni che avevo dimenticato.

«Ho bisogno di partecipare a quel torneo» aggiunge decisa.

«I..i...o...» da quando balbetto? Non so che mi prenda, non so perché abbia sortito tanto effetto su di me lo svelarsi del suo volto, le labbra gonfie, rosse, il mento leggermente imperlato di sudore per via del colletto da cui è stato nascosto fino a qualche istante prima, e quella voglia...

«Non posso» aggiungo. Questa mattina è stata già abbastanza impegnativa «e ora, se volete scusarmi, devo andare a lavoro. Sono già in ritardo» faccio per uscire dal recinto.

«Tu non vai da nessuna parte. Non prima di avermi dato un valido motivo» obietta ostruendomi il passaggio. Devo ammettere che la grinta ce l'ha e... passione per questo sport anche. Un'altra ragazza decisa, che sa quello che vuole. Impara Lyon. Guarda e impara. Nancy, Jenna... Jenna. È un nome che le dona, dona al suo volto piccolo ma pieno di segni particolari. Lentiggini, nei e, soprattutto, quegli occhi ambrati, luminosi come miele al sole. 

Occhi che mi hanno già tratto in inganno e che mi hanno deconcentrato nel gioco. Il contatto visivo è una strategia da padroneggiare nel basket, quando devi sottrarre la palla all'avversario. Sono ormai disabituato a mantenere alta l'attenzione e soprattutto la concentrazione psicologica ed emotiva davanti al confronto, ma, forse, questi occhi che volevano essere riconosciuti, che volevano rivendicare vittoria, mi avevano già parlato. Sospiro.

«Perché ci tieni tanto?» le chiedo avanzando verso di lei. La distanza tra noi è minima e posso percepire il respiro trattenuto. Fa un passo indietro, gesto che non le si addice, non dopo che l'ho vista battersi con me e due ragazzi altrettanto alti e robusti. Che si travesta per nascondersi? Che si vergogni del suo corpo? Non so cosa la spinga a comportarsi in questo modo, ma io, di parte mia, non ho mai visto un viso così perfetto, cazzo.

LOVE ON THE GAME - Non senza di teDove le storie prendono vita. Scoprilo ora