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Lyon

Mi sento in colpa. Sono stato duro, severo anche, e l'unico risultato che ho ottenuto è vederla inerme, in silenzio, con gli occhi fissi sul piatto, senza avere la minima idea di cosa le stia passando per la testa.

«Scusami, but you see, back in old Napoli, that's amore» canticchio ripensando alle mie vacanze italiane che il piatto di Jenna mi rievoca, sperando di strapparle un sorriso. Di certo ho attirato la sua attenzione e, poco dopo, la smorfia contratta che aleggia sul suo volto si scioglie in un morbido e flessuoso movimento delle labbra che si incurvano. Le porgo il bicchiere per un brindisi e improvvisamente prende a mangiare.

«Sarebbe stato un peccato se non li avessi provati, allora? Ti hanno conquistata?» le chiedo una volta che ci siamo lasciati il ristorante alle spalle.

«Erano squisiti, credo che siano diventati uno dei miei piatti preferiti... dopo la pizza ovviamente» scoppio a ridere.

«Se ti riferisci alle pizze mangiate qui, le pizze originali, napoletane, le adoreresti, magari una volta possiamo andarci» non faccio in tempo a finire la frase che mi rendo conto di cosa ho appena detto. Le ho proposto di andare a Napoli «ehm...intendevo in un ristorante napoletano qui a New York...» mi affretto ad aggiungere ma non faccio che peggiorare la situazione. Mi sto spingendo oltre e il problema è che non riesco a controllarmi, è come se gestissi due personalità diverse – due è per essere riduttivi.

«Lyon, credo che non ci sarà una prossima volta. Ti ho già detto come la penso su questa storia e non credo che ci saranno altre occasioni per vedersi... abbiamo due vite completamente diverse per cui, ti ringrazio per il pranzo e per la tua disponibilità, ma... è meglio chiuderla qui» mi porge una mano per congedarsi. Anziché stringerla, poso delicatamente le mani all'altezza delle sue spalle.

«È probabilmente la cosa più sensata che hai detto da quando ci siamo incontrati, Jenna» sorride, rilassandosi dopo che si era allertata per il mio gesto espansivo. Siamo nei pressi del Morningside Park, al confine con Harlem, dove ci eravamo dichiarati una squadra il giorno prima. Deve averlo intuito anche lei, dal momento che entrambi volgiamo lo sguardo in direzione del campetto dove aveva sfidato Royce per farsi ammettere al torneo.

«Non lascerò che ti accada niente» cerco di rassicurarla. Non possiamo tirarci indietro, ho raccolto abbastanza informazioni su Royce e su questo torneo da farmi credere che perdere, ma comunque partecipare, sia la scelta giusta. Almeno ce ne andremo, lasciando a loro una cospicua vittoria.

«Ma non è questo...» dice distaccandosi dalla mia presa «non ho bisogno di qualcuno che mi difenda, Lyon, ed è la cosa più meschina, maschilista ed egocentrica che abbia mai sentito da uno sconosciuto» rivendica con fermezza, riservandomi uno sguardo sprezzante.

«Non volevo dire che non sei in grado di difenderti da sola, ma...»

«Ma, ma cosa? È tutta la vita che cerco di combattere contro i pregiudizi di genere, contro il sessismo, solo perché, secondo voi, una ragazza non può essere all'altezza di giocare contro di voi»

«Se è questo che vuoi dimostrare, posso dirti che lo hai già fatto alla grande con me e non serviva condannarsi, assicurandosi un posto nel torneo tra distretti»

«E infatti non voglio farlo più! Ma non per me!» grida in un modo che mi fa quasi temere che scoppi a piangere. Gli occhi le si inumidiscono, mentre trattiene con i denti il labbro inferiore per non cedere.

«Sono stata istintiva, l'ho preso per un gioco, ma non credevo di finire a giocare con Lyon O'Brien in una squadra che non ha niente di legale e di conformista»

«È questo che ti preoccupa? Che io sia Lyon O'Brien? Be' non lo sono più» rispondo, questa volta sono io a marcare il tono con certo disprezzo, ma non verso di lei, verso di me, verso la vita, verso tutto quello che di ingiusto mi è capitato nell'ultimo periodo, a partire dalla rinuncia alla mia carriera, al mio sogno, all'assunzione presso la O'Brien Company e la dirigenza della sede di Manhattan. Per qualcuno potrebbe essere il coronamento di sforzi e sacrifici di una vita, per me è la condanna a un destino completamente diverso da quello che avevo in serbo per me, da quello che mi ero costruito io stesso.

LOVE ON THE GAME - Non senza di teDove le storie prendono vita. Scoprilo ora