Lyon
Mi sono accorto solo ora che Jenna ha concluso la lettura che il pomeriggio è volato ed io ho saltato l'incontro con i soci di Shangai. Ma non prendiamoci in giro, non morivo dalla voglia di andarci ovviamente. Tuttavia, ho un ruolo da difendere e rispettare, un ruolo di cui mi sono dimenticato anche questa mattina, quando mi sono presentato in ufficio alle dieci, dopo essere passato al mio attico per fare una doccia – non potevo presentarmi con due aloni larghi quanto due pozzanghere sotto le ascelle.
Nancy è piombata nel mio ufficio, come sospettavo, per chiedermi che fine avessi fatto. Ed io, anziché mettere in chiaro le cose, come, per esempio, che non è mio compito darle spiegazioni o che non può utilizzare quel tono dispotico con me – soprattutto nel mio ufficio - sono stato in silenzio, ho smarrito lo sguardo oltre le vetrate, limitandomi a dirle che avevo da fare. In realtà, non ho smesso di pensare a Jenna, alla sua proposta, che alla fine ho deciso di rifiutare, e... alla sua borraccia. Decido di andare a prenderle un caffè.
Non credevo sarebbe stata in grado di tenere a bada la frenesia di tutti quegli intrepidi bambini, insomma, sono dotati di quell'entusiasmo e adrenalina che dopo i venti anni si prova solo in rari ed eventuali casi. Eppure, se l'è cavata egregiamente, come lo facesse da tutta la vita. Non appena ha iniziato a leggere le prime righe del capitolo, sono caduti ai suoi piedi e non hanno proferito parola se non quando venivano interpellati da lei, per tenere alta la loro attenzione.
Quando la raggiungo, in libreria vaga solo qualche cliente, mentre lei approfitta per impilare dei libri su uno scaffale. Mi avvicino per aiutarla, porgendole i libri che ha lasciato a terra e che si appresta a raccogliere.
«G...grazie» sussurra, con lo sguardo all'altezza del mio, visibilmente in imbarazzo. Non si aspettava di ritrovarmi ad aiutarla ed è comprensibile visto che sono andato in caffetteria senza avvisarla.
«Ho pensato potesse ricaricarti un po'» le dico porgendole il caffè. Le ciocche lunghe ai lati delle guance le nascondono un leggero rossore e ora capisco perché non le scosti dal volto. Sono quasi sul punto di farlo io, ma fortunatamente mi fermo in tempo. Cazzo. Non so come comportarmi, ho paura che possa interpretare qualsiasi gesto, anche quello più onesto, come un tentativo di approfittarmi di lei.
«Sei stata brava con i bambini» cambio argomento.
«Mi sollevano il morale...» risponde mentre sale di nuovo i pioli.
«Queste parole potrebbero risollevare il morale di molti studiosi pessimisti preoccupati per l'estinzione dell'umanità. Quanti figli vorresti avere?» scherzo. Lei scoppia a ridere ed io mi sento stranamente sollevato, tanto da provare a ricompormi. Non sono più abituato a sorridere in modo spensierato e a far star bene gli altri. Ho creato molti problemi a chi mi è stato intorno da quando l'infortunio ha decretato la fine della mia carriera. Mi sono sentito un peso e più mi chiudevo in me stesso, più sapevo di fare del male a me e agli altri, ai miei genitori soprattutto, che mi vedevano deperire senza poter fare nulla.
«Non ci ho pensato ancora in realtà e non credo voglia averne...» ammette. La sua espressione si è fatta improvvisamente malinconica.
«E che mi dici del basket?» come pensavo, è bastata quella parola per farle tornare il bagliore negli occhi. Ho visto tanti ragazzi appassionati di questo sport, ma le ragazze... come lei nessuna fino ad ora. Noto che si sente quasi toccata nel profondo, così aspetto che sia lei a parlare, temendo di poter toccare di nuovo un tasto sbagliato.
«Credo che tu abbia visto tutto questa mattina...» risponde diretta scendendo dalla scalinata.
«Pensavo volessi convincermi a partecipare al torneo...»
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LOVE ON THE GAME - Non senza di te
Storie d'amoreLyon sogna di diventare un playmaker dei Silvers da quando era bambino, ma la sua fantasia non era stata così spregiudicata da fargli immaginare di poter diventare la nuova stella dell'NBA, finché un infortunio, a soli 26 anni, non ha messo fine a t...