Jenna
«Ma che cosa hai fatto?» protesto lanciandomi contro di lui. Abbasso il cappuccio della felpa, voglio che mi guardi negli occhi e a viso scoperto.
«È quello che volevi, no? Parteciperai al torneo» risponde con una calma e una naturalezza che mi fanno venir voglia di sferrare un pugno sul naso perfetto che si ritrova.
Distoglie lo sguardo dal mio mentre regola i polsini della camicia precedentemente arrotolata sino ai gomiti, per palleggiare meglio. Non posso ancora crederci che si sia intromesso in una mia partita. Ma chi si crede di essere?
«Credevo che due contro due non si potesse giocare... sono tornei tre contro tre, o ricordo male?» continua. Serro le mani in pugni, come un freno da apporre alla rabbia che mi sta facendo esplodere. Odio la sua superiorità, odio il suo egocentrismo, odio la sua stupida solidarietà che mi farà perdere il torneo e odio quel suo ghigno sulle labbra che, misto al tono di voce interdetto, mi fa sembrare una deficiente.
«Infatti» pronuncio a denti stretti «ma era disposto a fare un'eccezione, visto che ci tenevo tanto e ci avrebbe fatti partecipare in due se avessi vinto la partita contro di lui»
«Quindi, avreste giocato in due contro gruppi da tre?» chiede sollevando leggermente il capo e socchiudendo gli occhi, come impegnato in una riflessione «a condizione che avresti vinto contro di lui ovviamente...» mi limito a un cenno di assenso con la testa, dal momento che, se parlassi in questo momento, probabilmente potrei risultare un tantino isterica. Il suo tono di rimprovero mi sta indisponendo come nessuno aveva mai fatto prima.
«Dovresti ringraziarmi allora» ribatte con spavalderia e determinazione, portandosi le braccia ai fianchi. I fari dietro di lui colpiscono la sua chioma scura e scarmigliata e risaltano, come cristalli, i suoi occhi chiari.
«Non credo proprio» ringraziarlo per cosa? Per avermi complicato le cose? «Non ci sono regole!» protesto, come legittimassi il netto svantaggio che avremmo avuto io e Mark, qualora Royce ci avesse aggiunti al torneo. Lyon non fa in tempo ad esprimere a parole il disappunto che manifesta il suo volto, perché veniamo interrotti.
«Ora basta» entrambi ci voltiamo in direzione di Mark che si è interposto tra noi.
«Jenna, non avrei mai dovuto dirti di questo torneo» esordisce e il modo duro con cui lo dice, un tono rigido e intransigente, che non gli ho mai sentito pronunciare, mi fa rendere conto di come sia diventata ossessionata da questa storia. Non è solo una questione di gioco, è una questione di rischio, di adrenalina che devo sentire scorrere nelle vene per sentirmi viva, per riuscire a superare quello che ho passato e per rimuoverlo completamente dalla mente. Ma forse sto trascinando nel mio baratro persone che non lo meritano. E questo non posso permetterlo.
«Non devo dirvi grazie» tiro un respiro profondo «devo chiedervi scusa» ammetto mordendomi il labbro inferiore, sentendomi in colpa soprattutto nei confronti di Mark. Lo guardo negli occhi, perché capisca che sono sincera, che lo penso sul serio, e che dovevo dargli retta, invece, ho solo pensato a me stessa. Lui annuisce, come gli fosse arrivato il messaggio.
«Non è il momento di chiedere scusa o di parlare di ragione o torto. C'è un torneo che dobbiamo vincere, siamo una squadra» decreta Lyon. Allunga il braccio per mettere una mano al centro. Mark lo guarda negli occhi, lo asseconda e pone la mano sopra la sua. Ora le loro attenzioni sono rivolte a me, l'artefice della situazione. Se ci sono loro, non posso di certo tirarmi indietro adesso, per cui mi unisco.
«Siamo una squadra» sancisco.
«Qualunque cosa ci aspetti, ci saremo gli uni per gli altri» aggiunge Lyon. Ci scambiamo complici sguardi, per condividere la promessa.
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LOVE ON THE GAME - Non senza di te
RomanceLyon sogna di diventare un playmaker dei Silvers da quando era bambino, ma la sua fantasia non era stata così spregiudicata da fargli immaginare di poter diventare la nuova stella dell'NBA, finché un infortunio, a soli 26 anni, non ha messo fine a t...